ICI: EDIFICI SU AREE DEMANIALI IN CONCESSIONE
LA PROTEZIONE CIVILE PRENDE LE DISTANZE DAL "PACCHETTO SICUREZZA"
Corte di cassazione - Sezioni Unite civili - Sentenza 13 gennaio-16
febbraio 2009 n
Corte di cassazione - Sezioni Unite civili - Sentenza 13
gennaio-16 febbraio 2009 n. 3692 Presidente Carbone - Relatore D'Alessandro
Ici - Concessione
di area demaniale - Diritto reale a edificare e mantenere i manufatti sull'area
oggetto di concessione - Proprietà superficiario - Obbligo di corrispondere il
tributo ai sensi dell'articolo 3 Dlgs n. 504 del 1992
Svolgimento del processo
Il Comune di S. Benedetto del Tronto propone ricorso per cassazione, in base ad
un solo motivo, illustrato da successiva memoria, contro quattro distinte
sentenze della Commissione tributaria regionale delle Marche che, rigettando
gli appelli del Comune contro le sentenze di primo grado, hanno confermato
l'accoglimento dei ricorsi proposti dalla contribuente contro avvisi di
accertamento ICI relativi agli anni 1995, 1996, 1997 e 1998, quanto ad uno
stabilimento balneare sovrastante un tratto di arenile oggetto di concessione
demaniale.
Il giudice tributario ritiene che la soggettività passiva ICI sia stata estesa
al concessionario delle aree demaniali solo per effetto della Legge n. 388 del
2000, articolo 18, modificativo del Decreto Legislativo n. 504 del 1992,
articolo 3, e che la norma suddetta abbia quindi carattere innovativo ed
effetto perciò non retroattivo. Quanto ai periodi di imposta anteriori, oggetto
degli accertamenti, non ritiene che il Comune abbia offerto prova adeguata del
fatto che i manufatti siano stati realizzati dalla contribuente.
L'intimata non si è costituita.
Con ordinanza del 28/3/08 la sezione tributaria della Corte di Cassazione,
rilevando l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza, ha rimesso a queste
Sezioni Unite la questione riguardante l'ammissibilità del ricorso proposto
contro una pluralità di sentenze.
Motivi della decisione
1. Va preliminarmente affrontata la questione riguardante
l'ammissibilità dell'unico ricorso proposto contro una pluralità di sentenze,
avendo il Comune di S. Benedetto del Tronto impugnato quattro sentenze
identiche, emesse dallo stesso giudice, nei confronti del medesimo contribuente
ed ente impositore, in relazione a diverse annualità di ICI.
Come si ricorda nell'ordinanza che ha rimesso la questione alle Sezioni Unite,
può aversi per pacifico nella giurisprudenza della Corte un generale principio
di inammissibilità dell'impugnazione cumulativa (cfr., in questo senso, Cass.
n. 2324/1964; S.U. n. 1616/1975; S.U. n. 5215/1979; n. 312/1993; n. 5472/1994;
n. 6626/1995; n. 805/1997; S.U. n. 12562/1998; n. 693/2001; n. 69/2002; n.
13831/2002; n. 17835 del 2004 e n. 19950 del 2005), principio che, secondo la
stessa giurisprudenza, incontra tuttavia numerose eccezioni, talune delle quali
possono ritenersi pacifiche - sentenza non definitiva oggetto di riserva di
impugnazione e successiva sentenza definitiva; sentenza revocanda e quella
conclusiva del giudizio di revocazione; sentenza di rinvio e quella di rigetto
della istanza di revocazione, allorché le due impugnazioni siano rivolte contro
capi identici o almeno connessi delle due pronunzie; sentenze di grado diverso
pronunciate nella medesima causa, che investano l'una il merito e l'altra una
questione pregiudiziale (v. Cass. n. 5472/1994; n. 805/1997; n. 693/2001; n.
