AFFIDAMENTO DIRETTO A SOCIETA’ MISTA: PRONUNCIA DEL CONSIGLIO DI STATO
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 3 febbraio 2005 n.
272 - Pres.
Frascione, Est. Bellavia - Comune di Mentana (Avv. Mileto) c. Sooc.
Coop. Centro Servizi e Ristorazione a r.l. (Avv. Lo Mastro) e Ge. Se. Pu.
s.p.a. (n.c.) - (riforma T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II bis n. 3377 del 2004).
FATTO e DIRITTO
I°- Il Consiglio comunale di Mentana, con la delibera 20
settembre 2003, n. 50, affidò direttamente il servizio di mensa scolastica alla
Ge.Se.Pu. s.p.a., società a prevalente capitale pubblico, costituita dallo
stesso Comune.
La Soc. Coop Centro servizi e Ristorazione a r.l.,
precedente affidataria del detto servizio, con ricorso proposto davanti al
T.A.R. Lazio-Roma, impugnò la citata delibera nonché gli atti presupposti, fra
i quali, in particolare, gli atti relativi alla costituzione della società a
capitale misto Ge.Se.Pu. s.p.a., e chiese, nel contempo, il risarcimento dei
danni subiti.
La Sez. II bis dell’adito T.A.R., con la sentenza n. 3377
del 19 febbraio 2004, pubblicata il 19 aprile 2004, ha accolto il detto ricorso
per la sola parte in cui era stato rivolto contro la citata delibera
consiliare, avendo ritenuto necessaria, per l’individuazione del concessionario
di un pubblico servizio, la procedura ad evidenza pubblica.
Contro tale sentenza è diretto il presente ricorso in
appello, proposto dal soccombente Comune di Mentana.
L’appellata Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione a
r.l. si è, a sua volta, costituita, controdeducendo in ordine ai motivi di
appello.
II°- L’appellante, con il primo mezzo di gravame, censura
l’impugnata sentenza in quanto emessa in applicazione della normativa e delle
Circolari ministeriali concernenti gli appalti di pubblici servizi, mentre, nel
caso, si tratta di concessione di un pubblico servizio.
La censura è fondata.
Tanto la normativa comunitaria quanto la normativa dello
Stato italiano impongono la scelta dell’affidatario di servizi pubblici previa
procedura ad evidenza pubblica quando tale affidamento avvenga attraverso un
appalto, caratterizzato da una prestazione resa dall’appaltatore, cui
corrisponde una controprestazione da parte dell’Amministrazione appaltante.
Nel caso, come anche riconosciuto dal primo Giudice, non
si verte in tema di appalto di un pubblico servizio, bensì di concessione di
siffatto servizio.
Infatti, il Comune appellante, anziché esplicare il
servizio di mensa scolastica direttamente o attraverso una propria azienda
specializzata, lo ha affidato alla società a capitale misto, con capitale
maggioritario pubblico, da esso Comune costituita, tenuta ad esplicarlo a
favore degli utenti, dietro corrispettivo dagli stessi utenti versato
direttamente alla medesima società.
Essendo le società per azioni a capitale pubblico
maggioritario alternative alle aziende specializzate costituite dagli Enti
locali, la concessione di pubblici servizi a tali società non richiede il
previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica e, quindi, viene
legittimamente affidata in via diretta, così come viene affidata in via diretta
alle dette aziende specializzate.
Il che è ovvio, se appena si considera che le società per
azioni a capitale misto sono costituite dagli Enti locali al precipuo scopo di
affidare loro i servizi pubblici di propria competenza.
La costituzione di una società mista a capitale pubblico
maggioritario non avrebbe, invero, alcuna utilità per l’Ente locale che la ha
costituita, ove, poi, lo stesso Ente non potesse affidarle direttamente i
servizi pubblici di propria competenza.
