ESCLUSIONE DALLA GARA DELLE IMPRESE CHE HANNO COMMESSO GRAVI ERRORI
REQUISITI SOA: VERIFICA TRIENNALE
Determinazione n
Determinazione n. 8/2004
del 12 maggio 2004
“Esclusione dalle gare nel caso di sussistenza di pronunce in ordine a errori
gravi commessi nell’esecuzione di lavori”
IL CONSIGLIO
Considerato in diritto
L’art. 75, comma 1, del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e successive
modificazioni nel fornire un’elencazione delle clausole di esclusione dalle
gare, prevede alla lettera f) che “sono esclusi dalla partecipazione alle
procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono
stipulare i relativi contratti i soggetti……che hanno commesso grave negligenza
o malafede nell’esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che
bandisce la gara”.
Nella fattispecie di cui trattasi vanno ricompresi i casi di risoluzione del
contratto d’appalto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo
di cui all’articolo 119 del d.P.R. n. 554/1999 e s.m. E’ evidente che in tali
evenienze, come precisato anche da recente giurisprudenza (Consiglio di Stato,
Sez. V, 8 marzo 2004 n. 2317), la valutazione della grave inadempienza cui
collegare l’esclusione, non presuppone il necessario accertamento in sede
giurisdizionale del comportamento di grave negligenza o malafede tenuto nel
corso del precedente rapporto contrattuale intercorso con la stazione
appaltante, essendo sufficiente la valutazione che la stessa stazione
appaltante abbia fatto, in sede amministrativa, del comportamento tenuto in
altri e precedenti rapporti contrattuali dal soggetto che chiede di partecipare
alla nuova procedura di affidamento.
Infatti, l’intervenuta risoluzione del rapporto contrattuale per il fatto del
soggetto affidatario è di per sé sufficiente a incidere negativamente sul
rapporto fiduciario che deve instaurasi con la stazione appaltante, alla cui
salvaguardia è posta la causa di esclusione di cui all’art. 75, comma 1, lett.
f), d.P.R. n. 554/1999 e s.m.
La valutazione di esclusione deve comunque essere sempre motivata, essendo
connessa a nozioni ampie e generiche quali quelle di grave negligenza e
malafede, che richiedono una adeguata motivazione in punto di fatto e di
diritto, contrariamente alle ipotesi di cui alle lettere a), b), g), h) dello
stesso articolo 75, in cui può essere sufficiente una motivazione de relato.
Si conferma, pertanto, quanto in precedenza affermato al punto f) della
determinazione del 15 luglio 2003, n. 13, circa la natura discrezionale della
valutazione e l’obbligo di motivazione cui è tenuta la stazione appaltante che
escluda un’impresa, ritenendo integrata la causa preclusiva di cui alla lettera
f) dell’articolo 75 del d.P.R. 554/1999 e s.m. Ad esempio, nel caso di impresa
partecipante ad una procedura concorsuale indetta da stazione appaltante che
precedentemente avevas risolto un contratto di appalto in danno della stessa
impresa, non può essere determinata la sua automatica esclusione dalla gara. Al
riguardo la natura discrezionale della suddetta valutazione comporta di tenere
conto, tra i diversi elementi, il tempo trascorso dall’atto di rescissione e le
eventuali recidive rilevate da altre stazioni appaltanti. Discrezionalità,
peraltro, molto limitata o nulla, nel caso che il pregresso contegno
contrattuale dell’impresa sia di per sé solo sufficiente ad incidere
negativamente sul rapporto fiduciario. Per contro, in caso di ammissione di
impresa responsabile di grave negligenza o malafede nel corso di pregresso
rapporto contrattuale intercorso con la stazione appaltante, viè ancora
l’obbligo di motivazione ove la stazione appaltante ritenga di instaurare
ugualmente con il soggetto un nuovo rapporto contrattuale (Consiglio di Stato,
Sez. V, 8 marzo 2004 n. 2317).
