COMUNE: OBBLIGO DESIGNAZIONE RESPONSABILE SICUREZZA
DEFINIZIONE DI AREA EDIFICABILE
Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza 8 aprile-5 giugno 2008 n
Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza 8
aprile-5 giugno 2008 n. 14918
Svolgimento del processo
Il signor Giovanni Canu, operaio dipendente
del Comune di Sassari, il 2 agosto 1982 subì infortunio sul lavoro cadendo da
una scala metallica che egli stesso aveva soprapposto ad un ponteggio, al fine
di raggiungere l’altezza utile per verniciare il nuovo salone del locale
comando dei Vigili urbani. L’azione di regresso dell’Inail è stata respinta
dalla Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza
7 luglio-11 agosto 2004 n. 402, sostanzialmente per il motivo che non era stato
possibile individuare il responsabile della sicurezza: il geometra Cugia,
competente per i lavori, era assente per ferie, ed il capitano Careddu, responsabile
del reparto in assenza del comandante Langiu, era privo di competenze tecniche
per i lavori; l’esecuzione del lavoro rientrava nella responsabilità del Canu,
il più esperto della squadra di operai comandati ad eseguire la verniciatura e
di fatto svolgente mansioni di caposquadra. Avverso tale sentenza ha proposto
ricorso per Cassazione l’Inail. Il Comune si è costituito con controricorso,
resistendo. Sono rimasti intimati Cugia Marco, Careddu Antonio, e gli eredi
Langiu. Il ricorso è palesemente fondato, sicché va deciso con sentenza in
camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c, come conformi
conclusioni scritte del Procuratore Generale. La sentenza impugnata è erronea
in diritto sotto due profili: 1. Il
comune di Sassari, quale datore di lavoro pubblico, è soggetto alle
prescrizioni del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (art. 1). Esso è pertanto
tenuto, a norma dell’articolo 8, secondo comma, del citato decreto a designare
una o più persone responsabili della sicurezza, in numero, con il tempo, i
mezzi e le capacità professionali adeguate (comma 3) per coprire tutte le
esigenze della sicurezza, anche durante il periodo di ferie di alcuno di essi.
Non è pertanto possibile che si verifichi una esenzione da responsabilità del
datore di lavoro per un infortunio sul lavoro, né la conseguente sottrazione
all’azione di regresso dell’Istituto assicuratore, perché il giudice del merito
non è riuscito ad individuare la persona specifica che in un dato momento era
responsabile della sicurezza; tale impossibilità pratica è indice e si risolve
in una non chiara e precisa osservanza del precetto dell’articolo 8 del decreto
citato, che vuole ben individuati in ciascun momento gli organi responsabili
della sicurezza. Si deve conclusivamente sul punto affermare il seguente
principio di diritto: «Il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 si applica anche ai
Comuni, in quanto datori di lavoro pubblici; essi sono tenuti ad individuare
nella propria organizzazione uno o più responsabili della sicurezza capaci di
coprire tutto l’arco lavorativo annuale, anche nel periodo di ferie, durante il
quale alcuni operai siano comandati a prestare lavoro. La mancata o confusa
osservanza di tale precetto non esime il Comune dalla responsabilità civile ai
sensi degli articoli 10 e 11 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, né alla
conseguente azione di regresso dell’istituto assicuratore». 2.
Il Canu era operaio dipendente del Comune di Sassari, ed operava
con i mezzi posti a disposizione dallo stesso Comune; la sua esperienza
lavorativa non può condurre ad escludere la responsabilità del Comune, che gli
aveva messo a disposizione mezzi inadeguati, in base alla consolidata
giurisprudenza di questa Corte. Infatti la nozione di rischio professionale,
che è posta a base dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, postula che questa debba comprendere anche gli
infortuni avvenuti per colpa del lavoratore infortunato. L’assicurazione
obbligatoria è mirata infatti a coprire anche e soprattutto gli infortuni
accidentali, quale portato in un certo senso naturale dell’attività produttiva.
La colpa del lavoratore, anche grave, ed anche esclusiva, consistente
nell’effettuare l’operazione lavorativa con imprudenza (spesso conseguente
all’acquisita familiarità con gli strumenti e le situazioni di lavoro),
negligenza, imperizia, non incide perciò sulla tutela antinfortunistica, nel
senso di escluderla od attenuarla (Cass. 27 maggio 1986 n. 3576; Cass. 6 marzo
1996 n. 1750; Cass. 4 dicembre 2001 n. 15312; Cass. 14 marzo 2006 n. 5493). Il
comportamento del lavoratore interrompe il nesso causale quando è
caratterizzato da esorbitanza, atipicità ed eccezionalità rispetto al
procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute (Cass. 21 maggio 2002 n.
7454; Cass. 19 agosto 1996 n. 7636; Cass. 17 febbraio 1999 n. 1331), il che
nella specie non è. A maggior ragione il concorso di colpa del lavoratore nella
causazione dell’infortunio sul lavoro non ne esclude la indennizzabilità, né si
riflette in una corrispondente riduzione dell’indennizzo (Cass. 17 febbraio
1999 n. 1331; Cass. 8 aprile 2002 n. 5024; Cass. 21 maggio 2002 n. 7454). 3.
È opportuno ricordare infine un ulteriore principio di diritto
enunciato da questa corte rilevante nella decisione della presente causa: «La
responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 codice civile è di carattere
contrattuale, perché il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta
integrato per legge (ai sensi dell’art. 1374 c.c.) dalla disposizione che
impone l’obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale. Ne
consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da
infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini che nell’art. 1218 cod. civ.
sull’inadempimento delle obbligazioni; da ciò discende che il lavoratore che
agisca per il riconoscimento del danno da infortunio sul lavoro, o l’Istituto
assicuratore che agisca in via di regresso, deve allegare e provare la
esistenza dell’obbligazione lavorativa, del danno, ed il nesso causale di
questo con la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare che il danno
è dipeso da causa a lui non imputabile, e cioè di avere adempiuto al suo
obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno». La
sentenza impugnata va pertanto cassata, e la causa rimessa ad altro giudice,
designato nella Corte d’Appello di Cagliari, la quale deciderà la causa sulla
base dei principi di diritto sopra enunciati; essa provvederà altresì alle
spese processuali del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Cagliari.
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