INCARICHI DI CONSULENZA E CORTE DEI CONTI
PREMI PER INDENNITA' PER DANNO BIOLOGICO
Corte dei Conti Sentenza del 10/03/2009 n
Corte
dei Conti Sentenza del 10/03/2009 n.145 Sez.1
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE
CENTRALE
composta
dai seguenti magistrati:
Dott.
Giuseppe DAVID Presidente
Dott.
Davide MORGANTE Consigliere
Dott.ssa
Cristina ZUCCHERETTI Consigliere
Dott.ssa
Maria FRATOCCHI Consigliere
Dott.
Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere relatore
Ha
pronunziato la seguente
SENTENZA
nei
giudizi di appello, riuniti ai sensi dell'art. 335 del c.p.c., iscritti ai nn.
29262, 29281 e 29284 del registro di Segreteria, proposti rispettivamente dai
sigg.ri:
-
Co. Fa., elettivamente domiciliato in Ro., via Lu. n. 8, presso l'avv. An. Ca.,
che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Ma. Ma. (giudizio n. 29262);
-
En. Cu., elettivamente domiciliato in Ro., via Lu. n. 8, presso l'avv. An. Ca.,
che lo rappresenta e difende unitamente agli avv.ti St. Ch. e Ma. Ma. (giudizio
n. 29281);
-
Re. Ma., elettivamente domiciliato in Ro., via Lu. n. 8, presso l'avv. An. Ca.,
che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Ma. Ma. (giudizio n. 29284),
avverso
la
sentenza della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione
Umbria n. 11 del 15 gennaio 2007.
Visti
gli atti e documenti della causa;
Uditi,
nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2009, il consigliere relatore
dr. Piergiorgio Della Ventura, l'avv. An. Ca. e il vice Procuratore generale
dr. Antonio Ciaramella.
FATTO
Con
la sentenza in epigrafe, la Sezione giurisdizionale per la regione Umbria
condannava i sigg. Re. Ma., Co. Fa., En. Cu. e Gi. Ma. Ma., nella qualità,
rispettivamente, il primo di sindaco, il secondo ed il terzo di assessori, la
quarta di segretaria comunale, al pagamento, in favore del comune di Sc., Re.
Ma. e Co. Fa. di euro 300,00 (trecento/00) ciascuno, En. Cu. e Gi. Ma. Ma. di
euro 200,00 (duecento/00) ciascuno, oltre interessi legali dal deposito al
soddisfo e spese di giustizia.
I
fatti che hanno dato luogo alla condanna possono essere così riassunti.
Nel
periodo 2000-2005 la Giunta municipale del comune di Sc. (PG) aveva affidato un
incarico, in qualità di consulente esterno, al sig. Al. Gu. quale responsabile
dell'Ufficio di ragioneria, per una spesa complessiva di euro 25.240,37
(venticinquemiladuecentoquaranta/37), stante inizialmente la vacanza del posto
di funzione e, successivamente allo scopo di "addestrare" la
vincitrice da concorso per istruttore amministrativo dell'area contabile.
La
Sezione, dopo aver dichiarato in parte inammissibile l'atto introduttivo,
condannava gli odierni appellanti come innanzi indicato, ritenendo contra ius
l'affidamento della consulenza.
Avverso
la sentenza di condanna hanno interposto appello i sigg. Re. Ma., Co. Fa. e En.
Cu., con motivi di censura del tutto analoghi e che possono essere così
sintetizzati:
-
difetto di giurisdizione della Corte dei conti, per asserita violazione
dell'art. 1 comma 1, legge n. 20/1994 (sull'insindacabilità nel merito delle
scelte discrezionali), considerato che l'incarico consulenziale sarebbe stato
ritenuto legittimo dalla Corte territoriale, anche se eccessivamente prolungate
nel tempo;
-
inesistenza della responsabilità anche in ordine alla contestata eccessiva
durata, atteso che ci si trovava innanzi ad una situazione eccezionale
(affiancamento dall'1.12.2002 al 2005) ed imprevedibile, anche perché non si
poteva sopperire alla mancanza di specifiche professionalità con
l'organizzazione interna;
-
inesistenza della colpa grave, anche in ragione del parere di regolarità
espresso ex art. 97 T.U. n. 267/2000 dal segretario comunale;
-
inesistenza del danno, atteso che comunque occorrerebbe tener conto dei
vantaggi conseguiti dall'amministrazione.
