DIRITTO D'ACCESSO AMPIO PER I CONSIGLIERI COMUNALI
TERZO MANDATO: IL CONSIGLIO COMUNALE NON PUO' DICHIARARE L'INELEGGIBILITA' DEL SINDACO
CONSIGLIO DI STATO, SEZ
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 20 ottobre 2005 n.
5879 - Pres.
Elefante, Est. Corradino - Gerosa (Avv.ti Rocchetti e Cavaliere) c.
Comune di Alzate Brianza (Avv. Viviani) - (annulla in parte T.A.R. Lombardia -
Milano, Sez. I, 12 novembre 2004, n. 5804).
FATTO
Con la sentenza appellata il TAR della Lombardia ha
parzialmente accolto il ricorso (iscritto al nr. 4295/2004 R.G.) proposto dal
Sig. Stefano Gerosa per l'annullamento del provvedimento in data 20.9.2004 con
il quale il sindaco del Comune di Alzate Brianza negava l’accesso alla
documentazione richiesta dal ricorrente con istanza del 10.9.2004, nonché per
la declaratoria del diritto del ricorrente all’accesso ai documenti indicati in
tale istanza con il conseguente ordine all’amministrazione resistente di
esibire tali documenti.
Il giudice di primo grado ha ritenuto sussistente il
diritto di accesso vantato dal ricorrente solo con riferimento ai documenti
indicati ai nn. 5, 6, 7 ed 8 della prefata istanza, mentre ha ritenuto
insussistente il diritto de quo con riferimento ai documenti indicati ai nn. 1,
2, 3 e 4.
Il Sig. Stefano Gerosa ha proposto appello per la riforma
parziale della decisione impugnata nella parte in cui il giudice di prime cure
ha ritenuto escluso l’accesso ai documenti indicati ai nn. 1, 2, 3 e 4;
l’odierno appellante ha altresì gravato la decisione di primo grado nella parte
in cui - nel disporre la compensazione delle spese di giudizio – il giudice non
ha enunciato la sussistenza di "giusti motivi".
Il Comune di Alzate Brianza si è costituito per resistere
all’appello.
Alla camera di consiglio del 9 maggio 2005, il ricorso
veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. In primo luogo il Collegio ritiene opportuna
l’esposizione di alcune considerazioni sul diritto di accesso riconosciuto
dall’ordinamento giuridico ai consiglieri comunali e provinciali, anche alla
luce delle ricostruzioni della più recente giurisprudenza (cfr., ex multis,
Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7900).
In particolare, l’art. 43, comma 2, del Testo unico degli
enti locali - D.L.vo n. 267/2000 - statuisce: "I consiglieri comunali e
provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune
e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le
notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio
mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla
legge".
La disposizione ha i suoi più immediati antecedenti
nell’articolo 24 della L. n. 816/1985 - Esercizio delle funzioni consiliari -
secondo cui "I consiglieri comunali, i consiglieri provinciali e i
componenti delle assemblee delle unità sanitarie locali e delle comunità
montane, per l'effettivo esercizio delle loro funzioni hanno diritto di
prendere visione dei provvedimenti adottati dall'ente e degli atti preparatori
in essi richiamati nonchè di avere tutte le informazioni necessarie
all'esercizio del mandato", e nell’articolo 31 comma 5 L. n. 142/1990 -
Consigli comunali e provinciali – secondo cui <<I consiglieri comunali e
provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune
e della provincia, nonchè dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le
notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio
mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla
legge>>.
Il diritto (soggettivo pubblico) codificato da tali
disposizioni – come è possibile evincere dalla chiara littera legis - è
espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della
rappresentanza esponenziale della collettività, ed in quanto tale è
direttamente funzionale non tanto ad un interesse personale del consigliere
comunale o provinciale, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al
mandato conferito (cfr. la locuzione <<ampia e qualificata posizione di
pretesa all'informazione spettante ratione officii al consigliere
comunale>> in Cons. Stato, sez. V, 08/09/1994, n. 976).
