DANNO ALL'IMMAGINE DELLA P.A.
NUOVE PRECISAZIONI SUL PIANO DI SICUREZZA PER LA CARTA D'IDENTITA' ELETTRONICA
REPUBBLICA ITALIANA sent
REPUBBLICA
ITALIANA sent.566/2005
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE TERZA
GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
Composta dai seguenti magistrati:
dott. Gaetano Pellegrino Presidente
dott. Angelo De Marco Consigliere
relatore
dott. Giorgio Capone Consigliere
dott. Eugenio
Schlitzer Consigliere
dott. Salvatore Nicolella Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui giudizi d' appello iscritti a numeri 21187,
21745 e 21764 del registro di Segreteria, proposti, rispettivamente, dal Sig.
ing. Rosso Aldo, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Carlo Emanuele
Gallo e prof. Alberto Romano, elettivamente domiciliato preso lo studio del
secondo, a Roma, in Lungotevere Sanzio n. 1, nonché, in via incidentale, dalla
Procura generale della Corte dei conti contro i Signori Odasso Luigi e Rosso
Aldo e dal Sig. dott. Odasso Luigi, rappresentato e difeso dagli avvocati
Andrea Galasso e Maurizio Paganelli, elettivamente domiciliato preso lo studio
del secondo, a Roma, in via E. Q. Visconti, rispettivamente
CONTRO
la Procura regionale della Corte dei conti per il
Piemonte, la Procura Generale della medesima Corte dei conti e il Sig. Odasso
dott. Luigi (appello 21187), i Signori Odasso Luigi e Rosso Aldo (appello
21745), la Procura regionale della Corte dei conti per il Piemonte, la Procura
Generale della medesima Corte dei conti e il Sig. Aldo Rosso (appello21764),
AVVERSO
la sentenza della Sezione giurisdizionale della
Corte dei conti per il Piemonte, n. 243/04 del 27 novembre 2003, depositata in
segreteria il 10 maggio 2004.
Vista la sentenza appellata.
Visti gli atti d' appello, le memorie difensive
depositate e tutti gli altri atti e
documenti della causa discussa in primo grado dinanzi alla competente Sezione
territoriale.
Uditi, nel corso della pubblica udienza del 16
marzo 2005, con l'assistenza del segretario, Sig.ra Lucia Bianco, il relatore,
cons. Angelo De Marco, gli avvocati Alberto Romano e Maurizio Paganelli,
difensori degli appellanti Rosso e Odasso, nonché il Pubblico Ministero, nella
persona del vice Procuratore generale dott.ssa Maria Letizia De Lieto Vollaro.
Ritenuto in
FATTO
Con atto di citazione in data 27 maggio 2003 la
Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per il Piemonte conveniva
in giudizio il dott. Luigi Odasso e l' ing. Aldo Rosso per sentirli condannare
al pagamento, in favore dell' Azienda sanitaria ospedaliera San Giovanni
Batista “Molinette” di Torino, della somma di euro 500.000,00 (o di quella
diversa eventualmente risultante in corso di causa) maggiorata di rivalutazione
monetaria, interessi legali e spese di giudizio. La richiesta scaturiva dalla
grave lesione all' immagine dell' Amministrazione presso la quale i due
convenuti prestavano servizio, il primo quale direttore generale e il secondo
quale responsabile dell' Ufficio tecnico, con notevole discredito e perdita di
prestigio della personalità pubblica, conseguente alla condotta criminosa da
essi posta in essere attraverso la percezione illecita di somme di denaro da
parte di imprenditori privati.
