DIFFERENZA TRA CONCESSIONE E APPALTO DI SERVIZI
Limiti delle attestazioni "Soa"
Parere n
Parere n. 28
del 9 febbraio 2011
PREC 246/10/S
Oggetto: Istanza di parere per la soluzione
delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n.
163/2006 presentata da Lega Regionale Cooperative e Mutue Lazio –
Concessione della gestione di sei nidi comunali di infanzia secondo lotti
– Importo a base d’asta € 4.290.000,00 – S.A.: Comune di Roma.
Il Consiglio
Vista la relazione dell’Ufficio del
Precontenzioso
Considerato in fatto
In data 6 ottobre 2010 è pervenuta all’Autorità
l’istanza di parere indicata in epigrafe, con la quale la Lega Regionale
Cooperative e Mutue Lazio, nelle more della scadenza del termine per la
presentazione delle offerte, ha contestato l’erroneità degli atti della
procedura di gara in oggetto, segnalando che il prezzo a base d’asta e,
nella specie, la tariffa di € 500,00 posto/mese/bambino, non
consentirebbe alle cooperative associate di partecipare, in quanto non
sufficiente a coprire i costi del lavoro rispetto al CCNL delle Cooperative
Sociali, limitando in tal modo fortemente il principio della libera
concorrenza tra gli operatori economici e violando altresì la delibera
comunale n. 135/2000, concernente “Determinazioni degli indirizzi in ordine
ad Appalti ad Aziende, Consorzi, Cooperative, Associazioni”, la
quale, all’art. 1, comma 1, lett. c), stabilisce che “nella
determinazione dei criteri economici per l’aggiudicazione sarà cura
dell’Amministrazione fissare i corrispettivi delle prestazioni richieste
in misura tale da comprendere sia il costo del lavoro riferito alle
tabelle aggiornate dei CCNL contratti integrativi territoriali vigenti,
sia per le spese generali e di gestione dei servizi appaltati, queste
ultime da determinarsi in misura non inferiore al 10 per cento dell’importo
complessivo del prezzo dell’aggiudicazione dell’appalto”.
A riscontro dell’istruttoria procedimentale condotta da questa Autorità
il Comune di Roma – Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici, nel
riepilogare la situazione e le condizioni della gara di cui trattasi, ha
formulato le proprie controdeduzioni, nelle quali ha evidenziato che le
doglianze dell’istante risentono di una “interpretazione prettamente
appaltistica”, mentre nel caso di specie non si tratta di un appalto
di servizi, bensì di una concessione di servizi. La natura di concessione
di servizi comporta che, nella specie, l’affidamento riguarda il diritto
di gestire il servizio (gestione di sei nidi comunali di infanzia)
accompagnato da un prezzo a carico dell’amministrazione comunale (ex artt.
3, comma 12, e 30 del D.Lgs, n. 163/2006), da cui discende che, mentre
nel contratto di appalto, la stima del “valore” economico del contratto
corrisponde al costo e all’utile ordinario del servizio, nella
concessione la stessa stima è più complessa e non può riferirsi
evidentemente al solo prezzo corrisposto dalla pubblica amministrazione
al concessionario – secondo quanto sostenuto dall’istante – perché questo
è solo una “componente”, il cui valore deve tener conto, nel rispetto dei
principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione
amministrativa, dell’impalcatura contrattuale dello strumento concessorio
ovvero delle prestazioni corrispettive e del loro equo bilanciamento. Al
riguardo la stazione appaltante ha rilevato che il Comune di Roma non
eroga solo il prezzo, soggetto a ribasso, di € 500,00 posto/mese/bambino
per ciascun utente municipale accolto presso i sei nidi comunali messi a
bando, ma: – concede gratuitamente (cioè senza alcun canone) al terzo i
propri beni immobili di recentissima costruzione per due anni; – concede
i predetti beni immobili con tutti gli arredi ed attrezzature (anch’essi
nuovi); – concede il diritto di sfruttare i beni non solo a favore
dell’utenza municipale, ma anche di utenza privata con tariffe a libero
mercato; – concede il diritto di anticipare o posticipare l’orario di
funzionamento dei nidi (ore 08,00 -16,30), praticando tariffe a libero
mercato, sia nei confronti dell’utenza municipale che privata; – concede
il diritto di insediare al di fuori dell’orario di funzionamento dei
nidi, servizi aggiuntivi e/o integrativi a favore delle famiglie e/o dei
loro bambini, con tariffe a libero mercato. Infine, la stazione
appaltante medesima ha osservato che il prezzo di € 500,00 posto/mese/bambino,
soggetto a ribasso, si posiziona in modo coerente e senza effetti di
alterazione del mercato interno tra i prezzi attualmente praticati dal
Comune di Roma per nidi privati accreditati e convenzionati e nidi
comunali realizzati e gestiti in concessione secondo finanza di progetto
ed ha osservato, altresì, in merito alla deliberazione comunale n.
