ESERCIZIO DI FATTO DI FUNZIONI PUBBLICHE
SCHEDARI CONSOLARI E DATI AIRE
REPUBBLICA ITALIANA
REPUBBLICA ITALIANA N.53\3/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 9487 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 1999
ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9487/1999,
proposto da SILVAGNI ROSINA, DE FELICE ARTURO e DE FELICE ANGELA LILLI, quali
eredi di DE FELICE GUALTIERO rappresentati e difesi dall’avv. Salvatore
Virgilio Conte con domicilio eletto in Roma via Alessandro Severo, n 73 presso
l’avv. Mario Salerni
contro
l’AZIENDA SANITARIA LOCALE n. 6 DI
LAMEZIA TERME rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Magnavita con domicilio
eletto in Roma Piazza Adele Zoagli Mamele, 9 presso studio legale avv.
Bevilacqua;
per la riforma
della sentenza del TAR CALABRIA,
CATANZARO, n. 806/1998, del 25 settembre 1998, resa tra le parti;
Visto l’atto di
appello con i relativi allegati;
Vista la memoria
di costituzione in giudizio dell’ASL n. 6 di Lamezia Terme;
Visti gli atti
tutti della causa;
Alla
pubblica udienza dell’8 marzo 2005, relatore il Consigliere Nicola Russo ed
udito, altresì, l’avv. S. Conte;
Ritenuto in fatto e considerato in
diritto quanto segue.
F A T T O
Il dott. Gualtiero De Felice,
ufficiale sanitario per i comuni di Nocera Terinese e San Mango d’Aquino, nel
distretto territoriale della Unità sanitaria locale n. 17 della Calabria (cui è
succeduta l’Azienda sanitaria locale n. 6 di Lamezia Terme), veniva collocato a
riposo dall’1 maggio 1987.
Con istanza del 10 febbraio 1992,
reiterata il 18 aprile successivo, il dott. De Felice, assumendo di aver svolto
le mansioni di ufficiale sanitario anche dopo il collocamento a riposo,
chiedeva all’Amministrazione di appartenenza un certificato di servizio.
Perdurando il silenzio
dell’Amministrazione sulla sua domanda oltre trenta giorni dalla ultima
notifica, il dott. De Felice promuoveva ricorso dinanzi al TAR Calabria, sede
di Catanzaro, con il quale chiedeva che venisse dichiarata l’illegittimità del
silenzio e fossero riconosciute a fini economici le mansioni espletate.
Instauratosi il contraddittorio,
l’A.S.L. n. 6 di Lamezia Terme si costituiva in giudizio deducendo
l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Con sentenza interlocutoria 13
novembre 1995, n. 982, il Tribunale ordinava incombenti.
Con sentenza n. 806 del 25
settembre 1998 il TAR adito accoglieva il ricorso nei limiti della declaratoria
di illegittimità del silenzio dell’Amministrazione sanitaria sulle istanze del
dott. De Felice, mentre lo respingeva, ritenendo infondate le pretese
economiche in ordine alle prestazioni di servizio svolte successivamente all’1
maggio 1987, data del suo collocamento a riposo, compensando le spese di
giudizio tra le parti.
Tale sentenza, non notificata, è
stata impugnata dagli eredi del De Felice, indicati in epigrafe, con atto di
appello notificato il 16 ottobre 1999 e depositato il 10 novembre successivo.
Resiste all’appello l’ASL n. 6 di
Lamezia Terme.
Alla pubblica udienza dell’8 marzo
2005 la causa è stata assunta in decisione.
D
I R I T T O
L’appello è infondato.
Come si è visto nella parte
narrativa del fatto il giudice di prime cure ha riconosciuto l’infondatezza
delle pretese economiche del dott. De Felice, considerando che nessun rapporto
d’impiego potrebbe sorgere o evolversi sulla base delle sole prestazioni di
servizio, ma in assenza di volontà dell’ente.
