CONCORSI: LIMITI ALLA SUCCESSIVA ASSUNZIONE DEGLI IDONEI
Silenzio dell'amministrazione sull'istanza del dipendente
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. LAVORO - Sentenza 5 marzo 2003
n. 3252
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'appello di
Firenze, in accoglimento dell'impugnazione proposta da M. B. contro la sentenza
dei Tribunale di Lucca di rigetto della domanda ha accertato il diritto
dell'appellante all'assunzione alle dipendenze del Comune di Lucca con
qualifica dirigenziale, con l'effetto di costituzione del relativo rapporto di
lavoro e declaratoria dell'obbligo dell'amministrazione di assegnarle le
mansioni di cui alla delibera di Giunta n. 591 del 31.8.1998 o altre
equivalenti, con condanna al risarcimento dei danni da ritardo
nell'adempimento, da liquidarsi in separato giudizio.
M. B. aveva partecipato al
concorso bandito per la copertura di un posto di "dirigente avvocatura"
classificandosi al secondo posto, ma, dopo l'assunzione in servizio del
vincitore il posto si era reso vacante per trasferimento di questi ad altra
amministrazione.
Il Comune non aveva
aderito alla richiesta di assunzione avanzata dalla B. perché, a seguito della
delibera di Giunta n. 591 del 31.8.1998, con la quale il sevizio
"avvocatura" era stato trasformato in "servizio legale per la
gestione del contenzioso", al servizio stesso era stato preposto un
dirigente, G. A., già alle dipendenze del Comune.
La Corte territoriale,
rilevata la formazione del giudicato in ordine alla giurisdizione del giudice
ordinario, affermata dal primo giudice con statuizione non impugnata, ha,
preliminarmente, respinto la richiesta dell'amministrazione di sospendere il giudizio
fino alla decisione del giudice amministrativo sull'impugnazione proposta dalla
B. avverso la delibera di Giunta sopra indicata; ha, quindi, ritenuto la B.
collocata al posto dell'originario vincitore per scorrimento della graduatoria,
validità per tre anni, e perciò titolare del diritto all'assunzione per la
copertura di un posto vacante nella pianta organica. In particolare, la
sussistenza di un posto vacante nella pianta organica è stata accertata dalla
Corte di Firenze sul rilievo che la delibera di Giunta non aveva proceduto alla
soppressione del posto, ma soltanto alla ridefinizione dei compiti del servizio
e della professionalità richiesta al dirigente preposto (non più incaricato del
patrocinio legale); da ciO' ha tratto la conclusione dell'illegittimità, sotto
il profilo dell'eccesso di potere per travisamento del fatto, della decisione
del Sindaco di affidare la responsabilità dell'ufficio legale ad un dirigente
interno, nell'erroneo presupposto che fosse stato soppresso il servizio "avvocatura''
per il quale il concorso era stato bandito, decisione che ha disapplicato per
il detto profilo di illegittimità.
La cassazione della
sentenza é domandata dall'amministrazione con ricorso per cinque motivi;
resiste con controricorso la parte privata.
Entrambe le parti hanno
precisato le rispettive ragioni con memoria depositata ai sensi dell'art. 378
c.p.c. G. A., già rimasto contumace nei giudizi di merito, non si è costituito
neppure in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Pone una questione pregiudiziale
di rito, e deve perciò essere esaminato prioritamente, il quarto motivo dei
ricorso, secondo cui, a seguito del ricorso proposto dalla B. in data
11.11.1998 al Tribunale regionale della Toscana, per l'annullamento della
delibera di giunta n. 591 del 31.8.1998, si rendeva necessario sospendere il
giudizio a norma dell'art, 295 c.p.c., dipendendo la decisione della causa
dalla risoluzione della controversia pendente dinanzi al giudice
amministrativo.
1. Il motivo é privo di
fondamento giuridico.
Tra i poteri del giudice
ordinario nelle controversie di lavoro pubblico, vi è quello di disapplicare
gli atti amministrativi illegittimi.
L'art. 63, comma 1, ultima
parte, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (che ha riunito le norme
generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), ha sentito il bisogno di chiarire espressamente che la controversia
rimane relativa al rapporto di lavoro ovvero, come nella specie, ad altro
rapporto giuridico preordinato alla costituzione del rapporto di lavoro e
sussiste la giurisdizione ordinaria, "ancorché vengano in questione atti
amministrativi presupposti"; aggiungendo che, se gli atti amministrativi
che vengono in questione "sono rilevanti ai ani della decisione, il
giudice li disapplica, se illegittimi".
2. La formulazione della
norma in questi termini mostra che si è in presenza di un semplice richiamo,
con specifico riferimento alle controversie di lavoro e finalità
prevalentemente chiarificatrici, dell'istituto processuale disciplinato in via
generale dall'art. 5 l. 2248/1865, all. E..
