DEBITO FUORI BILANCIO PER SENTENZA ESECUTIVA
FINANZIAMENTI ALLE "ALLEANZE LOCALI PER L'INNOVAZIONE"
Corte dei Conti - Sezione regionale di controllo per la Lombardia
Corte dei Conti - Sezione regionale di controllo
per la Lombardia
Deliberazione
17 gennaio 2007 n. 1
Premesso
che
Il Sindaco del Comune di Orsenigo, richiamata la previsione contenuta
nell'art. 194, comma 1, lett. a) del Dlgs 18 agosto 2000, n. 267 Testo Unico
sugli enti locali, ha chiesto il parere della Sezione in merito alla
«necessarietà/obbligatorietà di riconoscere il debito fuori bilancio derivante
da sentenza esecutiva di primo grado con specifico atto consiliare qualora, lo
stesso consiglio comunale, abbia deliberato gli attinenti accantonamenti a
bilancio (successivamente la sentenza di primo grado ma precedentemente il
passaggio in giudicato) e pertanto ne abbia già chiaramente riconosciuto
l'esistenza e ne abbia verificato la compatibilità con il sistema di bilancio».
Osserva
che
La richiesta di parere di cui sopra è intesa ad avvalersi della facoltà
prevista dalla norma contenuta nell'art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003,
n. 131 la quale dispone che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città
metropolitane possono chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte
dei conti «pareri in materia di contabilità pubblica».
La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle
competenze che la legge n. 131 del 2003 recante adeguamento dell'ordinamento
della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha attribuito
alla Corte dei conti.
1) La Sezione, preliminarmente, è chiamata a pronunciarsi
sull'ammissibilità della richiesta.
1.1) Innanzitutto, in relazione all'individuazione dell'organo
legittimato a inoltrare le richieste di parere dei Comuni, questa Sezione, con
deliberazione n. 1 in data 4 novembre 2004, ha precisato che «non essendo
ancora costituito in Lombardia il Consiglio delle autonomie, previsto dall'art.
7 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che modifica l'art. 123
della Costituzione, i Comuni possono, nel frattempo, chiedere direttamente i
pareri alla Sezione regionale».
Pertanto, sotto questo profilo la richiesta in parola deve essere presa in
esame.
1.2) Riguardo alle altre condizioni di ammissibilità, la
Sezione osserva che la richiesta di parere:
a) proviene dal soggetto legittimato a manifestare la volontà dell'ente, vale a
dire, nel caso di specie, dal Sindaco;
b) non risulta, in base ai documenti allegati dal richiedente, che interferisca
con le funzioni di controllo o giurisdizionali svolte dalla magistratura
contabile e neppure con alcun altro giudizio civile o amministrativo che sia in
corso;
c) ha «carattere generale» (in relazione a tale nozione si veda la delibera di
questa Sezione n. 9/pareri/2006, in data 27-29 giugno 2006) in quanto diretta
ad ottenere indicazioni in merito alle procedure da seguire per addivenire al
riconoscimento di debiti fuori bilancio, in base alla normativa vigente;
d) rientra nella materia della contabilità pubblica (in base alla definizione
che ne ha dato questa Sezione: C. conti, sez. contr. Lombardia, 21 giugno 2006,
n. 5/pareri/2006), poiché la disciplina relativa al riconoscimento dei debiti
fuori bilancio rientra all'interno della disciplina della materia dei bilanci
degli enti territoriali e, in particolare, delle regole normative proprie sia
dell'acquisizione delle entrate che della gestione delle spese.
Ne consegue, che la richiesta di parere proveniente dal Sindaco del Comune di
Orsenigo è ammissibile e può essere esaminata nel merito.
2) Il quesito posto alla Sezione è diretto ad appurare quale
sia la procedura che l'ente territoriale deve seguire per addivenire al
riconoscimento dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive e, in
particolare, se la circostanza che l'ente abbia previsto uno specifico fondo
nel bilancio di previsione a seguito dell'emanazione della sentenza di primo
grado renda superflua la successiva delibera consiliare di riconoscimento,
poiché il Consiglio comunale avrebbe riconosciuto già, da un lato, l'esistenza
del debito e, dall'altro, la sua compatibilità con le risorse finanziarie
dell'ente, come risultanti dal bilancio.