69/2002; n. 13831/2002) - mentre altre, e segnatamente quella, ricorrente nella
specie, relativa all'ipotesi di sentenze diverse emesse tra le stesse parti e
sulla base della medesima ratio ma in procedimenti formalmente distinti (come
di massima accade, in materia tributaria, in relazione a procedimenti relativi
ad accertamenti per anni di imposta diversi basati sul medesimo processo
verbale di constatazione o comunque sulle medesime ragioni), sono controverse,
essendo la possibilità di ricorso cumulativo, in questo caso, talvolta
riconosciuta (Cass. 7191/04, 309/06) e talaltra negata (Cass. 1542/07,
10134/07).
L'indirizzo contrario all'ammissibilità, nel caso di specie, del ricorso
cumulativo sembra in definitiva far leva, essenzialmente, sulla considerazione
che - diversamente da quanto accade nelle altre ipotesi di ricorso cumulativo
già pacificamente ammesse dalla giurisprudenza di legittimità e sopra ricordate
- difetterebbe il presupposto rappresentato dalla identità delle questioni
trattate, in conseguenza della diversità di oggetto dei procedimenti (in questo
senso, in particolare, Cass. 1542/07, riguardo a procedimenti tributari
relativi, come nella fattispecie in esame, a diverse annualità della medesima
imposta).
L'argomento non è tuttavia decisivo. In aggiunta alle ragioni di economia
processuale che sorreggono la (pacifica) ammissibilità del ricorso uno actu
avverso più sentenze emesse nel medesimo procedimento, va osservato che - nel
caso rimesso all'esame di queste Sezioni Unite - i diversi procedimenti non solo
attengono al medesimo rapporto giuridico di imposta, pur riguardando situazioni
giuridiche formalmente distinte in quanto si riferiscono a diverse annualità,
ma soprattutto dipendono per intero dalla soluzione (che è uguale in tutte le
sentenze) di una identica questione di diritto comune a tutte le cause ed in
ipotesi suscettibile - secondo la stessa giurisprudenza di legittimità (SS.UU.
13916/06) - di dare vita ad un giudicato rilevabile d'ufficio in tutte le cause
relative al medesimo rapporto di imposta.
Il ricorso è pertanto ammissibile, fermi restando gli eventuali obblighi
tributari del ricorrente, in relazione al numero di sentenze impugnato.
2. Nel merito, con l'unico motivo il Comune - lamentando la
violazione del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articoli 1 e 3,
dell'articolo 978 c.c. e segg. e articolo 2697 cod. civ., unitamente al vizio
di motivazione - censura le sentenze impugnate per avere escluso che il
concessionario di beni demaniali fosse soggetto passivo ICI anche prima
dell'entrata in vigore della Legge n. 388 del 2000, articolo 18. Assume al
contrario il ricorrente che la posizione del concessionario fosse assimilabile
a quella del titolare di un diritto reale di godimento e che pertanto il
concessionario stesso fosse assoggettato ad ICI anche sulla base
dell'originario tenore del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 3.
Sotto altro aspetto la sentenza del giudice tributario sarebbe carente dal
punto di vista motivazionale ove ha escluso che la documentazione prodotta dal
comune fosse idonea a dimostrare la titolarità, in capo alla concessionaria, di
un diritto di proprietà superficiaria sui beni tassati, ritenendo non provato
che le opere edili siano state eseguite dalla contribuente.
2.1. Il mezzo è fondato, nei termini di seguito precisati.
La Legge n. 388 del 2000, articolo 18, cui fondatamente il giudice tributario
riconosce efficacia non retroattiva, modificando il Decreto Legislativo n. 504
del 1992, articolo 3, comma 2, ha esteso la soggettività passiva dell'imposta
ai concessionari di aree demaniali.
La fattispecie considerata dalla norma riguarda tuttavia - come è reso palese
dal tenore letterale della disposizione - il mero concessionario di area
demaniale, precedentemente di certo non soggetto all'imposta, ma non il proprietario
di un immobile costruito, in forza di concessione, su un'area demaniale, che
invece - secondo la giurisprudenza di questa Corte - doveva ritenersi già
soggetto ad ICI.
Come si sottolinea infatti con chiarezza, da ultimo, nelle sentenze 22757/04 e
8637/05, il provvedimento amministrativo di concessione ad aedificandum su
un'area demaniale può in astratto dare luogo sia ad un diritto di natura reale,
riconducibile alla proprietà superficiaria (cfr. Cass. 1718/07 e 21054/07,
proprio con riferimento all'ipotesi di stabilimento balneare), sia ad un
diritto di natura personale, che possa essere fatto valere nei confronti del
solo concedente, gravando sulla parte che invoca tale seconda configurazione
giuridica l'onere di dedurre chiari indici rilevatori (Cass. 4402/98, 7300/01,
9938/08), tra i quali rilievo decisivo deve essere attribuito alla destinazione
dell'opera costruita dal concessionario al momento della cessazione del
rapporto, «dato che è evidente che, se essa torna nella disponibilità del concedente,
ci troviamo in presenza di un rapporto obbligatorio» (così Cass. 22757/04).
Premesso che il relativo accertamento, integrando una questione di fatto, va
rimesso al giudice del merito, deve sottolinearsi che, nel caso di proprietà
superficiaria, l'assoggettamento dell'immobile all'ICI deriva dal testo
originario del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 3 (v. Cass.
7273/99) e non dalla modifica apportatavi dal Decreto Legislativo n. 446 del
1997, articolo 58, comma 1, che ha espressamente ricompreso tra i soggetti
passivi il titolare del diritto di superficie, essendo pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte il carattere meramente interpretativo della
norma del 1997 (Cass. 242/04, 17730/06 e altre).
2.2. Vero è che il giudice tributario ha ritenuto che il
Comune non abbia offerto prova adeguata del fatto che i manufatti di cui si
tratta siano stati costruiti dalla contribuente, il che escluderebbe in radice
la possibilità che sussista il presupposto impositivo. È tuttavia fondata la
censura di motivazione insufficiente che il Comune muove alle sentenze sul
punto, atteso che il giudice tributario si limita ad affermare che la
documentazione all'uopo prodotta dall'ente impositore a seguito dell'ordinanza
10/2/04 (titolo concessorio, certificato storico catastale e altri atti
concessori) non è idonea a soddisfare l'onere probatorio su di esso gravante,
senza tuttavia specificare le ragioni di tale inidoneità.
3. Appare dunque evidente che le sentenze impugnate sono
ispirate ad un erroneo principio di diritto, quanto all'affermazione secondo
cui la contribuente potrebbe ritenersi assoggettata ad ICI solo per effetto
della Legge n. 388 del 2000, articolo 18, mentre - per quanto si è detto sub
2.2. - risultano prive di adeguata motivazione quanto all'accertamento di fatto
relativo al difetto di prova circa la riferibilità alla stessa contribuente
della costruzione del manufatto.
Le sentenze stesse vanno pertanto cassate, con rinvio ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale delle Marche.
Il giudice di rinvio dovrà preliminarmente accertare, in punto di fatto, se i
manufatti di cui si tratta siano stati edificati dal concessionario e, in caso
positivo, se il suo diritto abbia, nella specie, natura reale (proprietà
superficiaria) o personale, alla stregua dei criteri indicati sub 2.1.; nel
caso in cui ritenga che abbia natura reale, farà applicazione del seguente
principio di diritto: «con riguardo al concessionario di area demaniale cui il
provvedimento amministrativo attribuisca un diritto reale di edificare e
mantenere manufatti sull'area oggetto di concessione, l'edificazione del
manufatto rende applicabile, ai sensi del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992,
n. 504, articoli 1 e 3 (anche nella formulazione in vigore prima delle modificazioni
introdotte a decorrere dal 1° gennaio 1998 con il Decreto Legislativo 15
dicembre 1997, n. 446, articolo 58), l'ICI a carico del concessionario stesso
in veste di proprietario del manufatto».
Il giudice di rinvio provvederà inoltre riguardo alle spese del presente
giudizio.
P.Q.M.
la Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso, cassa le sentenze impugnate
e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria
regionale delle Marche.
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