I presupposti che danno luogo al verificarsi della risoluzione contrattuale di
cui all’art. 119 del d.P.R. 554/1999 e s.m., sono indicati a contrario sia
dall’art. 17 lettera i) del d.P.R. 21 gennaio 2000, n. 34, e successive
modificazioni relativamente ai requisiti d’ordine generale necessari per
ottenere la qualificazione, sia dall’art. 27 comma 2, lettera p), del medesimo
d.P.R. n. 34/2000 e s.m. come elementi di cui deve essere presa nota nel
Casellario Informatico dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici. In
particolare quest’ultima norma si riferisce ad eventuali episodi di negligenza
grave nell’esecuzione di lavori pubblici ovvero a gravi inadempienze
contrattuali.
Il Casellario Informatico, pertanto, contiene una serie di informazioni sui
soggetti che si propongono come affidatari di lavori pubblici, che se integrate
tra loro possono dare luogo ad un profilo complessivo sulla loro affidabilità
tecnico-professionale oltre che morale, che si rende disponibile alle Stazioni
appaltanti.
Tali disposizioni tuttavia, pur ampliando le informazioni poste a disposizione
delle stazioni appaltanti, non modificano la portata della disposizione di cui
all’art. 75, che, potendo essere considerata una norma a tutela dell’ordine
pubblico, elenca in un numerus clausus le ipotesi in cui l’esclusione discende
direttamente dalla previsione normativa e deve, quindi, essere accertata
soltanto in concreto da parte della stazione appaltante nel verificarsi dei
suoi presupposti.
Relativamente alla grave negligenza/gravi inadempienze, pertanto, l’esclusione
discendente dalla norma riguarda soltanto le stazioni appaltanti con cui il
soggetto partecipante all’affidamento ha già intessuto rapporti contrattuali,
essendo sul punto chiara l’espressione utilizzata dal legislatore (lavori
affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara).
Ciò si rivela riduttivo rispetto alle previsioni della normativa comunitaria
(articolo 24, primo comma, lett. d), della direttiva 93/37/CEE del Consiglio
del 14 giugno 1993), che considera rilevante, per l’esclusione da una gara, il
grave errore professionale commesso dall’appaltatore nel corso dei lavori
eseguiti per conto di una qualsiasi stazione appaltante; così come riduttivo è
riguardo al disposto di cui all’art. 17, comma 1, lett. i), del d.P.R. 34/2000
e s.m. , per il quale l’errore grave nell’esecuzione dei lavori pubblici,
dovunque e comunque commesso, è situazione che impedisce il conseguimento della
qualificazione. Per potere individuare e valutare detta situazione, in caso di
omessa dichiarazione da parte dei soggetti che intendono qualificarsi o che
chiedono il rinnovo dell’attestazione, la SOA si avvale dei dati inseriti nel
casellario di cui all’art. 27 del d.P.R. n. 34/2000 e s.m., tra cui sono
compresi i fatti implicanti grave negligenza e grave inadempimento
nell’esecuzione dei contratti di appalto, non esclusi quelli riferiti ad
imprese non ancora qualificate, che l’Osservatorio per i lavori pubblici
iscrive a seguito delle comunicazioni delle stazioni appaltanti.
Nella tabella seguente, di confronto delle tre disposizioni ora citate, si
evidenziano le differenti formulazioni e la circostanza che, per questa
fattispecie preclusiva, la norma della Direttiva, pur comportando una facoltà e
non un obbligo, appare di portata più ampia rispetto a quella del Regolamento
generale.
La
tabella che segue la trovi scaricandola dal link in alto a destra (formato
Word).
In passato, l’appaltatore che si fosse reso colpevole di malafede o di
negligenza, nel corso dell’esecuzione di un lavoro pubblico, veniva escluso
dalla partecipazione a tutte le gare successive indette da qualunque stazione
appaltante (la cosiddetta esclusione permanente: art. 3 del r.d. 18 novembre
1923, n. 2240 “Sono escluse dal fare offerte per tutti i contratti le
persone o ditte che nell'eseguire altra impresa si siano rese colpevoli di
negligenza o malafede. L'esclusione è dichiarata con atto insindacabile della
competente amministrazione centrale, la quale ne dà comunicazione alle altre
amministrazioni” e art. 68, 1° comma, del r.d. 23 maggio 1924, n. 827 – “Sono
escluse dal fare offerte per tutti i contratti le persone o ditte che
nell'eseguire altra impresa si siano rese colpevoli di negligenza o malafede.