Né è a dire che tale affidamento diretto a siffatte
società a capitale misto contrasti con il sistema garantistico
dell’ordinamento, che richiede i procedimenti ad evidenza pubblica nella scelta
degli affidatari di pubblici servizi.
La scelta del partner privato di una società a capitale
misto avviene, infatti, attraverso procedura ad evidenza pubblica, così come
nel caso è avvenuto.
Considerato che la società a capitale misto con capitale
pubblico maggioritario è costituita attraverso procedura ad evidenza pubblica e
allo specifico scopo di affidarle i servizi pubblici dell’Ente locale che la ha
costituita, è immediatamente conseguenziale che il relativo affidamento debba
avvenire in modo diretto.
Altrimenti opinando, la costituzione di tali società miste
non avrebbe alcuna pratica utilità, mentre la procedura ad evidenza pubblica
per l’affidamento dei singoli servizi costituirebbe un’inutile duplicazione di
un procedimento già esperito.
Nella specie, l’affidamento del servizio di mensa
solastica è stato affidato dal Comune di Mentana in via dietta alla Ge.Se.Pu.
s.p.a. a capitale pubblico maggioritario, costituita e controllata dallo stesso
Comune.
Ciò stante ed atteso che lo statuto della detta società
prevede anche lo svolgimento del servizio di mensa, la delibera consiliare di
affidamento diretto di tale servizio non contrasta, di contro a quanto ritenuto
dal T.A.R., con le disposizioni in tema di concessioni di pubblici servizi
contenute nell’art. 267 del R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, e negli artt. 112,
113 e 113 bis del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267.
Tali norme, sulle quali il T.A.R. ha fondato la propria
decisione, riguardano, infatti, l’affidamento dei servizi industriali e,
quindi, fattispecie diverse da quella in esame, nella quale non si ha alcuna
gestione d’impianti, ma unicamente la fornitura di pasti agli alunni delle
scuole pubbliche, preparati fuori dalle scuole.
Il primo mezzo di appello va, pertanto, accolto.
III°- Il Comune deducente, con il secondo mezzo di
appello, sostiene l’inammissibilità ("rectius"irricevibilità) del
ricorso di primo grado per la parte concernente l’impugnativa della delibera
consiliare 2 luglio 1999, n. 53, concernente la costituzione della società a
capitale misto Ge.Se.Pu. s.p.a..
L’assunto è fondato.
Il T.A.R. in ordine a tale delibera si è limitato a
rilevare la mancanza di un interesse attuale alla relativa impugnativa in capo
alla ricorrente, stante l’accoglimento dell’impugnativa principale.
Tale primo Giudice non ha, quindi, rilevato che
l’impugnativa della citata delibera era tardiva e, pertanto, irricevibile, in
quanto proposta dopo circa quattro anni dalla data della sua adozione.
Nel caso, costituendo la delibera consiliare 2 luglio
1999, n. 53, presupposto della delibera consiliare 20 settembe 2003, n. 50,
impugnata in via principale dall’appellata Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione
a r.l. davanti al T.A.R., il Collegio deve rilevare la tardività della relativa
impugnativa e, quindi, l’irricevibilità "in parte qua" del ricorso di
primo grado.
La costituzione della società mista Ge.Se.Pu. s.p.a., cui
affidare direttamente la gestione dei servizi di competenza comunale, ha,
infatti, immediatamente leso gli interessi della Soc. Coop. Centro servizi e
Ristorazione a r.l., in quanto preclusiva della possibilità per la stessa di
ottenere l’appalto di tali servizi.
Né, da altra parte, può ritenersi esperibile l’impugnativa
dell’atto di costituzione di una società mista solo allorchè alla stessa sia
direttamente affidato un pubblico servizio, risultando ciò incompatibile con la
certezza dell’ordinamento.
Ove fosse dato impugnare la costituzione di una società a
capitale misto in un qualunque successivo momento, sia pure in concomitanza
all’affidamento diretto a tale società di un servizio pubblico, l’Ente locale
che ha provveduto alla costituzione della società, con evidente impegno economico,
resterebbe in perpetuo esposto all’annullamento del relativo atto costitutivo,
con ovvia compromissione negativa della propria azione organizzativa dei
servizi che è tenuto ad assicurare alla collettività.