E' evidente, infatti, il
riferimento a quei casi in cui la decisione sul rapporto giuridico dedotto in
causa non è possibile senza conoscere, in via indiretta ossia meramente
incidentale, di un provvedimento amministrativo che costruisce il presupposto
di una determinata conformazione del rapporto stesso, provvedimento che il
giudice ordinario non può annullare, ma solo considerare tamquam non esset,
ove ne riscontri la non conformità a legge, ai soli fini detta decisione della
controversia e con effetti limitati al processo.
3. Nessuna deroga, quindi,
al fondamentale principio secondo cui il potere di disapplicare gli
amministrativi illegittimi presuppone già risolta la questione dell'appartenenza
della controversia alle attribuzioni giurisdizionali del giudice adito,
concernendo perciò il merito e non la giurisdizione (cfr. Cass, sez. un, 19
novembre 1999, n. 798; 18 giugno 1994, n. 5585; 21 dicembre 1990, n. 12133).
4. E' incontestabile che allo
stesso dipendente che domanda tutela dei diritti soggettivi mediante
disapplicazione dell'atto amministrativo presupposto che sia rilevante per la
decisione, è attribuita anche la facoltà di impugnare lo stesso atto in sede di
giurisdizione amministrativa per ottenerne l'annullamento.
L'istituto della
disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, infatti, comporta
inevitabilmente l'ammissibilità di una doppia tutela, ancorché, sul piano
strettamente tecnico, a ciascuna di essa corrisponde una situazione protetta
nettamente differenziata.
Lo stesso art. 63, comma
1, ne prende atto, preoccupandosi di stabilire che "l'impugnazione davanti
al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia
non è causa di sospensione del processo".
5. La legge ha così inteso
sottolineare la distinzione tra controversia sul rapporto e controversia
sull'atto, e, in questa prospettiva, non si è in presenza di una deroga al
disposto dell'art. 295 c.p.c.. Infatti, non si configura un'ipotesi di causa
"pregiudiziale", dal momento che non è dalla risoluzione della
controversia ad opera del giudice amministrativo che dipende la decisione della
causa civile; l'eventuale contrasto fra i giudici appartenenti al diverso
ordine non puó concretare tecnicamente "contrasto di giudicata", né
conflitto di giurisdizione, stante il diverso oggetto delle controversie.
6. La previsione esplicita
che la contemporanea pendenza del processo amministrativo, avente ad oggetto
l'atto rilevante, non é causa di sospensione del processo ordinario, si limita,
quindi, a confermare la regata già enucleabile dall'art. 5 l. 2248/1865, All.
E, giacché la cognizione incidentale dell'atto amministrativo ad opera del
giudice ordinario, competente a deciderne su questione di diritto soggettivo,
sussiste in ogni caso ed esclude che le parti abbiano il potere di trasformarla
in "causa pregiudiziale", da decidersi con effetti di giudicato dal
giudice competente, restando così impedita l'operatività dell'art. 295 c. p.
c..
7. Questi principi,
infatti, sono stati affermati dalla giurisprudenza della Corte, pur
nell'assenza di una disposizione esplicita del tipo di quella in esame,
precisando che la "giudiziale amministrativa" (da ritenersi
configurabile anche in presenza del nuovo testo dell'art, 295 c.p.c., che non
ne reca più l'esplicita menzione) può astrattamente sussistere solo nel caso
che il giudice amministrativo sia chiamato a definire questioni di diritto
soggettivo nell'ambito di attribuzioni giurisdizionali esclusive, ma mai nel
caso di controversia avente ad oggetto l'impugnazione di provvedimenti e
interessi legittimi, avendo conferito la legge al giudice ordinario il potere
di disapplicazione dei provvedimenti a tutela dei diritti soggettivi
influenzati dagli effetti dei detti provvedimenti (vedi, tra le altre, Cass. 19
febbraio 2000, n. 1907; 18 agosto 1997, n. 7685; 3 marzo 1992, n. 2568).
Anche la Corte
costituzionale, nel ricondurre le situazioni soggettive dei lavoratori pubblici
cd. "privatizzati al novero dell'ampia categoria dei diritti soggettivi di
cui all' art 2907 c.c., ha escluso la configurabilità di una
"pregiudiziale amministrativa" in presenza del potere del giudice
ordinario di disapplicare gli atti amministrativi (sentenza n. 275 del 2001;
ordinanza n. 525 del 2002).
8. La sentenza impugnata,
dunque, negando la sussistenza di una causa di sospensione del processo, ha
deciso conformemente alla regula iuris sopra enunciata, senza che sia
necessario esaminare ulteriori profili, concernenti l'effettiva rilevanza ai
fini della decisione della controversia in tema di diritto all'assunzione
dell'atto presupposto impugnato in sede di giurisdizione amministrativa.
