CONCORSO A POSTO DI VIGILE URBANO GENERICO DI SOGGETTI MIOPI
Raccomandazioni dell'osservatorio sulle norme della finanziaria 2003
REPUBBLICA
ITALIANA N.
6606/02 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 1573 REG.RIC.
Il
Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 1996
ha pronunciato la
seguente
decisione
sul ricorso
in appello n. 1573/96, proposto dal Comune di Milano, in persona del
Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano, Elena
Savasta e Francesco Pirocchi, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo
in Roma, L.go T. Solera n. 7/10,
contro
il sig. Marco
Pastori, rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Nespor e Beniamino
Caravita di Toritto, e presso quest’ultimo
elettivamente domiciliato in Roma, via di Porta Pinciana n. 6,
per l’annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, III,
5 dicembre 1995, n. 1432, resa inter
partes, con la quale è stato accolto
il ricorso proposto dall’attuale appellato avverso la delibera di Giunta Municipale n. 5596, in
data 22 dicembre 1992, nella parte in cui ha stabilito di non procedere alla
nomina dell’originario ricorrente come vigile urbano in esito a pubblico
concorso, non essendo egli risultato idoneo alla visita medica, in quanto
sprovvisto del visus non inferiore a
10/10 senza uso di lenti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 25 giugno 2002 il Consigliere
Gerardo Mastrandrea; uditi i difensori delle parti come da verbale di
udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. L’Amministrazione comunale di Milano, con deliberazione di
Giunta n. 5596, in data 22 dicembre 1992,
stabiliva di non procedere alla nomina, in qualità di Vigile Urbano del
Comune di Milano, del sig. Pastori, il
quale aveva utilmente partecipato al concorso pubblico, per titoli ed esami,
per la copertura di n. 20 posti di vigile,
V q.f. ex DPR 333/90.
L’esclusione era motivata
dalla mancanza, in capo all’indicato concorrente, di uno dei particolari
requisiti prescritti dal bando di concorso, ovvero quello relativo al possesso
di un visus non inferiore a 10/10
senza uso di lenti.
2. Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, l’attuale
appellato ha visto riconosciuta la propria pretesa ad essere assunto nel posto
per il quale aveva concorso, avendo il TAR adito osservato che la previsione
del bando, circa il requisito minimo di visus,
doveva essere necessariamente riferita non già a ciascun occhio, bensì alla somma
dei visus dei due occhi e che quindi risultava soddisfatta dal reclamante
(in possesso di visus di 5/10 per
occhio).
3. Il Comune di Milano ha interposto l’appello in trattazione
avverso la prefata pronunzia, lamentando l’assoluta originalità ed illogicità
della tesi sostenuta nella sentenza contestata.
4. L’appellato si è costituito in giudizio per resistere
all’appello, ed ha controdedotto.
Alla pubblica udienza del 25
giugno 2002 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello comunale non può essere favorevolmente definito,
meritando conferma, seppur con motivazione integrata, il responso di
accoglimento del ricorso introduttivo formulato in prime cure.
Il bando di concorso oggetto dell’attuale controversia, relativo a
posti di vigile urbano nel Comune di Milano,
prevedeva al punto 6) dei requisiti particolari per l’ammissione alla
selezione, circa la vista, che non sarebbero stati “ritenuti fisicamente idonei
al posto i candidati che, senza uso di lenti, [avevano] un visus inferiore a
10/10”.
Orbene, non sembra in torto l’Amministrazione appellante a
sostenere che non esistevano nella formulazione del bando molti appigli per affermare che, ai fini della
misurazione dell’efficienza visiva di un soggetto, si dovesse operare la somma
aritmetica dei decimi di acutezza visiva di ciascun occhio, come invece
sostenuto dal TAR Lombardia, che all’uopo ha anche richiamato alcuni precedenti in termini.
Trattasi, infatti, di interpretazione particolarmente
problematica, non rispettosa, almeno a primo acchitto, della stringente dizione della lex specialis (dove non si parlava di visus complessivo) e che porterebbe tra l’altro, in extremis, a dover giudicare
automaticamente idoneo anche un soggetto
affetto da cecità assoluta ad un solo occhio (in quanto 10+0=10).
2. In disparte le doverose considerazioni di cui sopra, il ricorso
di primo grado merita comunque accoglimento, seppur sotto un diverso assorbente
profilo.
Il sig. Pastori, con censura dichiarata assorbita dai primi giudici
in quanto “confluente in quella accolta”, non si è lagnato solamente
dell’interpretazione della clausola di ammissione fornita dall’Amministrazione,
ma, alla bisogna, è insorto anche avverso il bando stesso, esplicitamente fatto
oggetto di impugnazione quale atto presupposto fin dalle premesse del gravame,
e tacciato, tra l’altro, di contraddittorietà ed illogicità, considerando anche
che il requisito della vista perfetta non è richiesto nemmeno alle forze
dell’ordine ed ai corpi di pubblica sicurezza, sicuramente non tenuti a
mansioni meno impegnative ed “operative” dei vigili urbani comunali.
La doglianza è fondata.
E’ vero che il bando di concorso a posti di pubblico impiego,
quale lex specialis della procedura,
possa contenere prescrizioni discrezionalmente individuate
dall’Amministrazione, ma queste, oltre a non essere contrarie a disposizioni normative, non devono essere
intrinsecamente illogiche, anche sotto il profilo della superfluità, della
inutilità e, occorre aggiungere, dell’esagerata gravosità (cfr., in tema,
C.G.A.R.S. 3 novembre 1999, n. 590; Cons. Stato, V, 23 novembre 1993 n. 1203).
Ogni prescrizione deve essere dunque concretamente valutata con riferimento alle specifiche mansioni
da espletare; ne consegue che la
posizione assunta tempo addietro dalla Sezione - in fattispecie dai connotati
analoghi - ed invocata dal Comune appellante, non va necessariamente, e
meditatamente, rivista, siccome espressa con riferimento a posti di vigile
urbano autista o motociclista (per i quali, dunque, è stata ritenuta legittima la norma del bando di concorso che
richiedeva quale requisito fisico l'acutezza visiva naturale di 10/10 per
ciascun occhio, attese le peculiari mansioni da svolgere e l’ampia potestà discrezionale
che ha l’Amministrazione in ordine ai requisiti attitudinali da richiedere ai
candidati: Cons. Stato, V, 30 marzo 1993, n. 422).
Tanto premesso, non appare di certo rispondente ad un minimo di logica, e come tale è dunque
aspetto sindacabile dal giudice adito, che un bando di concorso a posti di vigile urbano (nella loro genericità
e pertanto non in relazione a specifiche mansioni operative) preveda
requisiti di idoneità fisica, ed in particolare una vista perfetta da entrambi
gli occhi senza utilizzare mezzi di correzione, ben più severi di quelli che le
rispettive specifiche norme regolamentari riservano all’ammissione nell’Arma
dei Carabinieri o nella Polizia di Stato (in quest’ultimo caso per la nomina ad
allievo agente è richiesto un visus
naturale non inferiore a 12/10 “complessivi” - qui è specificato - quale somma
del visus dei due occhi, con non meno
di 5/10 nell’occhio in cui si vede di meno), o in altri corpi assimilabili
anche per grado di “operatività”.
La esagerata gravosità è insita, particolarmente, nella non
tolleranza di mezzi di correzione,
peraltro relativamente a mansioni che possono benissimo avere conno......