LA CAUZIONE PROVVISORIA VALE COME CAPARRA CONFIRMATORIA
IMPUGNATIVA DELL'AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ
CORTE
DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 4 febbraio 2009 n. 2634 - Pres. ff. Mattone, Rel.
Rordorf - Festino (Avv.ti Iasonna, Procaccino e Visone) c. Comune di Città di
Castello (Avv.ti Bonaiuti e Pacciarini) - (dichiara la giurisdizione del giudice
ordinario).
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Con atto notificato il 2
maggio 2000 il comune di Città di Castello citò in giudizio dinanzi al
Tribunale di Perugia il sig. Francesco Festino, titolare di un'omonima impresa
di costruzioni stradali.
Premesso che a detta
impresa era stato aggiudicato un appalto per lavori di imbrecciatura di strade
comunali ma che essa si era poi rifiutata di procedere all'esecuzione delle
opere appaltate, lamentando l'inadeguatezza del corrispettivo, l'attore chiese
che il contratto fosse risolto e che il convenuto fosse condannato al
risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento.
Instauratosi il
contraddittorio, il sig. Festino si difese eccependo preliminarmente il difetto
di giurisdizione del giudice adito e chiese, in via subordinata, che le domande
proposte dal comune fossero dichiarate inammissibili o rigettate.
Avanzò inoltre, a propria
volta, domande riconvenzionali tese sia a far annullare il contratto d'appalto,
per l'errore essenziale in cui egli lamentava di essere incorso in ordine al
costo dei materiali occorrenti per eseguire le opere appaltate, sia ad ottenere
la restituzione della somma a suo tempo versata a titolo di cauzione. Il
tribunale, con sentenza del 21 marzo 2003, dopo aver rigettato l'eccezione preliminare
di difetto di giurisdizione, accolse le domande proposte dal comune, pronunciò
la risoluzione del contratto d'appalto per inadempimento del convenuto,
respinse le domande riconvenzionali di quest'ultimo e lo condannò al
risarcimento dei danni, liquidati in euro 8.805,59 (oltre agli accessori ed
alle spese di causa). Il sig. Festino interpose gravame, ma la decisione di
primo grado fu integralmente confermata dalla Corte d'appello di Perugia, con
sentenza depositata il 24 gennaio 2006.
Detta corte, infatti,
premesso che, secondo la normativa vigente al tempo dell'aggiudicazione
definitiva dei lavori all'impresa Festino (16 febbraio 1999), tale
aggiudicazione implicava il perfezionamento del rapporto contrattuale tra le
parti, assumendo la successiva stipulazione del contratto d'appalto una
funzione meramente riproduttiva, osservò che, dopo l'entrata in vigore del
d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, è solo invece con la formale stipulazione che
sorge il vincolo contrattuale, ma che resta nondimeno fissata al momento
dell'aggiudicazione definitiva la conclusione del procedimento "ad
evidenza pubblica" nel cui ambito si radica la giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo; onde, con riguardo alle vicende successive a tale
momento, qualora si discuta dell'inadempimento dell'aggiudicatario all'obbligo
di sottoscrivere il contratto e del conseguente diritto all'incameramento della
cauzione da parte dell'amministrazione, senza che venga in questione
l'esercizio di alcun potere di autotulela a quest'ultima spettante, si verte in
materia di diritti soggettivi rimessi alla giurisdizione del giudice ordinario.
Quanto al merito, la
corte umbra rilevò che il vizio del volere denunciato dal sig. Festino era
insussistente, avendo egli a suo tempo rilasciato una dichiarazione di
conoscenza delle condizioni del progetto e dei prezzi dell'appalto; e che,
contrariamente a quel che l'appellante aveva sostenuto, l'incameramento della
cauzione ad opera dell'amministrazione appaltante non esauriva il diritto al
risarcimento dei danni a quest'ultima spettante per aver dovuto affidare in via
d'urgenza i lavori in questione ad altra impresa sobbarcandosi ad un maggior
costo.
Avverso tale sentenza il
sig. Festino ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati
poi anche con memoria, ai quale il comune di Città di Castello ha replicato con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il comune
controricorrente ha eccepito l'inammissibilità dei dedotti motivi di ricorso
per l'inadeguata formulazione dei quesiti di diritto richiesti dall'art.
366-bis c.p.c.
L'eccezione è però
manifestamente infondata, perché la norma invocata, introdotta dal d.leg. n. 40
del 2006, è applicabile unicamente ai ricorsi proposti avverso sentenze
pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore del predetto
decreto legislativo), laddove la sentenza della Corte d'appello di Perugia
impugnata in questa sede risulta essere stata pubblicata il 24 gennaio 2006.
