OFFESE AL SINDACO DA PARTE DI UN CONSIGLIERE
AUTORIZZAZIONE DEL COMUNE PER IMPIANTI TLC
Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 8 maggio-14 settembre
2007 n
Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 8
maggio-14 settembre 2007 n. 34849 Presidente Nardi - Relatore
Marasca
A cura di Guida Enti locali de Il Sole 24 Ore
La Corte di Cassazione osserva: Fiscina Gregorio, consigliere di
opposizione presso il comune di Buccino, nel corso di una intervista pubblicata
dal quotidiano La Città del 17 giugno 1998, facendo riferimento ad una denuncia
da lui stesso sporta contro il sindaco della città Nicola Parisi, formulava
giudizi - presenza di tangentopoli buccinese e di clientelismo come conseguenza
del voto di scambio - nei confronti di quest'ultimo ritenuti offensivi. Per
tale fatto il Fiscina, con sentenza emessa dal Tribunale di Bari il 3 maggio
2005, veniva condannato alle pene di giustizia oltre al risarcimento dei danni
in favore del Parisi costituitosi parte civile.
Con sentenza del 31 marzo 2006 la Corte di Appello di Bari, dopo avere
rigettato un'eccezione di incompetenza territoriale, ravvisava, ricorrendone i
presupposti, nei fatti l'esercizio del diritto di critica politica ed assolveva
il Fiscina dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.
Con il ricorso per tassazione la parte civile Parisi Nicola deduceva i seguenti
motivi di impugnazione:
1) la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale
per la mancanza dei presupposti - verità dei fatti, continenza ed interesse
pubblico - per ritenere l'esercizio del diritto di critica, dal momento che per
il Parisi vi era stata soltanto la richiesta di rinvio a giudizio per alcune
ipotesi di falso ideologico;
2) la mancanza e manifesta illogicità della motivazione anche
con riferimento a specifici atti del processo, dal momento che, a tutto voler
concedere, nella denuncia del Fiscina non si parlava di voto di scambio né di
fatti corruttivi che potessero essere ricompresi nel termine tangentopoli.
La Corte non aveva compiuto una analisi per verificare per quali reati vi era
stata iscrizione e per quali ragioni per altre ipotesi di reato prospettate dal
Fiscina vi fosse stata archiviazione. Infine il vizio di motivazione sarebbe
ravvisabile anche con riferimento alla ritenuta continenza espressiva ed
all'interesse pubblico alla notizia.
I motivi posti a sostegno del ricorso non sono fondati perché la Corte di
merito ha valutato i fatti ed ha ritenuto sussistenti i presupposti per
riconoscere l'esercizio del diritto di critica politica di cui all'articolo 51
c.p. con motivazione non incongrua e non manifestamente illogica. Da quanto è
dato desumere dalle due sentenze di merito il Fiscina rilasciò una intervista
telefonica al giornale La Città in merito alla pubblicazione di un manifesto
murale con il quale aveva criticato il sindaco di Buccino in carica ricordando
di averlo denunciato un anno prima per la c.d. tangentapoli buccinese.
Il Fiscina era all'epoca capo della opposizione nel consiglio comunale di
Buccino.
Orbene la decisione censurata appare del tutto corretta.
Non vi è dubbio che la notizia che il capo della opposizione avesse denunciato
il sindaco della Città per vari reati attinenti al funzionamento della pubblica
amministrazione era di interesse pubblico, essendo interesse della cittadinanza
conoscere la valutazione della opposizione sull'operato di un pubblico
amministratore.
È altrettanto fuori dubbio che quando un uomo politico assuma una iniziativa
così grave, come certamente è la denuncia di un amministratore in carica, abbia
il diritto-dovere di comunicare alla pubblica opinione la sua iniziativa, che
ha una indubbia valenza politica, dal momento che gli elettori anche su tali
fatti e comportamenti dovranno poi giudicarlo.
Quanto a requisito della cd continenza la corte territoriale ha spiegato che il
tenore della intervista era sostanzialmente corretto.
Sono stati usati toni certamente aspri e forti per raccontare i fatti, ma mai
il Fiscina si è abbandonato a gratuiti attacchi alla persona del Parisi, avendo
sempre censurato in modo assai chiaro il comportamento del sindaco della Città,
e si è limitato a censurare i comportamenti politici ed amministrativi dello
stesso.
Quello sulla continenza delle espressioni usate è un giudizio di merito, che
per essere sorretto da una motivazione logica e congrua è esente da censure di
legittimità.
Del resto il linguaggio di molti politici di livello nazionale, ed in alcuni
casi addirittura dei leaders, si è talmente involgarito ed è divenuto così
aggressivo, che non deve meravigliare se poi rappresentanti politici locali
imitino i propri capi. In ogni caso nella presente situazione, come è stato
correttamente stabilito dalla Corte di merito, non sono ravvisabili espressioni
volgari o argumenta ad hominem, ma semplicemente giudizi duri ed aspri, che
sono pienamente giustificati dal contenzioso politico esistente sfociato
addirittura in una denuncia penale.
Anche sul terzo necessario presupposto della verità della notizia le critiche
della parte civile ricorrente non colgono nel segno. In primo luogo è opportuno
chiarire che a ben leggere l'articolo incriminato sembra che il Fiscina avesse
più che altro interesse a censurare la lentezza della giustizia, dal momento
che a distanza di oltre un anno dalla presentazione della denuncia non era
stato adottato alcun provvedimento dell'Autorità Giudiziaria. Si tratta di
lentezza per così dire normale per gli addetti del settore, ma che stupisce un
normale cittadino, perché appare del tutto ragionevole ritenere che i
procedimenti a carico di pubblici amministratori si svolgano celermente
nell'interesse del denunciante e del denunciato, ma principalmente
nell'interesse dei cittadini-elettori, che hanno il diritto di sapere in breve
tempo se il loro sindaco sia persona che commetta reati o se l'uomo politico
denunciante sia un calunniatore. Le considerazioni sul punto dei giudici di
secondo grado sono, pertanto, da condividere.