Con
le proprie conclusioni, recentemente depositate, la Procura generale ha
ritenuto le doglianze espresse dai ricorrenti del tutto infondate e ha chiesto
il rigetto degli appelli proposti.
Del
tutto inconsistenti appaiono al PM le doglianze relative alla violazione
dell'art. 1 della legge n. 20/1994, poiché l'insindacabilità nel merito delle
scelte discrezionali compiute dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della
Corte dei conti non comporta la sottrazione di tali scelte ad ogni possibilità
di controllo: il "merito" dell'attività amministrativa riguarda
infatti, sostiene il Requirente, la scelta della modalità di azione della P.A.
alla stregua di criteri di opportunità e, quindi, di parametri non giuridici,
in vista della realizzazione degli interessi affidati dalla legge alle sue
cure. Esso, pertanto, non attiene al profilo della legittimità dell'azione
amministrativa, in quanto presuppone che la legge, pur determinando i fini che
debbono essere obbligatoriamente perseguiti dalla p.a., lascia a quest'ultima
la possibilità di valutare (e, quindi, di scegliere) in che modo tali interessi
debbano essere perseguiti nel caso concreto.
Non
vi sarebbe quindi dubbio che l'insindacabilità "nel merito" sancita
dall'art. 1, primo comma, della citata legge n. 20 del 1994 non priva la Corte
dei conti della possibilità di controllare la conformità alla legge
dell'attività amministrativa; e tale conformità non potrebbe non essere
verificata anche sotto l'aspetto funzionale, vale a dire in relazione alla
congruenza dei singoli atti compiuti rispetto ai fini imposti. Il giudice cioè,
rispetto agli atti discrezionali, può e deve verificare la compatibilità delle
scelte amministrative con i fini pubblici dell'ente.
Detta
disposizione, peraltro, prosegue il PM, deve essere messa in correlazione con
l'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990 n. 241, il quale stabilisce, in
via generale, che l'esercizio dell'attività amministrativa deve ispirarsi a
criteri di economicità e di efficacia (cita Cassazione, SS.UU., 2 aprile 2007
n. 8096/07).
E
proprio la pervicacia con la quale si è inteso perseguire un intervento
inopportuno nella sua durata, secondo l'Accusa connoterebbe la colpa grave
degli appellanti, esattamente individuata nella sentenza del primo giudice
allorché censura la reiterazione degli incarichi consulenziali anche dopo
l'espletamento del concorso per l'assunzione dell'istruttore amministrativo;
valutazione effettuata, osserva il Requirente, ex ante e non ex post delle
scelte discrezionali operate dall'Amministrazione.
Ed
in tale sede valutativa il primo giudice avrebbe anche correttamente tenuto
conto, contrariamente a quanto sollevato nel gravame, che "il ripetuto
incarico di consulenza è valso comunque ad istruire il neo assunto
dipendente" (richiama pag. 31 della sentenza).
Né,
per il Procuratore generale, avrebbe valore esimente della colpa grave il
richiamo operato dagli appellanti al parere favorevole, espresso sulle
delibere, dal segretario comunale. Al riguardo, rileva il Requirente che per
giurisprudenza costante le pronunce consultive o di controllo non esimono mai
da colpa gli autori del fatto o del comportamento, né la attenuano (cita Corte
dei conti, Sezione II app., 13 marzo 2001 n. 115).
Il
Procuratore generale chiede quindi che questa Sezione voglia respingere, perché
infondati, gli appelli proposti dai signori Re. Ma., Co. Fa. e En. Cu.,
confermando l'impugnata sentenza e condannando gli appellanti medesimi al
pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Nell'odierna
pubblica udienza, l'avv. An. Ca. ha insistito per l'accoglimento dell'appello,
riportandosi agli scritti. Il PM ha invece chiesto il rigetto, confermando le conclusioni
depositate.
DIRITTO
1.
In rito, si dispone la riunione degli odierni appelli, ai sensi dell'art. 335
c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
2.
In via pregiudiziale, prioritaria appare la verifica dell'eccezione di difetto
di giurisdizione di questo Giudice contabile, sollevata con identiche
argomentazioni da tutti gli appellanti.
2.1.