2. Il primo motivo di
ricorso, con cui viene sia denunciata la violazione di varie disposizioni di
legge, sia lamentata l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
della sentenza impugnata, ripropone all'attenzione di questa corte il tema
dell'eccepito difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Secondo il
ricorrente, infatti, non avendo egli a suo tempo sottoscritto alcun contratto
d'appalto con l'amministrazione comunale, nessun vincolo contrattuale si
sarebbe mai perfezionato, con la conseguente impossibilità d'individuare, nella
specie, una controversia vertente su diritti soggettivi derivanti dal preteso
contratto (o dall'inadempimento di esso), dovendosi in ogni caso ritenere
soggette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le
controversie attinenti alla fase esecutiva dei contratti stipulati dalla
pubblica amministrazione a seguito di gare ad evidenza pubblica.
Aggiunge poi ancora il
ricorrente che la corte territoriale ha omesso di considerare come, richiedendo
i contratti della pubblica amministrazione la forma scritta ad substantiam,
la mancata sottoscrizione del contratto d'appalto di cui si tratta escluda ogni
possibilità di ritenere perfezionato il rapporto d'appalto.
3. Il secondo motivo di
ricorso, anch'esso volto a lamentare tanto errori di diritto in cui sarebbe
incorsa la corte territoriale quanto vizi di motivazione della decisione
impugnata, si riferisce invece al merito della vertenza.
Il ricorrente insiste nel
sostenere che il suo consenso contrattuale sarebbe stato viziato da un errore
essenziale, vertente sul costo dei materiali occorrenti a realizzare l'opera
appaltata, come si evincerebbe dal relativo listino dei prezzi, prodotto in
copia nel giudizio di merito.
Lamenta altresì che la
corte d'appello non abbia ammesso la prova orale da lui dedotta a tal proposito
né dato corso alla richiesta consulenza tecnica. Si duole infine il ricorrente
anche della condanna inflittagli a risarcire i danni subiti dal comune per aver
dovuto appaltare i lavori ad altra impresa ad un prezzo maggiore. Il diritto
dell'amministrazione appaltante di incamerare la cauzione versata
dall'aggiudicatario esaurirebbe già di per sé, infatti, ogni possibile pretesa
risarcitoria della medesima amministrazione; e comunque nessuna prova sarebbe
stata data della né dell'effettiva sussistenza di un maggiore esborso,
sostenuto dal comune per l'esecuzione da parte di terzi delle opere appaltate,
né della sua necessità.
4. Nessuno dei riferiti
motivi di ricorso appare meritevole di accoglimento.
4.1. In ordine al primo
di essi è appena il caso di richiamare il consolidato orientamento di questa
corte secondo cui gli artt. 6 e 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nel
devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le
controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici, si
riferiscono alla sola fase pubblicistica dell'appalto (compresi i provvedimenti
di non ammissione alla gara o di esclusione dei concorrenti) , ma non
riguardano anche la fase relativa all'esecuzione del rapporto. Perciò, in questa
seconda fase - comprendente anche le controversie in tema di appalto pubblico
aventi ad oggetto la risoluzione o la cessazione del contratto con
l'appaltatore - resta operante la competenza giurisdizionale del giudice
ordinario, come giudice dei diritti, cui spetta verificare la conformità alla
normativa positiva delle regole attraverso cui i contraenti hanno disciplinato
i loro contrapposti interessi e delle relative condotte attuative (cfr., tra le
altre, Cass., sez. un., 19 maggio 2004, n. 9534; 6 maggio 2005, n. 9391; 31
marzo 2005, n. 6743; 18 ottobre 2005, n. 20116; 12 maggio 2006, n. 10994; 14
giugno 2006, n. 13690).
E di tale principio è
stata fatta applicazione anche con riferimento a controversie che investono il
diritto dell'amministrazione appaltante di incamerare la cauzione prestata a
garanzia dell'esatto adempimento delle obbligazioni assunte dall'aggiudicatario
(Cass., sez. un., 27 febbraio 2007, n. 4425).
Nel caso di specie, come
ha correttamente rilevato la corte d'appello, la controversia non concerne in
alcun modo la procedura d'individuazione del soggetto cui affidare l'appalto
pubblico, né coinvolge l'esercizio dei poteri discrezionali conferiti in tale
fase alla pubblica amministrazione per la realizzazione di un pubblico
interesse, ma riguarda invece un momento attuativo del rapporto che, a seguito
del perfezionarsi del procedimento di aggiudicazione, si è instaurato tra la
pubblica amministrazione stessa e l'impresa appaltatrice.
Né giova obiettare che il
titolare di quest'ultima non aveva sottoscritto il contratto d'appalto, e che
proprio di ciò l'amministrazione si era doluta.
Nella stipulazione di
appalti con la pubblica amministrazione, realizzata attraverso il sistema
dell'aggiudicazione a seguito di incanti pubblici o di licitazioni private, non
è dalla formale sottoscrizione del contratto, avente valore meramente
riproduttivo dell'incontro dei consensi già realizzatosi con la conclusione
della procedura di aggiudicazione, bensì appunto dalla definitiva
aggiudicazione con cui si conclude detta procedura che deriva il perfezionarsi
del vincolo contrattuale, come già numerose volte questa corte ha avuto modo di
chiarire (cfr., ad esempio, Cass. 21 giugno 2000, n. 8420; 26 maggio 2006, n.
12629; 27 marzo 2007, n. 7481).
