ANCORA SUL DIRITTO D'ACCESSO
DISCIPLINA DELLE CONVENZIONI DI SEGRETERIA
CONSIGLIO DI STATO, SEZ
CONSIGLIO
DI STATO, SEZ. IV – sentenza 13 aprile 2005 n. 1745 – Pres. Riccio, Est.
Cacace – Ministero di Grazia e Giustizia (Avv.ra Stato) c. Genovese (Avv.
Manzo) - (conferma T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I, sentenza n. 1338 del 1998).
FATTO
Con l'impugnata decisione, il Tribunale Amministrativo
Regionale per il Lazio, sede di Roma, I Sezione, ha accolto il ricorso
proposto dall'odierno appellato, iscritto nell'albo delle persone idonee
all'ufficio di presidente di seggio elettorale tenuto presso la cancelleria
della Corte di Appello di Roma, statuendo il diritto di accesso dello stesso
all'albo medesimo, nonché ai provvedimenti di nomina dei presidenti di seggio
in alcune consultazioni elettorali degli anni 1995, 1996 e 1997. Ricorre in
appello il Ministero di Grazia e Giustizia, chiedendo la riforma della
sentenza.
Resiste l'appellato con analitica memoria, che, premessa
eccezione di inammissibilità dell'appello, conclude per la sua manifesta
infondatezza.
Con Ordinanza n. 1202/98, pronunciata nella Camera di
Consiglio del 28 luglio 1998, è stata accolta la domanda di sospensione della
esecuzione della sentenza appellata. La causa è stata chiamata e trattenuta in
decisione alla Camera di consiglio dell'8 febbraio 2005.
DIRITTO
1. - II Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio,
sede di Roma, I Sezione, ha accolto il ricorso proposto dall'odierno
appellato, iscritto nell'albo delle persone idonee all'ufficio di presidente di
seggio elettorale tenuto presso la cancelleria della Corte di Appello di Roma,
statuendo il diritto di accesso dello stesso all'albo medesimo, nonché ai
provvedimenti di nomina dei presidenti di seggio in alcune consultazioni
elettorali degli anni 1995, 1996 e 1997.
Il giudice di primo grado ha ritenuto, in particolare,
"sufficiente a qualificare il richiedente come soggetto dotato di una
specifica legittimazione" l'esigenza "di individuare possibili
elementi di prova da esibire nel corso di un procedimento penale tuttora
pendente" (pag. 4 sent.).
L'Amministrazione appellante deduce, da un lato, che la
enunciata esigenza sarebbe "venuta senz'altro meno" (essendo
"intervenuta l'ordinanza di archiviazione del G.I.P. presso il Tribunale
di Roma ... relativamente al procedimento penale pendente nei confronti del
Dirigente di Cancelleria della Corte d'Appello di Roma Dr. Giovanni Caputi, a
seguito di denuncia del Sig. Genovese": pag. 9 app.); dall'altro, che, una
volta riconosciuto che il sig. Genovese non aveva formulato la domanda di
accesso per verificare una presunta lesione dell'interesse alla nomina per le
operazioni elettorali, sia da escludersi "che la P.A. possa essere
utilizzata come una sorta di banca dati a disposizione degli utenti, da parte
di terzi per la tutela di situazioni non correlate con un rapporto diretto con
l'Amministrazione" (pag. 10 app.).
"In definitiva", si conclude, la domanda di
accesso di cui si tratta "risulta priva di fondamento sia qualora la si
consideri formulata con riferimento alla mancata nomina dell'interessato alle
operazioni elettorali, sia qualora sia ricollegata (come, invero,
semplicisticamente e riduttivamente ritenuto dal TAR) a procurarsi elementi di
prova per il processo penale pendente" (pag. 12 app.). 2. - Resiste
l'appellato, eccependo anzitutto il difetto di legittimazione processuale in capo
al Ministro, in rappresentanza del quale l'Avvocatura dello Stato ha proposto
appello; infatti, egli afferma, "ai sensi dell'art. 16, lett. f), d.
leg.vo 3.2.1993, n. 29, la legittimazione a promuovere e a resistere alle liti,
con il relativo potere di conciliare e transigere, nell'esercizio dei poteri di
gestione amministrativa, spetta in via esclusiva al dirigente generale e non al
Ministro" (pag. 2 mem. del 31 luglio 1998).