135/2000 invocata dall’istante, che la stessa non fa altro che
raccomandare alle stazioni appaltanti del Comune medesimo di fissare il
valore economico degli affidamenti in genere in misura adeguata e
sufficiente rispetto al costo del lavoro e agli ovvi costi generali e di
gestione, obbligo questo peraltro già imposto dal Legislatore agli artt.
89, comma 3, 86, comma 3-bis e 87 comma 2, lett. g) del D.Lgs. n.
163/2006.
Anche l’istante Lega Regionale Cooperative e
Mutue Lazio ha partecipato al contraddittorio documentale, presentando
una memoria integrativa nella quale ha, in via preliminare, ribadito che
l’effettiva natura del contratto oggetto di affidamento non è quella di
una concessione di servizi, bensì quella di un appalto di servizi che
contempla l’utilizzo di un immobile in concessione d’uso, con evidenti
conseguenze in ordine alla corretta determinazione del prezzo a base
d’asta. Al riguardo l’istante ha rappresentato, in particolare, che, se
l’ente pubblico (Comune di Roma) è titolare del bene concesso in uso e
responsabile in via diretta del servizio affidato in gestione, tuttavia
la remunerazione dell’aggiudicatario non dipende dai proventi che potrà
trarre dall’utilizzo del bene vendendo servizi direttamente agli utenti,
se non in misura marginale, in quanto nella fattispecie è previsto che
sia il Comune e non il c.d. concessionario ad individuare gli utenti da inserire
nei posti della struttura e l’aggiudicatario potrà contare esclusivamente
sugli introiti corrisposti dal Comune e non dall’utente, a seguito di
presentazione di regolare fattura. Né vale la possibilità riservata al
c.d. concessionario di fornire servizi aggiuntivi extra convenzione ai
bambini e alle famiglie, ad utenza libera, trattandosi di possibilità
estremamente limitata: all’eventuale quota supplementare di posti (pari
al 15%), nonché alla mancata formale opzione all’acquisizione di detta
quota da parte del Comune. Stante la riaffermata natura del contratto in
affidamento quale appalto di servizi, la Lega istante ha ribadito,
inoltre, l’incapienza e la non remuneratività dell’appalto stesso,
facendo riferimento a documenti e studi di settore a cura del Consiglio
Nazionale dell’Economia e del Lavoro e del Centro Nazionale di
Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza – in quanto fonti
autorevoli riguardo agli standard organizzativi cui i nidi d’infanzia
debbono obbligatoriamente attenersi e ai relativi costi minimi e massimi
che le pubbliche amministrazioni devono preventivare – ed evidenziando
altresì la particolare onerosità dei vincoli di gestione previsti
esplicitamente dalla lex specialis. Infine, l’stante medesima ha
rilevato, in via incidentale, altre norme non legittime contenute nel
bando di gara, in tema di modalità e condizioni di pagamento in deroga al
D.Lgs. n. 231/2002, che determinerebbero ulteriori costi indiretti.
Ritenuto in diritto
La questione controversa sottoposta a questa
Autorità con l’istanza di parere in esame concerne la congruità del
prezzo posto a base della gara e, nella specie, della tariffa di € 500,00
posto/mese/bambino, oltre che la legittimità delle previsioni di modalità
e condizioni di pagamento in deroga al D.Lgs. n. 231/2002.
Le diverse prospettazioni sostenute dalle parti, soprattutto in ordine
alla suddetta problematica principale della congruità del prezzo,
prendono le mosse da un punto di vista opposto in ordine alla
qualificazione della natura del contratto oggetto di affidamento, nel
senso che al ragionamento svolto dal Comune di Roma in termini di
concessione di servizi si oppongono le contestazioni dedotte dall’istante
Lega Regionale Cooperative e Mutue Lazio in termini di appalto di
servizi.