Emerge chiaramente, infatti, che i consiglieri comunali
hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano
essere d'utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di
permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia
dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole
sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche
nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli
rappresentanti del corpo elettorale locale. Il diritto di accesso riconosciuto
ai rappresentanti del corpo elettorale comunale, pertanto, ha una ratio diversa
da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti
amministrativi che è riconosciuto a tutti i cittadini (articolo 10 - Diritto di
accesso e di informazione - del D.L.vo n. 267/2000) come pure, in termini più
generali, a chiunque sia portatore di un <<interesse diretto, concreto e
attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata
al documento al quale è chiesto l'accesso>> (cfr. gli art. 22 e ss. della
legge 7 agosto 1990, n. 241 come recentemente modificata dalla legge 11
febbraio 2005, n. 15 - Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990,
n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa).
Invero, la finalizzazione dell'accesso all'espletamento
del mandato costituisce, al tempo stesso, il presupposto legittimante l'accesso
ed il fattore che ne delimita la portata. Le disposizioni richiamate, infatti,
collegano l'accesso a tutto ciò che può essere effettivamente funzionale allo
svolgimento dei compiti del singolo consigliere comunale e provinciale e alla
sua partecipazione alla vita politico-amministrativa dell'ente, come confermato
dalla giurisprudenza di legittimità che ha precisato che il consigliere può
accedere non solo ai "documenti" formati dalla pubblica
amministrazione di appartenenza ma, in genere, a qualsiasi "notizia"
od "informazione" utili ai fini dell'esercizio delle funzioni
consiliari (cfr. Cass. Civ. Sez. III, sent. 3 agosto 1995 n. 8480, in materia
di acquisizione della registrazione magnetofonica di una seduta consiliare).
Inoltre, a differenza dei soggetti privati, il consigliere
non è tenuto a motivare la richiesta, né l'Ente ha titolo per sindacare il
rapporto tra la richiesta di accesso e l'esercizio del mandato, altrimenti gli
organi dell'amministrazione sarebbero arbitri di stabilire essi stessi l'ambito
del controllo sul proprio operato (Cons. Stato, V Sez. 7.5.1996 n. 528, Cons.
Stato, V Sez. 22.2.2000 n. 940, Cons. Stato, V Sez. 26.9.2000 n. 5109).
Infine, il diritto di avere dall'ente tutte le
informazioni che siano utili all'espletamento del mandato non incontra alcuna
limitazione derivante dalla loro natura riservata, in quanto il consigliere è
vincolato all'osservanza del segreto (Cons. Stato, V Sez. 20.2.2000 n. 940 e
Consiglio di Stato, Sezione V, 4 maggio 2004, n. 2716).
2. Alla luce delle esposte ricostruzioni si palesa erronea
la gravata sentenza nella parte in cui ha ritenuto non sussistente il diritto
di accesso dell’odierno appellante con riferimento ai documenti indicati ai nn.
1, 2, 3 e 4 dell’istanza ostensiva e precisamente: 1. Tutte le matrici delle
ricevute dei parcheggi degli ultimi 5 anni; 2. Copia delle relative fatture di
acquisto di tali buoni e naturalmente i DDT; 3. L’elenco di tutti i nominativi
che negli ultimi 5 anni hanno potuto maneggiare soldi del comune; 4. Copia dei
versamenti fatti alla tesoreria comunale dell’importo corrispondente alle
ricevute vendute sempre degli ultimi 5 anni.
Il decisum di primo grado è stato supportato dalla
considerazione secondo cui il consigliere comunale non è <<legittimato a
richiedere all’ente locale l’accesso indiscriminato a qualsiasi documento
detenuto dal comune, anche se risalente ad un’epoca di molto antecedente
rispetto al periodo di espletamento del proprio mandato, traducendosi,
altrimenti, tale controllo nell’esercizio di una funzione ispettiva sulla
trascorsa attività dell’amministrazione, per nulla connessa all’esercizio
presente del mandato di consigliere comunale>>.