2.1) La richiesta di parere involge la tematica dei debiti
fuori bilancio che nei vari interventi normativi che hanno disciplinato la
materia è sempre stata trattata in relazione alle modalità di riconoscimento da
parte dell'ente del debito, senza che sia mai stata fornita una precisa nozione
legislativa della fattispecie.
Secondo l'elaborazione dottrinale e le pronunce giurisprudenziali che si sono
occupate della questione, il debito fuori bilancio è da considerare quale
obbligazione pecuniaria riferibile all'ente assunta in violazione delle norme
di contabilità pubblica che attengono alla fase della spesa e, in particolare,
di quelle che disciplinano l'assunzione degli impegni.
La contabilità pubblica disciplina analiticamente il procedimento di spesa
poiché l'azione della Pubblica Amministrazione non è nella disponibilità del
singolo ente ma è funzionalizzata al fine di garantire alla collettività che
essa si svolga nel rispetto del principio di legalità.
Ogni azione difforme deve essere valutata con particolare attenzione e può essere
fatta propria dall'ente solo laddove le norme di contabilità lo permettano, con
la specifica osservanza delle forme stabilite dalla legge. Infatti, se l'ente
fa propria un'azione posta in essere al di fuori delle regole di contabilità è
necessario che vengano valutati con rigore i presupposti ed assolto l'onere di
verificare la sussistenza di eventuali responsabilità che hanno impedito di
seguire l'ordinario procedimento di spesa.
Conseguentemente, lo scopo della disciplina legislativa dei debiti fuori
bilancio è quello di individuare le modalità per riportare all'interno della
contabilità dell'ente le somme relative mediante una apposita procedura di
riconoscimento della legittimità del debito, anche al fine di porre in luce le
situazioni nelle quali tale riconoscimento non risulta possibile.
2.2) La disamina della normativa che, nel tempo, ha
disciplinato la materia permette di appurare che si è passati da una logica
legislativa diretta a stabilire procedure di sanatoria delle gestioni contabili
irregolari (art. 1 bis del d.l. 1° luglio 1986, n. 318, conv. l. 9 agosto 1986
n. 488; artt. 23 e 24 del d.l. 2 marzo 1989, n. 66 conv. l. 24 aprile 1989 n.
144), ad una logica nella quale il fenomeno è stato preso in considerazione al
fine di individuare alcune figure sintomatiche di obbligazioni a carico
dell'ente sorte al di fuori delle ordinarie procedure di contabilità. Il
legislatore ha previsto, quindi, cinque tipologie di debiti definiti «fuori
bilancio» che possono essere riconosciuti legittimi dal Consiglio comunale o da
quello provinciale (art. 37 del Dlgs 25 febbraio 1995, n. 77; art. 12 del Dlgs
11 giugno 1996, n. 336; art. 5 del Dlgs 15 settembre 1997, n. 342; artt. 191 e
194 del citato Dlgs 18 agosto 2000, n. 267).
Le tipologie di debito individuate dal legislatore non hanno elementi in
comune, se non quello di essere fattispecie che il legislatore ha ritenuto
idonee a costituire obbligazioni che se anche sorte al di fuori delle ordinarie
procedure di spesa possono essere ricondotte, sia pure con un procedimento
peculiare, all'interno della contabilità dell'ente. L'elemento che attribuisce
omogeneità alle diverse categorie ivi indicate è dato unicamente dalla
circostanza che il debito viene ad esistenza al di fuori e indipendentemente
dalle ordinarie procedure che disciplinano la formazione della volontà
dell'ente.