Sul punto, occorre precisare che la cognizione della Corte dei conti riguarda,
in linea di massima, anche le scelte discrezionali dell'amministrazione, per
verificare se esse siano coerenti con i principi di imparzialità e buon
andamento dell'azione amministrativa, o invece abbiano comportato l'adozione di
scelte arbitrarie e diseconomiche: in particolare, è stato pacificamente
affermato che la Corte dei conti ben può sindacare gli atti amministrativi,
senza che sia di ostacolo il divieto riguardante il merito delle scelte
discrezionali (ex multis, cfr. Corte dei conti, Sezione II app., 14.4.1999, n.
120 e 1.12.2000, n. 396; Sezione III app., 7.1.2003, n. 2 e 8.1.2003, n. 9.
Cfr., inoltre, Cassaz, SS.UU., 19.1.2001, n. 11 e 10.7.2000, n. 469). In altri
termini, poiché ciò che distingue l'attività amministrativa discrezionale da
quella vincolata è la possibilità di scelta tra più comportamenti leciti, in
questi casi il Giudice contabile dovrà verificare, con giudizio ex ante, se la
scelta operata corrispondesse di per sé a criteri generali di logica e
ragionevolezza (cfr., ex plurimis, Corte dei conti, SS.RR., 30.9.1993, n.
904/A).
Come
noto, il tema è stato evocato, in particolare, dal decreto legge 23 ottobre
1996, n. 543, convertito con legge 20 dicembre 1996, n. 639, il quale prevede
che "... la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione
della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata
agli atti ed alle omissioni commesse con dolo o colpa grave, ferma restando
l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali".
In
realtà, la disposizione su riportata non ha modificato i principi
giurisprudenziali già in precedenza consolidatisi in tema di sindacato del
giudice contabile sull'attività discrezionale della pubblica amministrazione
(tra l'altro, lo stesso tenore letterale della norma vale ad escludere una
specifica volontà innovativa da parte del Legislatore: ".... ferma
restando l'insidacabilità") : princìpi secondo i quali al Giudice della
responsabilità amministrativa è precluso ogni apprezzamento che investa le
valutazioni di convenienza e di opportunità compiute dall'autorità deliberante,
essendo vietata ogni ingerenza nell'attività di ponderazione comparata degli
interessi. E' viceversa consentito -e anzi connaturato alla tipologia di questo
giudizio- il vaglio dell'attività discrezionale degli amministratori, con
riferimento alla rispondenza della stessa a criteri di razionalità e congruità
rilevabili dalla comune esperienza amministrativa, al fine di stabilire se la
scelta risponda a quei criteri di prudente apprezzamento cui deve sempre
ispirarsi l'azione dei pubblici apparati.
L'insindacabilità
delle scelte amministrative, di cui alla norma appena ricordata, non esclude
cioè la verifica giudiziale sul corretto esercizio del potere discrezionale
stesso; verifica che si avvale di parametri esterni (quali la competenza, il
termine e la materia) ed interni (rapporto fra fine istituzionale e fine
concreto; congruità e proporzionalità delle scelte; princìpi di razionalità,
imparzialità e buona amministrazione) : Corte dei conti, Sezione II app.,
27.5.1999, n. 162. La nuova disposizione, in altri termini, riafferma più
semplicemente la necessità -già comunque tenuta presente dalla giurisprudenza-
di distinguere tra merito dell'azione amministrativa (in ordine al quale non è
ammissibile il sindacato del giudice) e conformità di tale azione ai canoni
generali su ricordati (Corte dei conti, Sezione III app., 10.3.2003, n. 100).
In
sostanza, la discrezionalità cui si riferisce l'art. 1 comma 1, della legge n.
20/1994 comporta che il pubblico amministratore, nella scelta tra molteplici
alternative, tutte ugualmente lecite, possa optare per una di esse ritenendola
la più opportuna nel caso di specie: in tal caso, il giudizio comparativo
operato dall'amministrazione sarà insindacabile da parte della Corte (Corte dei
Conti, Sezione III app., n. 2/2003, cit.). Più precisamente, il merito
rappresenta la sfera libera dell'azione amministrativa discrezionale, ossia
l'ambito nel quale la stessa, essendo stati rispettati i limiti anzidetti, può
svolgersi senza essere soggetta al sindacato del giudice (Corte dei Conti, Sezione
giurisdizionale Lombardia, 17.11.2003, n. 1224).