Va esaminato ora il primo
motivo di ricorso, con il quale si denuncia che la sentenza impugnata ha violato
e falsamente applicato gli art 97 Cost. e 36 d.lgs. n. 29 del 1993, nel
ritenere che il Comune di Lucca, in presenza di un poso di lavoro vacante nella
pianta organica, fosse obbligato a ricoprirlo utilizzando la graduatoria,
ancora valida, approvata in esito alla procedura concorsuale espletata per il
detto posto.
1. Si sostiene che mancava
del tutto la fattispecie attributiva del diritto della B. all'assunzione,
diritto che competeva unicamente al vincitore; che l'amministrazione era libera
di decidere di non coprire un posto resosi vacante dopo la conclusione del
concorso, essendo insindacabile la scelta organizzativa di sopperire alla
vacanza con personale interno; che soltanto ove l'amministrazione avesse deciso
di coprire il posto con assunzione di personale esterno, la persistente
validità della graduatoria avrebbe potuto assumere rilievo.
2. La Corte giudica il
motivo fondato.
Non è contestato il fatto,
riferito negli stessi termini anche dalla resistente: bandito il concorso
pubblico per la copertura di un posto di dirigente dell'ufficio avvocatura e
approvata la graduatoria in data 18 marzo 1998, venne assunto in servizio il
candidato classificatosi al primo posto, il quale poi, trascorsi tre mesi di
servizio, fu trasferito ad altro ente in attuazione dell'istituto di mobilità
volontaria. Alla domanda di assunzione della B. per scorrimento della
graduatoria, l'amministrazione rispondeva negativamente, per aver proceduto ad
una radicale riorganizzazione della struttura, affidata alla responsabilità di
un dirigente già in servizio.
3. La Corte di Firenze ha
ritenuto che la B. fosse titolare del diritto soggettivo all'assunzione perché
la graduatoria concorsuale conservava validità triennale ed era da considerare
vacante nella pianta organica proprio il posto messo a concorso.
Orbene, anche nella
sussistenza dei presupposti accertati dal giudice dei merito, il diritto
all'assunzione avrebbe dovuto essere negato, in assenza di norme giuridiche che
consentano di configurarlo.
4. La Costituzione impedisce
la totale assimilazione dello status dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni, ai lavoratori privati. "I pubblici impiegati sono al
servizio esclusivo della Nazione" recita l'art. 98, comma. 1° (e l'ultimo
comma dell'articolo addirittura consente, per alcune categorie di essi, che
siano sottratte libertà costituzionali a garanzia del valore
dell'imparzialità), mentre l'art. 54, comma 2°, impone ai cittadini investiti
di funzioni pubbliche "il dovere di adempierle con disciplina ed onore,
prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge".
In questo quadro si
colloca la scelta direttamente attuata dal costituente, intesa ad attuare e
conciliare i precetti di imparzialità e di buon andamento secondo la quale
"agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante
concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge" (art. 97, ultimo comma,
Cost. ).
5. Il vincolo
costituzionale impone, dunque, di sottrarre alla contrattazione la materia
concernente la scelta dei dipendente da assumere.
In tal senso dispone la l.
421 / 1991, che, all'art. 2, comma. 1, lett. c, elenca, nel novero delle
materie escluse dalla contrattazione, i "procedimenti di selezione per
l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro" (la norma è richiamata
dall'art. 69, comma 1, d.lgs.. 165/2001, al fine di escludere che le sue
disposizioni rientrino fra quelle di disciplina dei rapporti di lavoro su cui
possono intervenire i contratti collettivi.
D'altra parte, nelle
materie relative al rapporto di lavoro su cui si svolge la contrattazione
collettiva ai sensi dell'art. 40, comma 1, d.lgs. 165/2001, non è compresa la
pretesa alla costituzione del rapporto stesso.
6. Pertanto, a parte
l'avviamento al lavoro disciplinato da disposizioni inderogabili di legge che
escludono l'esercizio di poteri amministrativi, il regime giuridico del
reclutamento è rimasto inalterato, identico sia per il personale conservato in
regime di diritto pubblico (art 4, d.lgs., 165/2001), sia per quello in regime
contrattuale. I procedimenti di concorso per l'assunzione sono procedimenti
amministrativi preordinati all'emanazione del provvedimento finale
(approvazione della graduatoria mediante il quale si sceglie il soggetto
privato da nominare pubblico impiegato (regime di diritto pubblico); ovvero con
il quale si dovrà stipulare il contratto di lavoro.
7. Per questa seconda
categoria di personale, si tratta di un assetto conforme ai principi generali
dei contratti (di diritto privato) cd. ad evidenza pubblica, secondo i quali
l'ammi......