LIMITI ALLA GIURISDIZIONE DELLA CORTE DEI CONTI SU SOCIETA'
VERSIONE AGGIORNATA DEI PRINCIPI CONTABILI
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ
CORTE DI CASSAZIONE,
SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 19 dicembre 2009 n. 26806 - Pres. Carbone, Rel.
Segreto - (omissis) (Avv.ti Protto, Diodà e Borghi) e (omissis)
(Avv.ti Giuliano e Todarello) c. Procuratore Generale presso la Corte dei Conti
- (dichiara la carenza di giurisdizione della Corte dei Conti)
1.
Premessa.
Ogni rappresentazione che si rispetti necessita
almeno di una scena, degli attori e della trama. La scena è importante. Lo sono
ancora di più gli attori, che con la loro capacità interpretativa ed evocativa
riescono ad avvincere gli spettatori. Ma l’elemento fondamentale è la trama; i
suoi intrecci e la sua evoluzione. Trama e azione, avvertiva Aristotele nella
sua Poetica, sono anteriori sul piano logico a ogni altra parte della creazione
drammatica. Lo stesso filosofo dell’immanenza suggeriva un ingrediente
fondamentale della creazione drammatica: per essere interessante, una trama che
si rispetti deve introdurre l’inaspettato. A un certo punto, per non
precipitare nel sonno il pubblico deve essere colpito con qualcosa di
inaspettato.
Sembra essere questo quanto avvenuto a proposito
della questione della giurisdizione della Corte dei conti sulle società
pubbliche. Dopo avere avallato ormai da anni un orientamento (per la verità
l’unico) fortemente espansivo della Corte dei conti, la Cassazione - chiamata a
pronunciarsi sulla giurisdizione - introduce l’inaspettato. Segna, infatti, una
battuta d’arresto a tale tendenza.
Si badi: non chiude la porta della giurisdizione
contabile sulla mala gestio degli amministratori. Semplicemente, chiude
quello che prima era un portone spalancato e usa dei tornelli per l’ingresso,
come si fa per gli stadi. Anzi, la Cassazione sembra replicare quanto sta
avvenendo per i controlli aeroportuali: rafforza di gran lunga il controllo
sull’ingresso della giurisdizione contabile.
Ma con una significativa differenza. Ad essere
attentamente scandagliato non è tanto il soggetto, ma il danno. La
giurisdizione della Corte dei conti trova ingresso nei casi di danno erariale arrecato
al patrimonio dell’ente pubblico partecipante alla società pubblica. Il giudice
contabile rimane fuori dalla porta nel caso di danno arrecato al patrimonio
della società. Ed è questo l’elemento che introduce il brivido
dell’inaspettato. Sino ad ora, si dibatteva sulla giurisdizione della Corte dei
conti in funzione della natura (pubblica o meno) della società partecipata. Con
una vera e propria rivoluzione copernicana, la Corte segna il punto di caduta
nella natura del danno e del soggetto danneggiato. Il danno patrimoniale
diretto alla società non è (più) appannaggio del magistrato giuscontabile. Il
pregiudizio arrecato all’ente partecipante si.
2.
Il caso e la decisione.
In seguito agli atti di un procedimento penale (e alle
dichiarazioni confessorie ivi rese), la procura della Corte dei conti per la
Lombardia avvia un’indagine. In esito alla stessa, il magistrato giuscontabile
conviene in giudizio il management della società Enel Power S.p.A. ed
Enel distribuzione S.p.A..
Addebiti contestati sono a) il danno patrimoniale diretto
e b) il danno alla concorrenza. Comportamento contestato è l’aver concordato e
accettato indebite dazioni di denaro al fine di favorire alcune imprese
costruttrici nell’aggiudicazione (e successiva gestione) di appalti in danno di
società pubbliche.
L’epilogo processuale, in primo grado, della vicenda vede
prevalere la tesi della procura giuscontabile: l’accoglimento della domanda
risarcitoria e la condanna a titolo di danno patrimoniale diretto e di danno
all’immagine dei convenuti.
A conclusioni analoghe giunge la Sezione giurisdizionale
centrale della Corte dei conti. Il giudice d’appello, infatti, respinge
l’eccezione di giurisdizione avanzata dalla difesa dei convenuti. La sezione
afferma la propria giurisdizione ritenendo ipotizzabile la responsabilità
amministrativa degli amministratori e dei dipendenti di S.p.A. a partecipazione
pubblica.
La palla passa alle sezioni unite della Cassazione,
chiamata su ricorso per motivi di giurisdizione. La Cassazione: i) ha
escluso la giurisdizione della Corte dei conti per i danni subiti direttamente
al patrimono della società per effetto della mala gestio dei suoi
amministratori; ii) ha ammesso la giurisdizione erariale nei confronti
di chi, all’interno dell’ente pubblico socio, avesse omesso di adottare un
comportamento volto all’esercizio dell’azione (civile) di responsabilità nei
confronti degli amministratori, dando luogo al danno per la società partecipata
e quindi per l’ente pubblico partecipante; iii) ha ammesso la giurisdizione
contabile in relazione al danno all’immagine subito dall’ente partecipante.
3.
L’eccezione di difetto di giurisdizione e il suo fondamento logico giuridico.
L’eccezione rilevata dai ricorrenti dinanzi alla
Cassazione muove da un assunto preciso: quale società per azioni, Enel svolge
attività di impresa su mercati liberi e concorrenziali, esercitata con fine di
lucro e senza finalità pubblicistiche. Pertanto, tale soggetto (rectius
le persone che operano nello stesso) non può essere sottoposto alla giurisdizione
delle Corte dei conti.