Così come sostenuto dall’appellante, il ricorso di primo
grado va, pertanto, dichiarato irricevibile per la parte in cui è stato rivolto
contro la delibera consiliare 2 luglio 1999, n. 53.
IV°- Il Comune deducente, con il terzo mezzo di appello,
censura l’impugnata sentenza per erroneità della motivazione, essendovi stato
ritenuto il servizio di mensa scolastica a rilevanza industriale, senza tener
conto della motivazione contenuta nella delibera impugnata in via principale.
Il gravame è fondato.
Come già prima notato, il servizio di mensa offerto agli
alunni delle scuole pubbliche non è un servizio industriale, non dando luogo ad
alcun vantaggio economico per l’Amministrazione che lo assicura e non essendo
svolto in situazione di competizione con altri operatori dello stesso settore.
Per altro, il carattere non industriale del detto servizio
risultava, nel caso, espressamente indicato nella delibera con la quale esso è
stato direttamente affidato alla Ge.Se.Pu. s.p.a..
Nel contesto di tale delibera è stata, infatti,
evidenziata la necessità di assicurare il servizio in oggetto attraverso una
più attenta gestione, comprensiva dei compiti di controllo e di riscossione dei
pagamenti, necessità che poteva essere sodisfatta affidandolo alla detta
società a capitale misto, soggetta a controllo da parte del Comune, avente con
tale società una relazione interorganica, competendogli la nomina della
maggioranza del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale.
Il primo Giudice, nonostante nella delibera "de
qua" fosse stato evidenziato il carattere non industriale del servizio, lo
ha, invece, ravvisato industriale, senza motivare circa le ragioni del suo
diverso avviso, rispetto a quanto emergente dalla delibera sottoposta al suo
sindacato di legittimità.
Donde il difetto di motivazione rilevato sul punto
dall’appellante a carico dell’impugnata sentenza e, per conseguenza, l’erronea
applicazione al caso dell’art. 35 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, che ha
sostituito l’art. 113 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, riguardante i servizi
pubblici locali di rilevanza industriale.
Sostanzialmente, il primo Giudice ha erroneamente nonché
immotivatamente ravvisato il servizio in oggetto come industriale ed ha, poi,
in via conseguenziale, erroneamente ritenuto applicabile al caso la norma
riguardante i servizi locali di rilevanza industriale (art. 113 del D.Lgs 18
agosto 2000, n. 267, come sostituito dall’art. 35 della L. 28 dicembre 2001, n.
448), anziché ravvisare la fattispecie soggetta alla disciplina dei servizi
pubblici locali privi di rilevanza industriale, posta con l’art. 113 bis del
D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dall’art. 35 della L. 28 dicembre
2001, n. 448.
Anche il terzo mezzo di gravame merita, quindi,
accoglimento.
V°- Il Comune deducente, con il quarto motivo di appello
censura l’impugnata sentenza per omessa applicazione al caso del comma 15 bis
dell’art. 113 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dal D.L. 30
settembre 2003, n. 269.
La censura non ha pregio.
Con il detto comma 15 bis è stata stabilita, in mancanza
di esplicite norme disciplinanti un congruo periodo di transizione, la
cessazione, entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, delle concessioni
di servizi di rilevanza industriale rilasciate con procedure diverse
dall’evidenza pubblica.
Lo stesso comma 15 bis ha, poi, escluso dalla disposta
cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto per le quali il
socio privato sia stato scelto mediante procedura ad evidenza pubblica.
Le disposizioni "de quibus" riguardano
esclusivavemte i servizi pubblici locali di rilevanza industriale.
Il che è ovvio, atteso che per i servizi pubblici locali
privi di rilevanza industriale, non operando alcuna limitazione circa
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