La Procura procedente, avendo previamente invitato
i presunti responsabili a depositare le proprie deduzioni e gli eventuali
documenti ritenuti utili alla propria difesa ed avendo contestualmente
richiesto (ed ottenuto) il sequestro conservativo di beni e somme di loro
pertinenza, li ha successivamente citati in giudizio, ritenendo insufficienti
le contrarie argomentazioni dai medesimi formulate, contestando loro di avere
essi stessi ammesso, sia pure con qualche iniziale reticenza, di avere ricevuto
somme di denaro dell' ordine di centinaia di milioni da imprese e
professionisti che intrattenevano rapporti di lavoro con l' Ospedale. L' atto
di citazione indica quindi, nel dettaglio, le tangenti riscosse, quali
risultanti dai verbali d' interrogatorio dei due convenuti dinanzi al Pubblico
Ministero penale, dalle quali è derivato, ad avviso della Procura procedente,
oltre un probabile pregiudizio sotto l' aspetto economico (per il quale si fa
riserva di procedere separatamente), un sicuro pregiudizio all' immagine dell'
amministrazione, che costituisce esso stesso danno autonomamente risarcibile,
atteso che il prestigio della pubblica amministrazione è un interesse
direttamente protetto dall' ordinamento. In proposito, si fa riferimento in
citazione ai principi fissati dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con
una recente pronuncia su questione di massima (sentenza n. 10/2003/QM del 12 marzo/23 aprile 2003),
dalla quale si desumono altresì i parametri per la quantificazione di tale tipo
di danno, individuabili in elementi oggettivi, soggettivi e sociali, nonché
nello stesso clamor fori e nella risonanza data dai mezzi d'
informazione, che, se non integrano la lesione, sicuramente contribuiscono a
definirne la dimensione.
L' impianto accusatorio sul quale si regge l' atto
di citazione è stato integralmente condiviso dal primo giudice, che, disattese
le difese opposte dai convenuti, li ha condannati al pagamento, in solido,
dell' importo complessivo di euro 113.620,52 di cui euro 77.468,53 a carico
dell' Odasso ed euro 36.151,98 a carico del Rosso, oltre interessi,
rivalutazione e spese di giudizio.
I primi giudici, in particolare, hanno respinto le
eccezioni preliminari in rito, di inammissibilità dell' azione promossa dalla
Procura regionale in assenza di sentenza penale irrevocabile di condanna e di
inefficacia del provvedimento cautelare per mancata notifica dell' ordinanza di
conferma del sequestro conservativo, rilevando che l' interpretazione
“preclusiva” dei convenuti, già contrastata nell' atto di citazione,
“equivarrebbe alla reintroduzione nell' ordinamento - sostanzialmente - del
principio della pregiudizialità penale nel giudizio contabile”, viceversa
espunto dal sistema e che “l' asserita inefficacia del provvedimento cautelare
non si riverbera nel merito e non determina l' inefficacia dell' atto di
citazione” per la diversa natura dei rispettivi procedimenti.
Nel merito, ribadito il principio in base al quale
il giudice contabile può ricavare dal procedimento penale elementi di
valutazione utili ai fini del proprio convincimento e che gli atti compiuti dal
Pubblico ministero penale e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto
istruttorio fino a quando l' indagato non ne è venuto a conoscenza (il che,
nella specie, è avvenuto con l' arresto in flagranza del 19 dicembre 2001), il
giudice di prime cure ha ritenuto che gli elementi di prova prodotti dalla
Procura procedente, ricavati dal procedimento penale in corso, convincono della
sussistenza della vicenda illecita, nonché del discredito e della perdita di
prestigio derivati in danno dell' Azienda sanitaria ospedaliera “Molinette” di
Torino. La vicenda corruttiva che portò all' arresto dei convenuti, infatti,
“comportò oltre ad un periodo, sia pure limitato di due mesi, di gestione
commissariale, con attività limitata all' ordinaria amministrazione, l'
istituzione di una commissione consiliare d' inchiesta su tutte le ASL e ASO
piemontesi, nonché la necessità di riorganizzazione e riconversione dei
servizi, la ricerca di professionalità adeguate per la sostituzione di cariche
di prestigio e particolarmente delicate come quelle occupate dagli odierni
convenuti” (oggi appellanti); tale vicenda ebbe inoltre ripercussioni
significative sull' opinione pubblica, “sia a livello regionale dove Odasso in
particolare era un personaggio noto e sia a livello nazionale, per il risalto
che assumono le vicende di mala sanità”.
La Sezione territoriale non ha viceversa condiviso
la quantificazione del danno operata dalla Procura, sulla base, essenzialmente,
delle tangenti percepite (da lire 544 a 627 milioni di lire, peraltro in via
meramente indicativa) ed ha quindi ridotto l' ammontare della condanna nei
termini sopra specificati, fermo restando il vincolo della solidarietà per i
compartecipi che hanno agito con dolo, ai sensi dell' articolo 1 quinquies
della legge n. 20 del 1994, come modificato dall' articolo 3 della legge 20
dicembre 1996, n. 639.