A tale rilievo -
risolutivo in punto di giurisdizione - è vano contrapporre che l'orientamento
giurisprudenziale da ultimo richiamato rispecchierebbe un'impostazione
corrispondente al disposto degli ormai abrogati artt. 16 del r.d. n. 2440 del
1923 ed 88 dell'annesso A di detto decreto, e che, viceversa, il disposto
dell'art. 109 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554 (emanato in forza dell'art. 3
della legge 11 febbraio 1994, n. 109), avrebbe rovesciato la precedente
impostazione assegnando valenza costitutiva del rapporto negoziale al contratto
da stipulare entro sessanta giorni dall'aggiudicazione.
Quale che sia il
fondamento di un simile assunto, non può farsi a meno di rilevare che le
disposizioni dell'invocato d.p.r. n. 554/99 - secondo quel che espressamente
statuiscono i commi 2 e 3 dell'art. 232 del medesimo decreto - non si applicano
né al modo ed al contenuto delle obbligazioni derivanti da contratti stipulati
in epoca antecedente alla loro entrata in vigore, né alle modalità di
svolgimento delle procedure di gara a quell'epoca già bandite (si veda, in
argomento, Cass. 4 settembre 2004, n. 17906).
E questa è, appunto, la
situazione che si verifica nel caso di specie, in cui l'impugnata sentenza
riferisce che l'aggiudicazione si è perfezionata nel febbraio 1999.
Il che basta a licenziare
l'indicata obiezione. Alla stregua di quanto appena osservato risultano fuori
bersaglio anche i rilievi del ricorrente in ordine al difetto di stipulazione
del contratto in forma scritta, giacché tali rilievi si riferiscono alla
mancata sottoscrizione del contratto conseguente all'aggiudicazione e muovono
dal presupposto - che si è visto essere inesatto - secondo cui per il
perfezionamento del rapporto negoziale di appalto non sarebbe stata sufficiente
l'aggiudicazione stessa.
4.2. Le doglianze
concernenti il mancato riconoscimento dell'errore essenziale, in cui il
ricorrente assume di essere incorso, nel partecipare alla licitazione indetta
dal comune per l'affidamento in appalto dei lavori, non pongono concretamente
in evidenza alcun errore di diritto nel quale la corte territoriale sia
incorsa.
Esse, in effetti, si
sostanziano in una critica al modo in cui detta corte ha fatto governo delle
risultanze processuali, avendo essa ritenuto che una preventiva dichiarazione
di conoscenza delle condizioni e dei prezzi dell'appalto, rilasciata dallo
stesso sig. Festino, bastasse ad escludere ogni ipotesi di errore sul costo dei
materiali occorrenti alla realizzazione dell'opera.
Il ricorrente insiste nel
sostenere il contrario, ma non individua specifici e decisivi vizi logici nella
motivazione posta a base della valutazione da lui criticata, onde siffatta
critica - al pari di quella concernente la mancata ammissione di mezzi di prova
e di strumenti d'indagine tecnica reputati irrilevanti ed inutili dalla corte
d'appello - si risolve in una richiesta di riesame del merito della materia del
contendere, in questa sede non consentita.
4.3. Tra i profili di
censura relativi alla condanna al risarcimento dei danni - accanto a quelli
riguardanti l'asserito difetto di prova del danno e del nesso causale tra
inadempimento e danno, che nuovamente si risolvono in questioni di merito, come
tali estranee al giudizio di legittimità - ve n'è invece uno che effettivamente
investe una questione di diritto: quello secondo il quale l'aggiudicatario
dell'appalto di un pubblico servizio, il quale non si presti alla
sottoscrizione del formale contratto riproduttivo dell'aggiudicazione, sarebbe
tenuto sì a perdere la cauzione provvisoria, legittimamente incamerata
dall'amministrazione, oltre che al rimborso delle spese da quest'ultima
sopportate per la nuova gara, ma non pure al risarcimento degli ulteriori danni
consistiti nel maggior prezzo di aggiudicazione risultante dalla nuova gara. In
tal senso si è espressa questa corte in un ormai remoto precedente (Cass., 19
novembre 1979, n. 6033), sul presupposto che la cauzione, all'epoca prevista
dall'art 332 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, esprime
forfettariamente l'ammontare del danno secondo le valutazioni discrezionali
dell'amministrazione, mentre il ristoro dei maggiori danni (quali quelli
derivanti dalle più onerose condizioni del nuovo contratto) era contemplato
dall'art 340 della citata legge solo per la diversa ipotesi di inadempienze
inerenti all'esecuzione dell'appalto.
Ma siffatto orientamento
non può essere qui confermato.
La cauzione provvisoria
prevista dall'art. 30 della legge n. 109 del 1994 (al pari della garanzia
fideiussoria che ad essa può essere sostituita) svolge senza dubbio la funzione
di garantire la serietà dell'offerta, nel senso che l'aggiudicatario, ove non
si presenti per la stipulazione del contratto, decade dall'aggiudicazione e la
cauzione viene incamerata dall'organo ......