Gli appellanti, eredi del dott. De
Felice, invece, contestano tali conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici,
affermando che non vi sarebbe dubbio che il rapporto intercorso con l’ASL fosse
da qualificarsi come rapporto lavorativo di pubblico impiego.
L’appellata ASL, dal canto suo, afferma che un rapporto di
pubblico impiego vi è stato, ma fino alla data del collocamento a riposo del De
Felice, ma non dopo quel momento.
Ora, osserva la Sezione che, com’è
noto, la prevalente giurisprudenza ha senz’altro abbandonato il principio,
sostenuto in passato, della inderogabile esigenza della adozione di un formale
provvedimento amministrativo di nomina ai fini della costituzione del rapporto
di lavoro e, a tal fine, attribuisce rilievo ad alcuni indici sostanziali che
si considerano rivelatori di un vero e proprio rapporto di impiego: la natura
pubblica dell’ente datore di lavoro, la diretta correlazione dell’attività
lavorativa prestata con i fini istituzionali perseguiti, l’effettivo
inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’ente, la predeterminazione
del corrispettivo e dell’orario di lavoro, il carattere subordinato della
prestazione, effettuata con continuità, professionalità e prevalenza se non esclusività.
Vi è, dunque, una vera e propria
svalutazione degli elementi formali e dell’atto di nomina e una rivalutazione
degli indici sostanziali. A tal fine l’azione davanti al giudice amministrativo
in ordine alla sussistenza di un rapporto di lavoro con l’ente pubblico non ha
più carattere impugnatorio, bensì di mero accertamento.
Va, tuttavia, osservato che la
normativa in materia di pubblico impiego dispone generalmente l’osservanza di
precise norme per quanto riguarda le procedure di assunzione del personale. In
presenza, pertanto, di una disciplina, attualmente riscontrabile sia per i
dipendenti degli enti locali e delle Regioni che dello Stato, che sanziona
espressamente con la nullità la violazione delle procedure previste, il
rapporto di lavoro eventualmente instaurato è radicalmente nullo, con
possibilità per il giudice di rilevarlo d’ufficio e gli indici rivelatori di un
rapporto subordinato consentono soltanto di configurare un rapporto di lavoro
di fatto con le conseguenze di cui all’art. 2126 del codice civile, per cui il
lavoratore può far valere crediti retributivi, nonché i diritti relativi la
versamento dei contributi assicurativi, limitatamente al periodo in cui il
rapporto ha avuto esecuzione (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 29 febbraio 1992,
nn. 1 e 2; Cons. Stato, Ad. Plen., 5 marzo 1992, n. 5; Cons. Stato, sez. V, 22
gennaio 1993, n. 132; Cons. Stato, sez. V, 1 febbraio 1995, n. 157; Cons.
Stato, sez. V, 16 maggio 1995, n. 787; Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 1995, n.
920). Tale orientamento si applica sia per quanto riguarda il rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, sia per quanto riguarda il rapporto temporaneo.
Tuttavia, quando, come nella
specie, il rapporto di lavoro, nullo per violazione di norme imperative, è
sorto su iniziativa del soggetto privato (es. attività di volontariato o libero
professionale) non è produttivo di effetti neppure ai fini della retribuzione
(cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 agosto 1997, n. 1224).
Naturalmente, nei rapporti
privatizzati, in cui il rapporto non si costituisce più con il provvedimento
amministrativo (l’atto di nomina), ma sulla base del contratto di lavoro ai
sensi dell’art. 36 del D.lgs. n. 29/1993, occorre l’accettazione da parte del
dipendente della proposta di assunzione inviata dall’amministrazione (cfr.
Corte Cost., 16 ottobre 1997, n. 309).
Nella specie, come correttamente
rilevato dai primi giudici, risulta dagli atti depositati dalle parti, che il
dott. De Felice ha esercitato abusivamente dopo il suo collocamento a riposo le
funzioni di ufficiale sanitario nei comuni di Nocera Terinese e San Mango
d’Aquino, appartenenti al distretto territoriale della U.S.L. n. 17 (ora A.S.L.
n. 6), almeno fino al 1995......