Ma anche a volere considerare l'intervista del Fiscina una critica al sindaco,
va detto che la verità della notizia appare sussistente. Intanto vi e da
chiedersi quale sia la vera notizia riportata nel testo, introducendo così un
argomento non approfonditamente considerato ne dalla Corte di merito né dal
ricorrente. In effetti la vera notizia sembra essere che il Fiscina, nella sua
qualità di capogruppo della minoranza in consiglio comunale, aveva presentato
una denuncia per gravi fatti, denominati genericamente tangentopoli buccinese,
contro il sindaco della Città, assumendosi in tal modo pesanti responsabilità,
ivi compresa anche una eventuale denuncia per calunnia. Se è questa la notizia,
unita a quella della inerzia, ritenuta dal denunciante della competente
magistratura, non vi è dubbio che essa sia vera perché effettivamente la
denuncia era stata presentata e davvero il denunciante si era lamentato per la
lentezza del corso della giustizia.
Ma anche a non volere ritenere questa la vera notizia fornita ai cittadini con
la intervista incriminata, si deve ritenere che il requisito della verità della
notizia sia soddisfatto anche con riferimento alle accuse mosse al sindaco,
come ritenuto dalla Corte di merito. Risulta, infatti, che dalla denuncia
indicata sia scaturita, anche se a distanza di alcuni anni, una richiesta di
rinvio a giudizio del Parisi per delitti di falso in atto pubblico.
Per altri fatti, invece, venne disposta l'archiviazione degli atti; non è dato
sapere se l'archiviazione venne disposta per insussistenza dei fatti o per
prescrizione dei reati, come sembra ipotizzare la Corte territoriale. È certo,
però, che per i fatti denunciati come tangentopoli buccinese vi è stata una
richiesta di rinvio a giudizio dei Parisi con un primo vaglio da parte di un
magistrato che ha ritenuto sostenibile l'accusa in dibattimento ed ha ritenuto
necessaria una verifica dibattimentale della vicenda. Ciò dimostra che i
relativi fatti meritavano di essere portati alla attenzione della Magistratura,
indipendentemente dall'esito finale del processo e fatta salva, ovviamente, la
presunzione di innocenza dell'imputato fino alla sentenza definitiva.
La parte ricorrente ha, però, sostenuto che i reati per i quali era stato
chiesto il rinvio a giudizio non avevano niente a che fare con la denunciata
tangentopoli buccinese, che evoca ben altri reati. Siffatta tesi non può essere
accolta perché nel linguaggio comune ed anche giornalistico il termine
tangentopoli sta ad indicare un modo di amministrare disinvolto e non
rispettoso delle regole legali; con tale termine in effetti si vogliono
indicare vari reati commessi da pubblici amministratori, che vanno da casi di
vera e propria corruzione, ad ipotesi di illecito finanziamento dei partiti ed
a fatti di ricettazione e di falso. Interpretato in tal senso il termine usato
nella intervista, i reati di falso in questione contestati al capo di una
amministrazione sono certamente espressione di un uso disinvolto dei propri
poteri; ci si può lamentare che il termine sia troppo enfatico e che per la
situazione data era forse un po' eccessivo, ma argomentare dall'uso di tale
parola che l'imputato abbia dato una notizia falsa, o meglio non vera, non è
possibile perché sarebbe contro ogni logica.
Anche su tale punto la sentenza impugnata non merita, quindi, censure sotto il
profilo della legittimità.
Ma il ricorrente ha sostenuto che il termine voto di scambio usato
nell'intervista evocava il reato di cui all'articolo 96 del testo unico del
1957/361, reato per il quale non vi era stata alcuna denuncia del Parisi e per
il quale, quindi, non era stato disposto alcun rinvio a giudizio.
Anche tale prospettazione non coglie nel segno.
In effetti il Fiscina nell'intervista ha sostenuto che si era in presenza di un
clientelismo esasperato che connoterebbe ogni decisione amministrativa e che
ciò sarebbe conseguenza del voto di scambio.
L'accusa, quindi, era tutta politica, nel senso che il Parisi accusava il
sindaco di fare una politica clientelare.
Cosa questa, peraltro, per nulla originale perché del c.d. clientelismo sarebbe
permeata tutta la politica nazionale, specialmente quella meridionale, se si
vuole prestare fede ai nostri politici che si accusano l'un l'altro di
favorire, sia a livello locale che nazionale, i propri elettori e le proprie
clientele.
Il termine voto di scambio in tale contesto politico all'evidenza non è stato
utilizzato dal Parisi nel senso tecnico proprio del legislatore e della
giurisprudenza penale, ma come espressione sintetica ed icastica per affermare
che venivano favorite dalla politica del sindaco le sue clientele.
Si tratta di critica politica, dunque, forte ed aspra, ma non di attribuzione
di un fatto reato specifico come erroneamente pretende il ricorrente. In
conclusione ricorrevano tutti i presupposti per ritenere sussistente nel caso
di specie, come ha fatto la Corte di merito, la esimente dell'esercizio del
diritto di critica.
Per le ragioni indicate il ricorso deve, pertanto, essere rigettato ed il
ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese
del procedimento.
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