L’esclusione é dichiarata con atto insindacabile della competente
amministrazione centrale da comunicarsi al ministero delle finanze (ragioneria
generale), a cura del quale ne viene data notizia alle altre amministrazioni.
Analogamente si provvede per le eventuali riammissioni.”)
Successivamente, dopo l’istituzione presso il Ministero dei LL.PP.
dell’Albo Nazionale dei Costruttori, la legge 10 febbraio 1962, n. 57, nel
disciplinare completamente la materia, ha di fatto abrogato la norma di cui al
comma 1 dell’art. 68, con riferimento al settore dei lavori pubblici, avendo
previsto nell’art. 20 i casi in cui veniva sospesa l’efficacia dell’iscrizione
nell’albo e nell’art. 21 quelli di cancellazione dall’Albo stesso. Tuttavia,
l’art. 3, comma 3, della citata legge confermava che l’iscrizione nell’albo non
precludeva l’esercizio della facoltà per la stazione appaltante, prevista
dall’art. 68, comma 2, di escludere l’impresa da ogni singola gara nel caso di
sussistenza di fatti ostativi alla partecipazione alle pubbliche gare.
In seguito, in relazione a quanto previsto dall’art. 8, comma 7, della legge 11
febbraio 1994, n. 109 e s.m., sono state abrogate le norme esistenti in materia
di sospensione e cancellazione dall’albo, e sono state totalmente recepite le
cause di esclusione dettate dall’articolo 24, primo comma, lett. d), della
direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, con efficacia sia per gli
appalti sopra che sotto soglia.
Relativamente all’art. 68, comma 2, del R.D. n. 827/1924, tuttora vigente, è
dubbia la sua applicabilità al sistema dei lavori pubblici posto che qui, come
precisato anche da questa Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici nella
determinazione del 2 ottobre 2002, n. 24, si applica un sistema normativo
organico costituito dalla legge n. 109/1994 e s.m. e dal d.P.R. n. 554/1999 e
s.m. e che la giurisprudenza sembra orientata nel senso di escludere qualsiasi
operazione di estensione analogica dell’art. 68 (Tar Lazio sez. I bis, 27 marzo
2004 n. 2908).
Da ultimo, il d.P.R. 30 agosto 2000, n. 412 ha colmato la lacuna esistente nel
d.P.R. n. 554/99 e s.m. per la mancata registrazione da parte della Corte dei
Conti, delle norme di recepimento delle cause di esclusione dalle gare nei
servizi attinenti alla architettura ed all’ingegneria e negli appalti e
concessioni di lavori pubblici, queste ultime previste dall’articolo 24, primo
comma, della direttiva 93/37/CEE.
Nelle premesse del d.P.R. n. 412/2000, nel motivare la necessità di un
Regolamento recante disposizioni integrative del d.P.R. n. 554/99, veniva
precisato che l’art. 8, comma 7, attraverso l’applicazione diretta della
disciplina comunitaria, aveva potuto “… momentaneamente supplire, in attesa di
una più approfondita valutazione del portato della pronuncia dell’organo di
controllo”.
In tale ambito, l’art. 75, comma 1, lett. f), del d.P.R. n. 554/99 e s.m., ha
recepito parzialmente la disposizione comunitaria recata dall’articolo 24,
primo comma, lett. d), della direttiva 93/37/CEE, ai sensi del quale “può
essere escluso” dalle gare l’imprenditore che in materia professionale “abbia
commesso un errore grave accertato mediante qualsiasi mezzo di prova addotto
dall'amministrazione aggiudicatrice”, specificando che la predetta causa di
esclusione vada riferita alla “grave negligenza o malafede nell'esecuzione di
lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara”.
In merito, tuttavia, preme evidenziare che per “stazione appaltante che
bandisce la gara”, deve intendersi non solo la singola amministrazione
interessata dalla specifica procedura selettiva, ma l’intera struttura della
stessa, seppur divisa in articolazioni territoriali. Deve, infatti,
considerarsi che affinché un ente possa operare con titolo di stazione
appaltante occorre che questo sia in possesso di capacità giuridica (come
peraltro attribuito ex art. 11 del codice civile) e di capacità d’agire,
quest’ultima intesa come attitudine all’imputazione di fattispecie. In forza di
tale istituto, il soggetto pubblico esprime la sua volontà e compie atti
attraverso i propri organi che imputano tale attività al soggetto. E detti
organi vanno individuati per l’appunto anche nelle strutture periferiche in cui
si articola l’ente, pervenendo quindi ad un concetto sempre più unitario di stazione
appaltante, identificando in essa quei soggetti dotati di autonoma personalità
giuridica la cui eventuale articolazione territoriale non influisce sulla
originaria unitarietà.
