DISTANZE TRA LE COSTRUZIONI
CONCESSIONE EDILIZIA: DECORRENZA DEI TERMINI
CONSIGLIO DI STATO, SEZ
CONSIGLIO
DI STATO, SEZ. V - sentenza 12 aprile 2005 n. 1619 - Pres. Elefante, Est.
Fera - Mazza ed altro (Avv. Iuliano) c. Guido (Avv.ti Torchia e Attinà) e
Comune di San Pietro Apostolo (n.c.) - (conferma T.A.R. Calabria - Catanzaro, 5
settembre 1997, n. 573).
FATTO
Il signor Bruno Guido ha impugnato davanti al Tar della
Calabria la concessione edilizia n. 16 del 1994, rilasciata dal Comune di San
Pietro Apostolo ai signori Francesco Mazza e Giuseppina Sacco, per la
costruzione di muri di sostegno in cemento armato a monte di fabbricati
esistenti, lamentando, con un articolato motivo di gravame, la violazione degli
articoli 873 e seguenti del codice civile, la violazione dell’articolo 17 del
regolamento edilizio comunale e l’eccesso di potere per mancanza di
presupposti, travisamento dei fatti, omessa istruttoria, motivazione illogica,
contraddittoria e carente. Il Tar ha accolto il ricorso, motivando nel senso
che l'opera, ai fini del computo delle distanze, non poteva essere considerata
come lavoro di sostegno e contenimento ma come una nuova costruzione, in quanto
ad avviso del consulente tecnico d’ufficio nominato dal pretore civile di
Catanzaro " il terreno avente pendenza naturale non richiedeva alcuna
opera di sostegno". Da qui la violazione dell'articolo 17 del regolamento
edilizio comunale, che imponeva una distanza minima tra le costruzioni di metri
10 e di metri 3 dal confine.
La sentenza è appellata dai signori Francesco Mazza e
Giuseppina Sacco, i quali prospettano i seguenti motivi di appello:
Errore nei presupposti e difetto di istruttoria. La
sentenza ha seguito una affermazione apodittica del consulente tecnico
d'ufficio nominato dal pretore civile di Catanzaro, non corroborata da alcun
riscontro oggettivo.
Travisamento del fatto. Anche i dati relativi alla
misurazione delle distanze sono contraddittori.
Perplessità e difetto di motivazione, relativamente alla
parte della sentenza in cui l'opera è qualificata come costruzione.
Gli appellanti hanno, in seguito, notificato un motivo
aggiunto, sostenendo che la sentenza è errata nella parte in cui sostiene che,
secondo gli elaborati progettuali, il muro disterebbe metri 2,10 dal confine e
metri 5,10 dal fabbricato del ricorrente.
Gli appellanti concludono chiedendo, in riforma della
sentenza di cui all’epigrafe, il rigetto del ricorso di primo grado.
Resiste all’appello il signor Bruno Guido, che contesta la
fondatezza delle tesi avversarie e conclude per il rigetto dell’appello.
Con decisione 1 luglio 2003, n. 7109, questa sezione ha
ordinato alla Regione Calabria di procedere ad una verificazione tecnica per
accertare gli elementi di fatto sui quali si fonda la qualificazione giuridica
delle opere consentite la concessione edilizia impugnata.
DIRITTO
L’appello proposto dai sig.ri Francesco Mazza e Giuseppina
Sacco, per la riforma della sentenza con la quale il Tar della Calabria ha
annullato la concessione edilizia n. 16 del 1994, loro rilasciata dal Comune di
San Pietro Apostolo, è infondato.
Il punto centrale sul quale ruota la controversia è la qualificazione
giuridica dei lavori oggetto della concessione edilizia in questione. Secondo
gli appellanti ed, ovviamente, l'amministrazione comunale che ha adottato il
provvedimento partendo da questo presupposto, l'opera autorizzata (muri di
sostegno) "assolve esclusivamente alla specifica funzione di contenimento
della montagna che sovrasta la casa degli appellanti" per cui "non
può considerarsi costruzione agli effetti delle norme sulle distanze".
Secondo il ricorrente in primo grado, la cui tesi è stata
accolta dal Tar, è esatto il contrario, in quanto a suo parere "i muri di
cemento armato realizzati degli appellanti sono finalizzati non già al
contenimento del naturale declivio del terreno, ma a sostenere un'opera
artificiale (terrapieno) e pertanto non potevano essere assentiti in violazione
delle distanze legali dal confine con la proprietà del deducente."
La verificazione tecnica, disposta dalla sezione con
decisione 1 luglio 2003, n. 7109, ed effettuata dall'architetto Andrea Iovene,
del dipartimento urbanistica della Regione Calabria, ha chiarito tale aspetto
della vicenda. Infatti, la relazione tecnica, trasmessa con nota del 29 gennaio
2004, dopo aver effettuato una precisa ricostruzione dell'esatto stato dei
luoghi ed avere verificato i dati progettuali di cui alla concessione edilizia
questione, ha esposto gli elementi su cui fondare il giudizio tecnico circa la
natura delle opere, in relazione alla funzione assegnata ai muri di cemento
armato a monte dei fabbricati esistenti, ed è pervenuta alla conclusione che:
"i muri, pur finalizzati al contenimento del terreno, avrebbero potuto
essere realizzati anche diversamente (con minori altezze ed impatto) se si
fosse perseguito esclusivamente l'obiettivo di salvaguardare il fabbricato da
eventuali possibili rilasci di materiale dal terreno a monte e non ha anche di
utilizzare più agevolmente lo stesso."
Tale conclusione, che di certo non è smentita dai
tentativi della difesa degli appellanti di confutarne le basi tecniche su cui è
fondata, se per un verso pone in luce come i lavori abbiano adempiuto ad
un'esigenza di contenimento del terreno, per altro verso chiarisce come
l'intento è andato ben oltre giungendo fino ad assolvere una funzione diversa,
cioè quelle di modificare l'assetto fisico naturale del terreno al fine di una
sua migliore utilizzazione. Tanto basta per poter affermare che si tratta di
una nuova costruzione soggetta alle regole urbanistiche concernenti la distanza
fra costruzioni. A tal riguardo si richiama l'indirizzo di questa sezione che
ha avuto modo di osservare come "ai fini dell'osservanza delle norme sulle
distanze dal confine, il terrapieno ed il muro di contenimento che hanno
prodotto un dislivello oppure hanno aumentato quello già esistente per natura
dei luoghi costituiscono costruzioni." Consiglio di Stato, sezione quinta,
28 giugno 2000, n. 3637).
L'appello pertanto va respinto. Le spese seguono
soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
quinta, respinge l'appello.
Condanna gli appellanti al pagamento delle spese di lite,
che liquida in complessivi € 5.000, di cui € 2.500 a titolo di onorari
sostenuti dalla controparte e € 2.500 a titolo di compenso e spese per la
verificazione tecnica effettuata dall'architetto Andrea Iovene.
Ordina che la presente decisione sia eseguita all'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17
dicembre 2004, con l’intervento dei signori:
Agostino Elefante Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aldo Fera Consigliere estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Aldo Fera
f.to Agostino Elefante
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 12 aprile 2005.
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