2.3) L'esame delle singole figure previste dal Testo unico
sugli enti locali pone in rilievo il fatto che quella relativa ai debiti
derivanti da «sentenze esecutive» (art. 194, c. 1, lett. a) si distingue
nettamente dalle altre per il fatto che l'ente, indipendentemente da
qualsivoglia manifestazione di volontà, è tenuto a saldare il debito in forza
della natura del provvedimento giurisdizionale che obbliga chiunque e, quindi,
anche l'ente pubblico ad osservarlo ed eseguirlo (art. 2909 cod. civ.).
In questo caso l'ente territoriale non ha alcun margine discrezionale per
decidere se attivare la procedura di riconoscimento o meno del debito perché è
comunque tenuto a pagare, posto che in caso contrario il creditore può
ricorrere a misure esecutive per recuperare il suo credito, con un pregiudizio
ancora maggiore per l'ente territoriale (sul punto, C. conti, sez. riun. Reg.
Sicilia, 23 febbraio-11 marzo 2005, n. 2/pareri).
2.4) La funzione della delibera del Consiglio comunale di
riconoscimento del debito fuori bilancio prevista dall'art. 194 T.U.E.L. è
complessa poiché, innanzitutto, è diretta ad accertare se il debito rientri in
una delle tipologie individuate da detta norma e, quindi, a ricondurre
l'obbligazione all'interno della contabilità dell'ente, individuando anche le
risorse necessarie per farvi fronte. Ma la pronuncia del Consiglio comunale è
diretta anche ad accertare le cause che hanno originato l'obbligo, anche al
fine di accertare eventuali responsabilità.
A questo proposito, val la pena sottolineare che, come nel caso di specie,
l'impatto sul bilancio può essere differente a seconda che nell'ambito del
bilancio dell'ente sia stato previsto o meno un apposito fondo per la copertura
di spese impreviste o, nel caso di giudizi, a valere per l'ipotesi della
soccombenza.
In caso positivo risulterà più semplice per l'ente far fronte al pagamento del
debito utilizzando le risorse già allocate a tale scopo.
Tuttavia, l'esistenza di un fondo nel bilancio destinato a far fronte all'esito
negativo di un giudizio non fa venire meno la necessità dell'attivazione della
procedura consiliare di riconoscimento del debito.
Al riguardo, infatti, è bene mettere in luce che lo stanziamento in bilancio ha
la sola funzione di riservare un importo a quella specifica destinazione, ove
se ne presenti la necessità, non implicando ancora accertamento del concreto
verificarsi della fattispecie (in questo senso risulta formulato, anche, il
secondo principio contabile sulla «Gestione del sistema di bilancio», emanato
dall'Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali, previsto
dall'art. 154 del Dlgs n. 267 del 2000).
2.5) In ogni caso, l'esistenza del fondo non fa venire meno
l'ulteriore funzione che l'ordinamento attribuisce alla delibera consiliare,
vale a dire, come si è visto sopra, l'accertamento di chi sia responsabile
della formazione della fattispecie debitoria che si è formata al di fuori della
ordinaria contabilità dell'ente. Anzi, questa funzione di accertamento risulta
rafforzata, poiché il legislatore ha previsto che le delibere consiliari di
riconoscimento di debito siano inviate agli organi di controllo ed alla Procura
regionale della Corte dei conti (Art. 23 c. 5 della l. 27 dicembre 2002, n. 289)
al fine di permettere un controllo sulle stesse e la verifica da parte degli
organi che operano il riconoscimento del rispetto dei requisiti di legittimità
previsti dal T.U.E.L.
3) In conclusione, ove l'ente territoriale in caso di debito
fuori bilancio proveniente da sentenza esecutiva omettesse la procedura di
riconoscimento consiliare prevista dall'art. 194 del Dlgs n. 267 del 2000 ma si
limitasse ad effettuare il pagamento utilizzando uno specifico fondo presente
nel bilancio vanificherebbe la disciplina di garanzia prevista
dall'ordinamento, impedendo sia il controllo previsto dalla norma citata da
parte del Consiglio comunale che la verifica da parte della Procura della Corte
dei conti, disciplinata dalla normativa speciale.
P.Q.M.
Nelle considerazioni
esposte è il parere della Sezione.
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