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REPUBBLICA ITALIANA
REPUBBLICA ITALIANA
N. Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Anno 2002
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE
N. 8590 Reg.Ric.
PER IL LAZIO - SEZIONE III
Anno 2002
composto dai signori
Luigi Cossu PRESIDENTE
Angelica Dell'Utri COMPONENTE,
relatore
Antonino Savo Amodio COMPONENTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 8590/02 Reg. Gen.,
proposto da SAIEVA COSTRUZIONI s.r.l., in persona del legale rappresentante in
carica, rappresentata e difesa dall’Avv. Girolamo Rubino e per legge
domiciliata in Roma, presso la Segreteria della Sezione;
CONTRO
l’ANAS, la Presidenza del Consiglio
dei ministri, i Ministeri dei lavori pubblici, dell’ambiente e per i beni e le
attività culturali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica,
rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato e per legge
domiciliati presso la medesima in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento
della nota 18 marzo 2002 n. 2469
del Dirigente Capo Compartimento ANAS della Viabilità per la Sicilia, con cui è
stata respinta la richiesta della ricorrente di accesso alla relazione datata 7
settembre 2001 del Direttore dei lavori di sistemazione e adeguamento del corpo
stradale dal Km. 173+000 al km. 174+500 della S.S. n. 113, nonché dell’art. 10
del D.P.R. n. 554/99, e per l’emanazione di ordine di esibizione della predetta
relazione.
Visto il ricorso con i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio dell’Avvocatura dello Stato nell’interesse delle Amministrazioni
intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 26
settembre 2002, relatore il consigliere Angelica Dell'Utri, udito per la
ricorrente l’Avv. Fabrizio Paoletti per delega dell’Avv. Rubino;
Ritenuto in fatto e considerato in
diritto quanto segue:
F A T T O
Con
ricorso notificato il 17 ed il 23 aprile 2002, proposto davanti al TAR per la
Sicilia, sede di Palermo, e qui trasferito a seguito di adesione a regolamento
di competenza, la Società Saieva Costruzioni r.l. ha chiesto l’annullamento
della nota 18 marzo 2002 n. 2469 del Dirigente Capo Compartimento ANAS della
Viabilità per la Sicilia, con cui è stata respinta la sua richiesta di accesso
alla relazione datata 7 settembre 2001 (in base alla quale erano state respinte
le richieste economiche da lei avanzate) del Direttore dei lavori di
sistemazione e adeguamento del corpo stradale dal Km. 173+000 al km. 174+500
della S.S. n. 113, nonché dell’art. 10 del D.P.R. n. 554/99, chiedendo altresì
l’emanazione di ordine di esibizione della predetta relazione.
All’uopo
ha dedotto violazione dell’art. 24 Cost., della legge n. 241 del 1990 e
dell’art. 8 del D.Lgs. n. 352 del 1992, eccesso di potere per arbitrarietà ed
ingiustizia manifesta.
Nell’interesse
delle Amministrazioni intimate l’Avvocatura dello Stato si è costituita in
giudizio, ma non ha prodotto scritti difensivi.
All’odierna
camera di consiglio la causa è stata posta in decisione.
D I R I T T O
Forma
oggetto del ricorso in esame, unitamente all’art. 10 del D.P.R. 21 dicembre
1999 n. 554 (recante il regolamento di attuazione della legge-quadro 11
febbraio 1994 n. 109 in materia di lavori pubblici), la nota 18 marzo 2002 n.
2469 del Dirigente Capo Compartimento ANAS della Viabilità per la Sicilia, con
cui, appunto in base al cit. art. 10, è stata respinta la richiesta della
Saieva Costruzioni s.r.l., attuale ricorrente, di accesso alla relazione datata
7 settembre 2001 (posta a fondamento del rigetto delle richieste economiche da
lei avanzate) del Direttore dei lavori di sistemazione e adeguamento del corpo
stradale dal Km. 173+000 al km. 174+500 della S.S. n. 113.
Il ripetuto art. 10
stabilisce che “ai sensi dell'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241
sono sottratte all'accesso le relazioni riservate del direttore dei lavori e
dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell'impresa”.
Ne
consegue che la riportata norma deve ritenersi effettivamente ostativa al
chiesto accesso. Tuttavia, è ormai assodato in giurisprudenza che, nell’actio ad exhibendum di cui all’art. 25
della legge n. 241 del 1990, la disciplina regolamentare interna in materia di
accesso, ove si riveli in contrasto con la suddetta legge, non è inidonea ad
impedire l’accesso e dev’essere disapplicata, senza che ne occorra la formale
impugnazione, giacché – alla stregua dei principi generali sulla gerarchia
delle fonti – “nel conflitto di due norme diverse occorre dare preminenza a
quella legislativa, di livello superiore rispetto alla disposizione
regolamentare ogni volta che preclude l’esercizio di un diritto soggettivo”
(cfr. Cons. St., Sez. IV, 24 marzo 1998 n. 498 e Sez. VI, 26 gennaio 1999 n.