Invero, relativamente ad alcune Amministrazioni dello Stato, come il Ministero
per i Beni e le Attività culturali, e ad alcuni enti, come l’ANAS S.p.A., che
risultano suddivisi in strutture centrali ed organi o uffici periferici,
l’utilizzo del termine “stazione appaltante che bandisce la gara” in luogo di
“amministrazione aggiudicatrice” potrebbe indurre a ritenere che la norma sia
diretta alla singola unità organizzativa che gestisce direttamente il
procedimento di gara.
Al riguardo tuttavia occorre rilevare che il legislatore ha provveduto a
fornire una definizione di “stazione appaltante” all’art. 2, comma 1, lett. a),
del d.P.R. 554/99 e s.m., che appare dirimente della questione di cui trattasi.
Detta disposizione infatti opera un rinvio diretto ed automatico a tutti
soggetti di cui all’art. 2, comma 2, della legge 109/94 e s.m., tra i quali
sono ricomprese le amministrazioni aggiudicatici di cui alla lettera a) della
medesima norma, stante la previsione contenuta all’art. 2, comma 7, lettera c),
della legge stessa. Pertanto, l’apparente diversità di formulazione utilizzata
dal legislatore non comporta alcuna differenza di carattere sostanziale
nell’identificazione del soggetto cui riferire il dettato normativo, che va
pertanto considerato nella sua complessiva costituzione.
Da quanto sopra, deriva che la causa di esclusione di cui all’art. 75, comma 1,
lett. f), del d.P.R. n. 554/99 e s.m., deve essere riferita a casi di
inadempimento dell’impresa in pregressi rapporti contrattuali anche con le
eventuali articolazioni territoriali della medesima stazione appaltante, intesa
nel suo complesso.
La considerazione che il regolamento di cui trattasi abbia recepito
parzialmente le previsioni recate dalla direttiva comunitaria, potrebbe portare
alla conseguenza che la grave negligenza/malafede, posta in essere in pregressi
contratti di appalto con altre stazioni appaltanti, si riveli di nessuna
utilità e rilievo pratico da parte di altri operatori del mondo degli appalti
pubblici rispetto a quelli che la hanno direttamente accertata.
Poiché, tuttavia, i comportamenti contemplati nel suddetto art. 75, comma 1,
lett. f), del d.P.R. n. 554/1999 e s.m. sono potenzialmente in grado di
rilevare gravi situazioni di devianza e di anomalia nella fase di esecuzione di
lavori pubblici, si pone la questione se, dinanzi a fatti reiterati e particolarmente
seri, dovuti a grave negligenza o malafede nel corso di distinti lavori
denunciati da uno o più committenti pubblici e conosciuti attraverso la
consultazione del Casellario Informatico dell’Autorità, gli stessi possano
rivestire particolare rilievo per “tutte” le stazioni appaltanti – anche
diverse da quelle che abbiano avuto precedenti rapporti contrattuali con il
concorrente oggetto di più annotazioni nel casellario informatico.
Tali reiterati episodi, il cui effetto sia stato o il ritardo nell’esecuzione
dei lavori o l’errore nell’esecuzione degli stessi – da intendersi quale
mancata corrispondenza dell’opera eseguita alle previsioni progettuali ovvero
quale realizzazione non a perfetta regola d’arte – o la malafede commessa
nell’esecuzione – intesa quale comportamento malizioso posto in essere
dall’appaltatore al fine di pregiudicare il diritto della stazione appaltante –
costituiscono indice di inaffidabilità professionale e, come tali, potrebbero
comportare l’esclusione dalle gare anche da parte di stazioni appaltanti che
non abbiano avuto precedenti rapporti contrattuali con il soggetto responsabile
di siffatti comportamenti.
Ciò, ovviamente,......