La tesi riflette l’acceso dibattito sulla giurisdizione
della Corte dei conti sulle società operanti nei mercati liberalizzati. Questa
è la sintesi delle posizioni:
a) posizione dei negazionisti:se la società partecipata
dall’ente pubblico svolge attività di mercato e ha un fine di lucro, il
relativo statuto privatistico mette fuori gioco, in ogni caso, il giudice
contabile;
b) posizione della Corte dei conti: la società partecipata
è sempre assoggettata alla giurisdizione della Corte dei conti.
A sommesso avviso di chi scrive, entrambe le posizioni si
espongono a censure. E’ difficile sostenere che il fine di lucro dell’ente
societario partecipato sia incompatibile con la gestione pubblica. Le
esternalizzazioni di funzioni e servizi pubblici su enti societari hanno
condotto a una massiccia attrazione di soggetti societari nella sfera
pubblicistica.
Ma è altrettanto azzardato - come sovente fa il giudice
contabile - affermare che la società partecipata è sempre strumento di
perseguimento di fini pubblici. Occorre verificare caso per caso. Sbaglia per
eccesso, insomma, l’orientamento su cui oggi sembra attestarsi il giudice
contabile. Quello in base al quale le imprese a controllo pubblico si
muoverebbero sempre in un’orbita pubblicistica tale da radicare in ogni caso la
giurisdizione contabile. Come ha precisato il giudice amministrativo, le
imprese pubbliche possono legittimamente trovarsi in una situazione giuridica
differente rispetto a quelle private solo nei casi in cui siano affidatarie di
rilevanti interessi pubblici. E’ necessario, quindi, verificare l’esistenza di
questo presupposto. Occorre accertare con massimo rigore se sussista la
funzionalizzazione dell’ente societario al conseguimento di interessi collettivi.
La ricorrenza di questo requisito teleologico non deve essere valutata sulla
base di dati formali, quali la sussistenza di una concessione, ma sulla base di
elementi sostanziali, quali le attività esercitate dal soggetto stesso. Nei
casi di enti privatizzati, in particolare, occorre accertare se l’organismo
societario assolva le medesime funzioni dell’ente pubblico di derivazione
secondo una sostanziale linea di continuità
A questo punto, prima di esaminare il decisum della
Cassazione occorre ripercorrere le tappe del riconoscimento della giurisdizione
della Corte dei conti sulle società pubbliche.
4. La
base normativa della giurisdizione della Corte dei conti.
L’art. 103, co. 2, Cost, dispone: “la Corte dei
conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre
specificate dalla legge”. Tale norma: i) aggancia la giurisdizione
della Corte dei conti al concetto di “contabilità pubblica”; ii)
attribuisce alla normazione primaria la specificazione dei parametri
dell’azione giuscontabile.
In particolare, la legge 19 gennaio 1994, n. 20
attribuisce alla Corte dei conti la giurisdizione risarcitoria nei confronti di
amministratori e dipendenti pubblici per i danni cagionati, nell’esercizio
delle loro funzioni. Più recentemente, l’art. 16 bis della legge 28 febbraio
2008, n. 31 (che ha convertito il d.l. 31 dicembre 2007, n. 248) ha attribuito
al giudice ordinario l’azione di responsabilità contro amministratori di
società con azioni quotate in mercati regolamentati, con partecipazione anche indiretta
dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici, inferiore al 50 per
cento, nonché per le loro controllate.
Il perimetro della giurisdizione
della Corte dei conti, quindi, è segnato dal “concetto di contabilità
pubblica”. Peraltro, in una prospettiva più moderna, l’espressione “contabilità
pubblica” è oggi sostituita da quella di “gestioni pubbliche”. La giurisdizione
della Corte dei conti vige in presenza di gestioni pubbliche [1].
Per gestione pubblica si intende
l’utilizzo di risorse pubbliche per perseguire fini pubblici. Nella sua
ampiezza, la gestione pubblica esprimersi certamente in forma amministrativa
(tramite atti e procedimenti), ma abbraccia anche operazioni di natura
materiale che si affiancano (e completano) all’attività amministrativa in senso
stretto. Pur potendo esprimersi in forme non amministrative, la gestione
pubblica non è una semplice attività di diritto privato della p.a.. E’ qualcosa
di più, perché presuppone l’uso di risorse pubbliche. Anzi, per precisione,
presuppone la gestione funzionalizzata di risorse (e cioè il loro impiego verso
un pubblico interesse). Il dato rilevante, quindi, è l’uso funzionalizzato
della risorsa. E’ questo il motivo per cui, secondo la Cassazione, anche
privati che beneficiano di finanziamenti pubblici per perseguire programmi di
pubblico interesse sono assoggettati alla giurisdizione della Corte dei conti.
5.
L’evoluzione giurisprudenziale .
La
prima tappa del percorso che porta la Corte dei conti alle società pubbliche
sono le due sentenze delle sezioni unite del 1992 [2]. Ivi la Cassazione ammette la
giurisdizione contabile sugli enti pubblici economici e ne delimita l’ambito.
Al riguardo, la Suprema Corte precisa che, al fine di devolvere alla cognizione
della Corte dei conti i giudizi di responsabilità a carico di amministratori e
funzionari di enti pubblici economici, non è sufficiente la sola natura
pubblica dell’ente danneggiato dalla condotta di tali soggetti. Occorrono due
presupposti ulteriori: