IMPOSTE RISCOSSE DAL FISCO IL CUI GETTITO VA AL COMUNE
ADOZIONE STRUMENTO URBANISTICO
Corte di Cassazione - Sezione tributaria civile - Sentenza 16 gennaio-23
febbraio 2007 n
Corte di Cassazione - Sezione tributaria civile -
Sentenza 16 gennaio-23 febbraio 2007 n. 4252
Svolgimento
del processo
1. Con atto di citazione notificato il 2/12/1999 il
comune di Se.To. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Torino,
l'amministrazione finanziaria dello Stato e Ma.Ma.S.p.A.,
1.1. esponendo che:
1.1.1. in occasione del conferimento, in data 29/12/1989, di
un complesso immobiliare sito in territorio comunale di Se.To., da Gi.S.p.A.
(poi Ma.Ma.S.p.A.) a Fi.S.p.A., l'ufficio del registro competente riscosse, e
riversò al predetto comune, la somma di Lire 716.733.800 a titolo di Invim
sulle plusvalenze maturate;
1.1.2. con sentenza n. 16 del 1997, passata in giudicato
perché non impugnata dall'ufficio, la Commissione Tributaria Provinciale di
Torino, adita dalla società conferente che aveva chiesto il rimborso
dell'imposta, asseritamente non dovuta secondo la Direttiva Cee n. 69/335 e
successive modifiche, accolse la domanda e condannò l'ufficio del registro (poi
ufficio delle entrate) a restituire quanto versato dalla contribuente;
1.1.3. l'ufficio, a sua volta, invitò il comune, cui aveva
versato l'ammontare del tributo, a provvedere direttamente al rimborso a favore
dell'avente diritto.
1.2. Tanto premesso, chiese:
1.2.1. che tale pretesa fosse dichiarata ingiusta dal
tribunale e disattesa, perché la sentenza della commissione tributaria
provinciale non faceva stato nei propri confronti ed era, inoltre, errata,
giacché la corte di giustizia delle Comunità Europea, con sentenza 11/12/1997,
n. 42, intervenuta nel corso del termine utile per impugnare la decisione della
commissione tributaria, aveva riconosciuto la legittimità dell'Invim sui
conferimenti societari;
1.2.2. che, in subordine, ed in caso di ritenuta sussistenza
dell'obbligo di esso comune di restituire detto importo con interessi, fosse
condannata l'amministrazione delle finanze - che aveva colpevolmente omesso
d'impugnare la suddetta decisione nonostante l'intervenuto arresto della Corte
europea - ad indennizzarlo del danno determinato dal negligente comportamento
dei suoi funzionari.
2. L'amministrazione delle finanze e Ma.Ma.S.p.A.,
costituendosi in giudizio, eccepirono.
2.1. il difetto di giurisdizione del giudice ordinario,
trattandosi di materia appartenente alla competenza delle commissioni
tributarie;
2.2. la preclusione derivante dal giudicato esterno formatosi
sulla controversia relativa al rimborso dell'Invim;
2.3. il difetto di legittimazione attiva del comune e,
comunque, l'infondatezza delle sue pretese.
3. Con sentenza in data 15/1/2001, il tribunale adito rigettò
la domanda, avendo ritenuto il difetto di legittimazione ad agire del comune,
beneficiario del prelievo fiscale ma non avente la qualità di parte nel
rapporto tributario, e comunque l'infondatezza della pretesa risarcitoria, non
essendo configurabile alcuna responsabilità dell'amministrazione finanziaria,
per asserita inerzia processuale, sia ex contractu (mandato) sia a titolo
extracontrattuale.
4. Tale sentenza fu impugnata dal comune di Se.To. che insistette,
innanzitutto, nel sostenere l'esistenza di un mandato ex lege, inadempiuto
dall'ufficio quanto alla corretta gestione della lite sulla richiesta di
rimborso dell'Invim; per cui chiese, in principalità, il risarcimento in misura
pari alla somma che sarebbe stato costretto a sborsare per effetto della
sentenza tributaria non impugnata; in subordine, il riconoscimento della
responsabilità dell'amministrazione finanziaria per l'operato negligente dei
suoi funzionari, ed il risarcimento del danno, così prodotto ad esso comune per
lesione del diritto (o, comunque, del legittimo interesse) di ottenere quanto
pagato dai contribuenti a titolo di Invim.
5. Con sentenza pubblicata l'1/6/2002, pronunziata in
contraddittorio con l'amministrazione erariale ed in contumacia di
Ma.Ma.S.p.A., la Corte d'Appello di Torino, ritenuta sussistente la
giurisdizione del giudice ordinario, giudicò inammissibile, per genericità, il
motivo di gravame concernente la presunta esistenza di un mandato ex lege fra
Comune e Stato, in ordine all'accertamento ed alla riscossione dell'Invim per
conto e nell'interesse del primo; accolse, invece, il secondo motivo vertente
sulla risarcibilità del danno da lesione d'interesse legittimo, per
responsabilità aquiliana, consistita nella violazione dei doveri di buona
amministrazione, non essendo stata impugnata la decisione pronunziata dalla
commissione provinciale; quantificò quindi il danno «in misura pari all'importo
da rimborsare al contribuente con detrimento del Comune».
5.1. Per l'effetto, e per quanto interessa, la corte torinese,
riformando la sentenza di primo grado, dichiarò «tenuto il Ministero delle
Finanze a risarcire il Comune di Se.To. per tutte le somme, per capitale e
interessi, che il Comune abbia a rifondere alla S.p.A. Ma. in forza della
sentenza della Commissione Tributaria».
6. Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso
l'amministrazione finanziaria dello Stato e l'agenzia delle entrate, con due
motivi.
Resiste, mediante controricorso, il Comune di Se.To., che presenta altresì
ricorso incidentale condizionato con unico motivo, illustrato da memoria, cui
non replicano i ricorrenti principali.
6.1. Ma.Ma.S.p.A., intimata, non svolge difese in questo
giudizio.
7. Con sentenza n. 20885 del 27/9/2006, le sezioni unite di questa
suprema corte, giudicando sulla questione relativa alla giurisdizione,
costituente il primo profilo del primo motivo di ricorso principale, previa
riunione dei ricorsi, principale ed incidentale, ha dichiarato la giurisdizione
del giudice ordinario.
7.1. La causa relativa ai suddetti ricorsi riuniti viene
quindi per la discussione all'udienza odierna di questa sezione, cui è stata
assegnata.
Motivi
della decisione
8. Col primo motivo del ricorso principale, l'amministrazione
finanziaria e l'agenzia delle entrate - denunziando, ai sensi dell'articolo
360, 1° c., nn. 3 e 4, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli
2, Dlvo 31 dicembre 1992, n. 546; 2043 e 2909 c.c.; 100, 333 e 343 c.p.c; 1,
17, 22 e 29, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643; 5, legge 5 agosto 1978, n. 468
censurano la sentenza impugnata per un triplice ordine di ragioni.
8.1. Tali profili si articolano nel modo seguente:
8.1.1. carenza di giurisdizione dell'autorità giudiziaria
ordinaria, vertendosi su una questione di carattere prettamente tributario
(debenza o non debenza dell'Invim) e non essendosi formato alcun giudicato
implicito a favore della giurisdizione ordinaria;
8.1.2. - impossibilità di configurare la relazione fra Stato e
Comune, in ordine all'attribuzione del gettito Invim, «come un rapporto
intersoggettivo articolato su pretese qualificate, suscettibili di
inadempimento e produttive di responsabilità civile, quale che sia il titolo di
questa (contrattuale o extracontrattuale) », versandosi invece in un'ipotesi di
«rapporto interno all'organizzazione della pubblica amministrazione vista nel
suo complesso»;
8.1.3. individuazione dell'amministrazione erariale, in base
al sistema legislativo specifico, quale unico titolare del potere impositivo in
materia di Invim, essendo definita la posizione del comune dal solo
riconoscimento del diritto ad ottenere l'attribuzione del relativo gettito,
«quale che esso sia», non essendo peraltro configurabile un suo interesse
legittimo alla «massimizzazione» del gettito stesso.
8.2. Il primo profilo di censura (par. 8.1.1.) è stato
esaminato e rigettato dalla richiamata sentenza (par. 7) delle sezioni unite,
che ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, in base alla
considerazione che - impregiudicate le questioni attinenti alla natura
giuridica del rapporto fra Stato e Comune - oggetto della presente controversia
non è la legittimità della pretesa tributaria, come già esattamente ritenuto
dalla corte torinese, bensì le conseguenze economiche derivanti dal disposto
rimborso (antecedente necessario non più discutibile), nell'ambito della
relazione fra amministrazioni statale e comunale.
8.3. L'esame deve pertanto essere limitato agli altri due
profili (par. 8.1.2. e 8.1.3.), da trattare congiuntamente, stante la loro
stretta connessione, sul piano logico e su quello giuridico.
Tali censure sono fondate e debbono essere accolte, nei limiti di ragione di
seguito esposti.
8.3.1. L'articolo 29, 1° c., Dpr n. 643/1972 dispone -
attuando quanto previsto dall'articolo 1, 2° c. - che «Le somme riscosse per
imposta, interessi e soprattasse sono attribuite al comune nel cui territorio è
ubicato l'immobile».
Questa disposizione, di per sé - e cioè anche a prescindere dal dato generale,
di autonomia riconosciuta all'ente comunale dalla Costituzione (articolo 128
Cost.) -, individua un soggetto beneficiario del tributo, distinto dal soggetto
percettore, rendendo evidente che la relazione fra Stato e Comune, anche in
ordine al particolare tipo d'imposizione costituito dall'Invim, non è di natura
organica, come pretendono i ricorrenti (par. 8.1.2.), essendo previsto dalla
legge che il comune, soggetto distinto dall'ente percettore del tributo
(amministrazione delle finanze) sia destinatario e beneficiario definitivo del
gettito.
8.3.2. È indiscutibile, d'altra parte, che l'Invim è
un'imposta erariale, istituita (e poi abrogata) con legge dello Stato, il quale
provvede mediante i suoi uffici all'accertamento, alla riscossione ed alla
rettifica delle dichiarazioni (articoli 19 e 20, Dpr cit.); con una partecipazione
del comune limitata alla fissazione, entro limiti legali tassativi, delle
aliquote (articoli 15 e 16) ed alla cooperazione per l'accertamento, secondo la
procedura stabilita dall'articolo 22, stesso Dpr. Ciò porta ad escludere
l'esistenza di un «mandato ex lege» dal Comune allo Stato, unico ente
impositore, per - i l'accertamento e la riscossione dell'Invim.
8.3.3. Per quanto concerne, in particolare, la riscossione -
precedente indispensabile dell'eventuale rimborso, di cui si discute in questo
giudizio -, una volta esclusa la configurazione di un rapporto organico Stato
Comune, come «interno all'organizzazione della pubblica amministrazione vista
nel suo complesso», e di un rapporto di mandato ex lege, si deve constatare che
nessuna particolare disposizione di legge prevede la partecipazione del comune
a tale attività di riscossione.
8.3.4. Si deve quindi concludere, in primis, che il comune,
beneficiario dell'imposta, ha diritto di ottenere quanto l'ufficio statale
abbia riscosso a titolo di Invim («Le somme riscosse sono attribuite al
comune»), ed è quindi legittimato ad agire, anche in giudizio, per l'attuazione
e la difesa di tale diritto.
8.3.5. Si deve tuttavia riconoscere, in conformità alla
pretesa dei ricorrenti (par. 8.1.3), che la mancata previsione di una qualsiasi
forma d'ingerenza dell'amministrazione comunale nelle procedure di riscossione,
interamente gestita dagli uffici erariali anche per quanto riguarda l'eventuale
fase contenziosa davanti agli organi di giustizia tributaria, esclude la
sussistenza di un diritto del comune di sindacare, sotto qualsiasi aspetto -
sia pure sub specie di azione per la difesa di un preteso interesse legittimo
al più corretto esercizio del potere di riscossione, o di massimizzazione del
gettito -, l'operato degli organi statali deputati a riscuotere il tributo
accertato. È vero, infatti, che la normativa sulla responsabilità aquiliana
(articolo 2043 Cc), così come interpretata da questa suprema corte (S.U. n.
500/1999; Cass. nn. 13164/2005, 2705/2005, 6199/2004, 19570/2003 e numerose
altre) consente il risarcimento del danno ingiusto, ossia arrecato non iure ed
in assenza di una causa giustificativa, se il danno consiste nella lesione di
un interesse rilevante per l'ordinamento, sia esso qualificabile in termini di
diritto soggettivo o d'interesse comunque meritevole di tutela giuridica ma
occorre che simile interesse sia individuabile «attraverso un giudizio di
comparazione tra gli interessi in conflitto» (S.U. cit.) : condizione
verificabile, eventualmente, nel caso di mancato o ritardato versamento del
riscosso nelle casse comunali, non anche nell'ipotesi di accertata inesistenza
dell'obbligazione tributaria, allorché gli interessi del comune e dell'erario
(in ipotesi, a non restituire quanto introitato) non sono affatto in conflitto,
ma sono entrambi validamente contrastati dal giudicato formatosi a favore del
contribuente.
8.3.6. A questo proposito, l'articolo 29 già citato (par.
8.3.1.), oltre a disporre il riversamento, dall'ufficio erariale al comune nel
cui territorio sono ubicati gli immobili, delle somme riscosse a titolo di
Invim, prevede (4° c.) che, in caso di tributo indebitamente percetto,
l'ufficio stesso debba rimborsare il contribuente delle somme a lui spettanti,
recuperando poi tali somme, e relativi interessi, dal comune cui erano state
attribuite, anche mediante trattenuta sui versamenti successivi.
Più precisamente, nel determinare le ulteriori modalità di attuazione (anche)
dei rimborsi, secondo la previsione contenuta nell'ultimo comma della norma in
esame, l'articolo 3 del D.m. 8 giugno 1974 (in G.U. n. 179 del 10/7/1974)
dispone che, «Se la somma da rimborsare è stata già versata al comune,
l'ufficio del registro provvede al rimborso all'avente diritto ed al recupero
della somma rimborsata detraendola dalle riscossioni attribuite allo stesso
comune nel mese in cui il rimborso viene eseguito»; quindi, l'articolo 1, c. 2,
u.p., D.m. 9 gennaio 1996 (in G.U. n. 24 del 30/1/1996) precisa ulteriormente
che, se l'ufficio non abbia potuto effettuare il rimborso per insufficienza
delle somme dovute al comune a titolo di Invim, questo debba essere eseguito
nei confronti del contribuente dallo stesso comune debitore.
8.3.7. - Come conseguenza della predetta configurazione di
rapporti, allorquando l'ufficio statale competente abbia ordinato il rimborso -
ipotesi cui si restringe l'indagine in questo giudizio -, l'amministrazione
comunale, che non possa vantare un interesse legittimo di cui lamentare la
lesione (par. 8.3.5), può peraltro dolersi del provvedimento amministrativo che
le impone di eseguire il rimborso, ma soltanto nelle forme e nei limiti del
controllo di legittimità sugli atti amministrativi.
8.3.8. Erra, pertanto, la corte territoriale nel ritenere «la
ricorrenza di un interesse legittimo in capo al Comune beneficiario dei
proventi dell'Invim in relazione alla riscossione delle particolari somme
destinate ad essere riversate ad esso Comune». In questa causa, infatti, non si
discute del mancato versamento al comune delle somme riscosse - che invece
erano state puntualmente versate -, bensì del provvedimento amministrativo
rivolto al comune di eseguire il rimborso: provvedimento che l'amministrazione
comunale pretende di non dover eseguire, perché fondato su giudicato
asseritamente ingiusto (par. 1.2.1.), o per la cui esecuzione chiede di essere
indennizzata, assumendo di aver subito lesione di un proprio interesse
legittimo per comportamento omissivo dell'ufficio statale.
L'interesse legittimo che il comune pretende leso non è, pertanto, quello
individuato dalla corte d'appello (che, in realtà, è un diritto all'ottenimento
di quanto riscosso: par. 8.3.4.), bensì quello di trattenere le somme già
ottenute; interesse che, non essendo suscettibile di tutela risarcitoria, per
le ragioni dette al par. 8.3.5., si esprime nell'esercizio delle azioni per il
controllo dì legittimità dell'ordine amministrativo di rimborso emanato
dall'ufficio erariale.
8.3.9. A questa conclusione non osta la pronunzia delle S.U.
(menzionata al par. 7) che, statuendo in questa causa, ha escluso la
giurisdizione del giudice tributario ed ha dichiarato sussistente q......