Nel merito, egli contesta la fondatezza dell'avversario
appello, sottolineando, in particolare, come non valga ad escludere la
sussistenza del suo interesse ad accedere, ai sensi della legge n. 241/90,
all'albo de quo, "la circostanza che il G.I.P. presso il Tribunale
di Roma ... abbia ritenuto - allo stato degli atti - di disporre l'archiviazione
del procedimento penale a carico di Caputi Giovanni, in quanto trattasi di un
provvedimento adottato rebus sic stantibus, ben potendo le indagini
essere riaperte in ogni momento sulla base di nuovi elementi di prova che, per
l'appunto, il sig. Genovese ha interesse a rappresentare al giudice penale
nell'ottica di una più ampia denunciata fattispecie di abuso d'ufficio"
(pag. 3 mem. cit.).
3. - Può prescindersi dall'esame della proposta eccezione
di inammissibilità del gravame, in quanto lo stesso si rivela comunque
infondato nel mèrito.
4. - Va premesso, invero, che la legge 7 agosto 1990, n.
241, all'art. 22, primo comma, dopo aver enunciato le finalità della nuova
disciplina (assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e favorirne
lo svolgimento imparziale), sancisce il riconoscimento di un generale diritto
di accesso ai documenti amministrativi «secondo le modalità della presente
legge», a tutti coloro che abbiano un «interesse a tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti ».
Nonostante la sua ampiezza, la norma contiene una precisa
indicazione di principio, che circoscrive tale diritto a quei soggetti che, nel
richiedere di accedere ai documenti, abbiano un interesse strumentale rispetto
alla protezione di posizioni giuridicamente rilevanti (di diritto soggettivo,
di interesse legittimo, d'interesse collettivo o diffuso).
Tale diritto è preordinato alla circolazione delle
informazioni tra le pubbliche amministrazioni e, soprattutto, tra
amministrazione e cittadino (Consiglio Stato, ad. gen., 11 maggio 1992, n. 75).
Ne risulta un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed
efficienza dell'azione amministrativa con i principii di partecipazione e di
concreta conoscibilità della funzione da parte dell'amministrato, basato sul
riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi, che
implica, da un lato, l'eccezionalità della segretazione di tali atti in
relazione esclusivamente alla qualità di questi ultimi (piuttosto che al
soggetto che li detiene), dall'altro, la necessità della verifica, in capo al
richiedente l'accesso ai documenti, della titolarità di un interesse giuridico
differenziato da quello indistinto degli appartenenti alla comunità.
4.1 - Quanto al primo aspetto (quello della qualità e del
grado di protezione delle informazioni richieste), l'art. 24 della legge n.
241/1990 prevede distinte ipotesi di esclusione del diritto di accesso e le
individua espressamente, nel suo primo comma:
a) nei "... documenti coperti da segreto di Stato, ai
sensi dell'art. 12 della legge 24/10/1977 n° 801 ..." e nei casi "...
di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti
dall'ordinamento" (nelle ipotesi di cui al primo comma, l'esclusione ivi
prevista, siccome precisamente individuata dallo stesso legislatore, è
direttamente operante allorquando si tratti o di atti coperti da "segreto
di Stato" ex lege n. 801/1977, ovvero di atti o categorie di essi,
per i quali altre specifiche disposizioni legislative individuino una necessità
di apposizione del segreto di ufficio o di divieto di divulgazione);
b) nel comma secondo, laddove elenca le specifiche
categorie di interessi pubblici, cui riconnette una esigenza di salvaguardia
dall'accesso ai relativi atti, da soddisfarsi in una successiva sede regolamentare
(nelle ipotesi di cui al secondo comma l'esclusione non è, dunque, operante
direttamente, in quanto il divieto è efficace soltanto dopo che le
amministrazioni competenti abbiano individuato e tipizzato, in apposito atto
regolamentare ed esclusivamente in relazione agli interessi pubblici
espressamente indicati dal legislatore, i casi specifici di esclusione del
diritto di accesso);
c) ancora, nel quinto comma, laddove il legislatore fa
salve le esigenze specifiche e le disposizioni particolari in materia di dati
acquisiti dal Centro di Elaborazione Dati del Ministero dell'Interno per le
esigenze di sicurezza pubblica (così facendo salve, in genere, le specifiche
esigenze connesse alla sicurezza interna dello Stato).
