MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE
LA SICUREZZA NEGLI INTERVENTI DI MANUTENZIONE
REPUBBLICA
ITALIANA N. 5572/04 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 11256 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ANNO 1999
ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 11256/1999, proposto dal Comune di OSTUNI, in persona del
Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Cecilia R. ZACCARIA ed Angelo
VANTAGGIATO con i quali elettivamente domicilia in Roma, via Pierluigi da
Palestrina 19, presso l’avv. Alberto ANGELETTI,
CONTRO
DI
SARLO Antonio Giovanni e Ditta I.M.I.E.L. di GALLONE Maria Vittoria, non
costituitisi in giudizio,
E NEI CONFRONTI
della
Ditta A.E.L. IMPIANTISTICA di LAGHEZZA
Angelo, in persona del legale rappresentante p.t., non costituitasi in
giudizio;
PER L’ANNULLAMENTO
della
sentenza del TAR della Puglia, Sezione II di Lecce, 28 ottobre 1999, n. 738;
visto
il ricorso in appello con i relativi allegati;
visti
gli atti tutti di causa;
vista
l’ordinanza della sezione 28 gennaio 2000, n. 394;
relatore, alla
pubblica udienza del 30 aprile 2004, il Cons. Paolo BUONVINO; udito, per
l’appellante, l’avv. Alberto ANGELETTI in sostituzione dell’avv. A.
VANTAGGIATO;
visto
il dispositivo 30 aprile 2004, n. 288.
Ritenuto
e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O e
D I R I T T O
1)
- Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso proposto dalle ditte
Di Sarlo e I.M.I.E.L. avverso il bando di gara per la manutenzione della rete
d’illuminazione pubblica 26 giugno 1997, n. 883, la successiva lettera d’invito
e la conseguente aggiudicazione alla società controinteressata.
Per
il Comune appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto, contrariamente a
quanto ritenuto dal TAR, l’originario ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato
inammissibile sotto vari profili, oltre che, comunque, infondato nel merito.
2)
– Preliminarmente va accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso di
primo grado laddove proposto dalla Ditta I.M.I.E.L., la medesima non avendo
avanzato offerta sebbene regolarmente invitata alla gara.
Sul
punto non può che richiamarsi la giurisprudenza di questo Consiglio che, in
molteplici occasioni, ha ritenuto che nel vigente ordinamento processuale la
proponibilità dell’azione giurisdizionale è assoggettata alla sussistenza delle
condizioni dell’azione stessa e, tra esse, alla configurabilità di una
posizione legittimante in capo al soggetto che agisce in giudizio per la tutela
delle proprie pretese.
In
un ordinamento siffatto, che non consente forme di tutela intese alla mera attuazione
dell’interesse alla legittimità dell’azione amministrativa o alla salvaguardia
di interessi c.d. diffusi, la proponibilità dell’azione è correlata alla
esistenza di una posizione qualificata e differenziata rispetto a quella
astrattamente riconoscibile alla generalità dei consociati, in difetto della
quale il cittadino che si ritenga comunque leso dall’attività
dell’Amministrazione non si colloca in posizione diversa da quella del “quisque
de populo”.
Se
ciò è vero, è solo con la presentazione della domanda di partecipazione alla
gara d’appalto che l’impresa assume una situazione giuridica differenziata
rispetto a quella delle altre ditte presenti sul mercato, ergendosi solo in
tale caso essa a titolare di un interesse legittimo giudizialmente tutelato,
che la abilita a sindacare la legittimità del bando della gara alla quale ha
dimostrato in concreto di voler prendere parte.
Nei
sensi ora detti si pone l’orientamento, ormai consolidato, dalla giurisprudenza
di questo Consiglio, da cui la Sezione non ha ragione di discostarsi (cfr., da
ultimo, Sez. V, 4 maggio 2004, n. 2705; nonché, 14 maggio 2003, n. 2572; 22
gennaio 2003, n. 242; Sez. VI, 10 novembre 2003, n. 7187; A.P., 29 gennaio
2003, n. 1; cui adde, fra le tante,
anche in punto di configurabilità dell’interesse all’impugnazione, Sez. V, 23
gennaio 2004, n. 196; 26 marzo 2003, n. 1574; 5 settembre 2002, n. 4458).
3)
– Va, invece, rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo
grado laddove proposto dalla Ditta Di Sarlo, poiché il bando, non recando norme
di esclusione, non era immediatamente lesivo; solo al momento
dell’aggiudicazione definitiva esso ha, infatti, assunto una tale portata, la
gara essendo stata aggiudicata ad una Ditta controinteressata.
4)
– Nel merito, l’appello è fondato.
La
decisione appellata poggia, invero, su di un’unica, essenziale notazione:
quella per cui la gara di cui si tratta non rientrerebbe nell’ambito della
disciplina degli appalti di servizi e, quindi, del d. lgs. n. 157 del 1995,
bensì sotto quella degli appalti di lavori; con la conseguenza che i requisiti
di partecipazione previsti dal bando sarebbero stati illegittimi in quanto
modulati sulla disciplina afferente, appunto, agli appalti di servizi, mentre,
al contrario, avrebbero dovuto essere applicati i criteri propri degli appalti
di lavori; perciò , in contrasto con il disposto di cui all’art. 5 del d. lgs.
n. 406 del 1991, sarebbe stato operato, in sede di indizione della gara, un
artificioso frazionamento dell’importo dei lavori che avrebbe illegittimamente
consentito la partecipazione alla gara di imprese non idonee alla esecuzione
dell’appalto in quanto non iscritte all’A.N.C.
Per
il Comune appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto la gara d’appalto
per il servizio di manutenzione dell’impianto di pubblica illuminazione non
potrebbe essere riconducibile all’ambito dei lavori pubblici, ma solo a quello
degli appalti di servizi.
La
censura è da condividere.
L’appalto
di cui si discute è stato indetto “per il servizio di manutenzione dell’impianto
cittadino di pubblica illuminazione”.
Oggetto
dello stesso erano:
“l’accensione
e lo spegnimento delle lampade;
la
manutenzione degli apparecchi illuminanti;
la
sostituzione delle lampade;
la
manutenzione delle linee aeree di proprietà comunale e protezione delle stesse
dai rami degli alberi;
la
manutenzione dei sostegni di proprietà comunale su pali e su mensole”.
Ebbene,
si tratta di attività che, per loro stessa natura, sono manifestamente estranee
all’ambito degli appalti di lavori.
Secondo
il TAR, peraltro, l’appalto in parola non avrebbe potuto essere ricondotto agli
appalti di servizi in quanto non rientrante nella voci di cui alla tabella 1)
allegata al citato d. lgs. n. 157 del 17 marzo 1995, secondo cui tra gli
appalti di manutenzione e riparazione (voce n. 1 di detta tabella)
rientrerebbero solo quelli di cui ai numeri di riferimento della CPC 6112, 6122, 633 e 886,
comprendenti solo attività manutentive relative a veicoli a motore, motocicli e
gatti delle nevi; attività, quindi, cui sarebbero del tutto estranee quelle
messe a concorso (e, inoltre, anche la voce di cui alla tabella 2) dello stesso
decreto legislativo - altri servizi - non potrebbe essere utilizzata ai fini di
cui si tratta, in quanto il fatto che la categoria specifica sia stata
volutamente limitata non potrebbe avere altro significato se non quello che le
attività della categoria non espressamente elencate dovrebbero essere escluse
dalla disciplina prevista per la categoria stessa).