59). Pertanto, ai fini dell’eventuale disapplicazione della disposizione di cui
nella specie si discute occorre verificarne la rispondenza o meno alla
normativa di rango superiore.
In proposito, viene in
rilievo proprio il richiamato art. 24 della legge n. 241 del 1990, che al primo
comma esclude il diritto in parola per i documenti coperti da segreto di Stato
e nei casi di segreto o “di divieto di divulgazione altrimenti previsti
dall’ordinamento”.
Ora, anche recentemente
la giurisprudenza, premesso che in tal modo il legislatore del 1990 ha inteso
sottrarre alla disciplina generale sull’accesso tutte le situazioni considerate
non ostensibili da fonti parimenti primarie - mentre ha conferito al Governo la
potestà di prevedere altre ipotesi di esclusione, ma in questo caso col vincolo
del rispetto dei criteri fissati col secondo comma -, ha individuato tal genere
di fonte nell’art. 31 bis della legge
n. 109 del 1994, introdotto dall’art. 9 del D.L. 3 aprile 1995 n. 101
convertito con la legge 2 giugno 1995 n. 216, laddove al co. 1 definisce
“riservata” la relazione del direttore dei lavori, oltre che quella dell’organo
di collaudo. Più precisamente, ha affermato che l’espressa definizione del
carattere “riservato” delle due relazioni, imposto a salvaguardia del buon
esito dell’accordo precontenzioso disciplinato dal co. 1, ma senza limiti o
condizioni e quindi destinato a permanere, non può che richiamare il “divieto
di divulgazione” a cui fa riferimento l’art. 24, co. 1, della legge n. 241 del
1990, sicché il combinato disposto delle due norme legislative legittima ex se il diniego di accesso alle
medesime relazioni, anche ove non fosse intervenuta la norma regolamentare di
cui all’art. 10 del D.P.R. n. 554 del 1999 (cfr. Cons. St., Sez. VI, 18 giugno
2002 n. 3342 e 20 dicembre 1999 n. 2128).
Tuttavia la Sezione,
sia pure in diretta relazione non a quest’ultima norma, bensì all’art. 100 del
R.D. 25 maggio 1895 n. 350, si è discostata dal riferito orientamento; in
particolare, ha disatteso in base a sedes
materie e ratio legis
l’estensione così data all’art. 31 bis,
ritenendo che esso non configuri un divieto assoluto di accesso alle relazioni
del direttore dei lavori e dell’organo di collaudo ed osservando che, pure se
si ammettesse che consenta il temporaneo diniego di accesso, una volta venute
meno le esigenze contingenti tutelate dalla legge il relativo diritto non può
che riespandersi. Tanto tenuto conto, da un lato, della natura delle relazioni,
entrate a far parte della fase istruttoria sulle domande dell’appaltatore quali
pareri tecnici e giuridici sulla risoluzione da adottare al riguardo, per cui
la conoscenza del loro contenuto, ove non esplicitato nell’atto dell’amministrazione,
ben può servire all’esecutore dell’opera pubblica non solo per la compiuta
difesa della pretesa azionata o azionanda, ma anche per convincere la parte
privata dell’infondatezza della propria linea difensiva, desistendo
dall’iniziare o continuare un contenzioso insuscettibile di sbocchi postivi; e,
dall’altro lato, dell’operatività del diritto di accesso anche in materia di
attività privatistica della p.a., secondo l’ormai pacifica giurisprudenza
amministrativa sul punto. Infine, si è notato che l’art. 24, co. 1, della legge
n. 241 del 1990, pur configurando una categoria “aperta” di atti sottratti
all’accesso, non a caso ha testualmente indicato i documenti coperti da
“segreto di Stato”, volendo così evidenziare la necessità che al divieto
corrisponda un interesse assolutamente prevalente alla riservatezza e, in
rapporto alle norme previgenti alla legge n. 241 del 1990, intendendo fissare
un sicuro canone ermeneutico per valutarne l’applicabilità alla stregua del
principio di trasparenza dell’azione amministrativa. Da ciò l’affermazione del
contrasto col ridetto art. 24 del cit. art. 100 del R.D. n. 350 del 1895 (cfr.
questa Sez. III del TAR Lazio, 27 dicembre 2000 n. 12968).
Sulla scorta di tali
argomentaz......