Tale iter argomentativo non merita adesione alla
luce dell’evocato quadro normativo ed ermeneutico e del recente orientamento
giurisprudenziale secondo cui <<allorché una richiesta di accesso è
avanzata per l'espletamento del mandato risulta, invero, insita nella stessa
l'utilità degli atti richiesti al fine dell'espletamento del mandato. Il
riferimento alle notizie ed alle informazioni "utili" contenuto nella
norma in esame, non costituisce affatto una limitazione, se appena si considera
l'intero contesto della disposizione. Il diritto di accesso è stato, infatti,
attribuito ai consiglieri comunali per "tutte le notizie e le
informazioni... utili all'espletamento del proprio mandato" e, quindi, per
tutte le notizie ed informazioni ritenute utili, senza alcuna limitazione. Dal termine
"utili" contenuto nella norma in oggetto non consegue, quindi, alcuna
limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì l'estensione
di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato utile all'espletamento del
mandato>> (cfr. la già citata Consiglio di Stato, Sezione V, 4 maggio
2004, n. 2716); ne discende che l’utilità dell’accesso (id est, la
strumentalità della istanza ostensiva all’esercizio del munus pubblico)
non può essere disconosciuta in presenza di una richiesta relativa a documentazione
risalente ad un’epoca antecedente rispetto al periodo di espletamento del
presente mandato; invero, il diritto di accesso del consigliere comunale
investe l'esercizio del munus in tutte le sue potenziali implicazioni
(cfr.: Cons. Stato, V Sez. 21.2.1994 n. 119, Cons. Stato, V Sez. 26.9.2000 n.
5109, Cons. Stato, V Sez. 2.4.2001 n. 1893).
3. In ordine al motivo d’appello con cui il Sig. Stefano
Gerosa si duole dell’omessa enunciazione dei "giusti motivi" che
hanno condotto il primo giudicante a disporre la compensazione delle spese di
giudizio, deve osservarsi che se, come affermato da questo Consesso (cfr. Cons.
Stato, sez. VI 2.3.1999 n. 234), la valutazione dei giusti motivi ritenuti tali
da giustificare la compensazione delle spese del giudizio in deroga al
principio della soccombenza appartiene al discrezionale apprezzamento del
Collegio giudicante ed è insindacabile in appello se non per manifesta
illogicità (cfr. altresì la recente Cassazione civile, sez. I, sentenza 22
aprile 2005 n. 8540 che - disattendendo la recente ordinanza n. 395/2004 della
Corte costituzionale, la quale sembra avallare, sia pure incidentalmente, una
diversa interpretazione della disciplina delle spese, nel senso di postulare un
onere di motivazione generalizzato - ha stabilito che il giudice può disporre
la compensazione anche senza fornire, al riguardo, alcuna motivazione, e senza
che - per questo - la statuizione diventi sindacabile in sede di impugnazione e
di legittimità, atteso che la valutazione dell'opportunità della compensazione,
totale o parziale, delle stesse, rientra nei poteri discrezionali del giudice
di merito, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella della
ricorrenza di giusti motivi; cfr. altresì Cassazione, sentenze 5405/2004;
17692, 12744, 11774 e 5386 del 2003; 5174/2002), la sentenza impugnata, non fa
neanche un generico riferimento ai "giusti motivi", in quanto afferma
apoditticamente che le spese del giudizio possono essere integralmente
compensate tra le parti; pertanto, in mancanza anche di una minima precisazione
posta a sostegno della statuizione suddetta, la disposta compensazione può
essere sindacata in appello (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 gennaio 2003, n.
360).
Il Collegio, pur ritenendo <<arbitraria l'immotivata
negazione del rimborso delle spese sostenute dalla ricorrente>>
(Consiglio di Stato, V, 16 aprile 2003, n. 1999) ritiene, tuttavia, di dover
compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio sussistendo giusti motivi.
Ciò considerato l’appello deve essere accolto con conseguente
riforma parziale della sentenza gravata.
Le spese di entrambi i gradi di giudizio possono essere
compensate sussistendo giusti motivi
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V,
accoglie il ricorso in appello e per l’effetto, in parziale riforma della
sentenza gravata, ordina al Comune di Alzate Brianza di rilasciare, mediante
estrazione di copia, la documentazione richiesta.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di
Stato, nella camera di consiglio del 10 maggio 2005, con l'intervento dei
sigg.ri
Agostino Elefante presidente,
Giuseppe Farina consigliere,
Chiarenza Millemaggi Cogliani consigliere,
Cesare Lamberti consigliere,
Michele Corradino consigliere estensore,
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Michele Corradino f.to Agostino Elefante