Ciò posto e venendo al caso di specie, rileva il Collegio
che né l'Albo delle persone idonee all'ufficio di Presidente di seggio
elettorale (di cui all'art. 1 della legge 21 marzo 1990, n. 53), né gli atti di
gestione dell'albo stesso (iscrizioni e cancellazioni, che costituiscono espressione
indubbia di potestà amministrativa, cui è correlata una situazione soggettiva,
in capo agli elettori interessati, giuridicamente rilevante e dunque certamente
tutelabile), né i provvedimenti di nomina dei Presidenti di seggio (emanati, ex
artt. 35 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 e 20 del d.P.R. 16 maggio 1960,
n. 570, dal Presidente della Corte d'appello e che, riguardati sotto il
decisivo profilo della loro natura e del contenuto che li caratterizza, non
possono non essere considerati atti amministrativi) rientrano in alcuno dei
casi (in via legislativa o regolamentare determinati), in cui il segreto
d'ufficio possa essere legittimamente opposto.
4.2 - Quanto al secondo degli aspetti che condizionano la
azionabilità del diritto di accesso (e cioè quello della sussistenza di un
interesse personale e differenziato alla visione degli atti di cui si tratta in
capo al soggetto richiedente), va ricordato che i canoni di cui alla legge n.
241 del 1990 si intendono soddisfatti allorché tale soggetto abbia, al
riguardo, un diritto soggettivo od un interesse legittimo, o vanti, comunque,
un interesse differenziato e qualificato all'estensione, finalizzato alla
tutela di situazioni giuridiche soggettive anche soltanto future (Cons. St., V,
7 settembre 2004, n. 5873). Orbene, un tale interesse è sicuramente ravvisabile
ogniqualvolta l'accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di dimostrati
interessi giuridici del richiedente, fatti valere in giudizio.
E' quanto si verifica, appunto, nel caso all'esame, nel quale
l'odierno appellato ha fatto valere, in relazione al richiesto accesso ai
cennati documenti, non solo e non tanto la sua qualità di cittadino iscritto
all'Albo predetto, quanto quella di parte offesa in un procedimento penale
involgente possibili ipotesi di abuso d'ufficio anche nella gestione di tale
Albo, al fine della individuazione di potenziali elementi di prova, da esibire
in esso. Peraltro, non può negarsi, da un lato, che gli atti amministrativi,
cui l'appellato pretende di avere accesso, a lui comunque si riferiscono
(direttamente od indirettamente), dall'altro che la conoscenza di tali
documenti si rivela, anche solo potenzialmente, utile alla tutela della sua
posizione soggettiva giuridicamente rilevante di persona offesa dal reato, che
riceve, nel vigente sistema processuale, larghissima considerazione,
risultando, dalla congerie di diritti e facoltà ch'essa può esercitare in ogni
stato e grado del procedimento penale, un ruolo non secondario di
collaborazione con la pubblica accusa.
Né l'esigenza di meglio tutelare i propri diritti
defensionali nel procedimento instaurato dinanzi al G.I.P. del Tribunale di
Roma può dirsi in qualche modo venuta meno sol perché, nelle more del presente
giudizio, il procedimento stesso risulta archiviato, giacché la pretesa (e
contestata) esigenza di conoscenza degli atti amministrativi di cui si discute
può pur sempre correttamente rivelarsi funzionale alla facoltà dell'interessato
di fornire al pubblico ministero ulteriori e concreti elementi di prova, tali da
indurlo a ravvisare l'esigenza di nuove investigazioni, con conseguente
richiesta al giudice di decreto di riapertura delle indagini (ex art. 414
c.p.p.).
5. - In forza delle sopra esposte considerazioni, il
ricorso, in definitiva, deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nella
misura indicata in dispositivo, seguono, come di règola, la soccombenza.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo
respinge.
Condanna il Ministero della Giustizia alla rifusione delle
spese del grado in favore dell'appellato, liquidandole in Euro 5.000,00=, oltre
I.V.A. e C.P.A.
Cessano gli effetti dell'Ordinanza n. 1202/98, pronunciata
nella Camera di Consiglio del 28 luglio 1998, di accoglimento della domanda di
sospensione della esecuzione della sentenza appellata.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 8 febbraio 2005, dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - riunito in Camera
di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Stenio RICCIO - Presidente
Antonino ANASTASI - Consigliere
Aldo SCOLA - Consigliere
Salvatore CACACE - Consigliere, rei. est.