Invero, risulta evidente che l’impostazione dell’analisi della questione
muta radicalmente a seconda della qualificazione giuridica che si ritiene
di dover attribuire al contratto oggetto di aggiudicazione, specie con
riferimento all’elemento prezzo a base d’asta, censurato nella specie per
la reputata insufficienza, che costituisce il cardine principale, in
linea generale, della distinzione tra appalto e concessione di servizi.
L’analisi degli elementi qualificanti ai fini del predetto discrimen
è stata condotta e approfondita in sede comunitaria; occorre pertanto
prendere le mosse da qui, in considerazione della tradizionale preminenza
del diritto comunitario e della relativa interpretazione
giurisprudenziale.
Ebbene, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia
europea la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di
servizi risiede principalmente proprio nelle modalità previste per
l’attribuzione del corrispettivo dovuto a fronte del servizio reso dall’operatore
economico (v., in particolare, sentenza 10 settembre 2009, causa
C-206/08, WAZV Gotha, punto 51). «Un appalto pubblico di servizi» ai
sensi delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE comporta un corrispettivo
che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al
prestatore di servizi (v., in particolare, sentenza 13 ottobre 2005,
causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I-8585, punto 39). Si è in
presenza, invece, di una concessione di servizi allorquando le modalità
di remunerazione pattuite consistono nel diritto dell’operatore economico
di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest'ultimo assuma
il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v., in
particolare, sentenze Corte giustizia CE, sez. III, 15 ottobre 2009 , n.
196, 13 novembre 2008, causa C-437/07, Commissione/Italia, punti 29 e 31,
nonché WAZV Gotha, cit., punti 59 e 68).
A titolo esemplificativo, la Corte di Giustizia europea ha ravvisato
l'esistenza di una concessione di servizi, in particolare, nei casi in
cui la remunerazione del prestatore proveniva da pagamenti effettuati
dagli utenti di un parcheggio pubblico, di un servizio di trasporto
pubblico e di una rete di teledistribuzione (v. sentenze Parking Brixen, cit.,
punto 40; 6 aprile 2006, causa C-410/04, ANAV, punto 16, e 13 novembre
2008, causa C-324/07, Coditel Brabant, punto 24).
Peraltro già in sede europea, se per un verso la qualificazione in
termini di concessione ne comporta l’esclusione dall'ambito applicativo
delle citate direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, per un altro verso le
pubbliche autorità che le concludono sono comunque tenute a rispettare le
regole fondamentali del Trattato CE in generale, e il principio di non
discriminazione sulla base della nazionalità in particolare. Le
disposizioni del Trattato specificamente applicabili alle concessioni di
servizi pubblici comprendono propriamente gli artt. 43 CE e 49 CE (v., in
particolare, sentenza ANAV, cit., punto 19) e oltre al suddetto principio
di non discriminazione sulla base della nazionalità, si applica alle
concessioni di servizi pubblici anche il principio della parità di
trattamento tra offerenti, e ciò anche in assenza di discriminazione
sulla base della nazionalità (v. sentenza 196/2009 cit., punti 47 ss.).
La disciplina codicistica interna ha approfondito tali indicazioni
comunitarie, estendendo e specificando quali regole dettate per
l’evidenza pubblica necessaria all’affidamento di un appalto siano
applicabili anche in caso di utilizzo della figura della concessione
(cfr. art. 30 del D.Lgs. n. 163/2006, in specie sub commi 1, 3, 4 e 7).
Tuttavia, l’indagine sulle tipologie di servizi oggetto di concessione
rileva aspetti importanti per comprendere confini e regime dell’istituto
come disciplinato dal Codice dei contratti pubblici. L’art. 30 del D.Lgs.
n. 163/2006, infatti, distingue chiaramente e testualmente, come
possibile oggetto di concessione, tra servizi a terzi (comma 5) e diritti
speciali o esclusivi di esercitare un’attività di servizio pubblico
(comma 6).
Pertanto, nella sua accezione più lata la nozione in esame, come sopra
distinta dall’appalto, comprende tutti i casi in cui un’autorità cede ad
un terzo il diritto ......