ONERI DEL CONDONO EDILIZIO: VALE L'ENTITÀ VIGENTE ALL'EPOCA DELL'ABUSO?
Trattamento fiscale di un consorzio obbligatorio di manutenzione strade
REPUBBLICA
ITALIANA N. 4562/02 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 35 REG.RIC.
Il
Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ANNO 1996
ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello
R.G. 35/1996 proposto dal Comune di Milano in persona del Sindaco in carica
rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Rita Surano, Giovanni Sindaco e
Maria Redondi dell’Avvocatura comunale e dall’avvocati Francesco Pirocchi
presso il quale ultimo elettivamente domicilia in Roma, al Largo Temistocle
Solera 7/10
contro
l’Ente Nazionale di
Previdenza e Assistenza Medici in persona del Presidente in carica
rappresentato e difeso dagli avvocati
Ercole Romano e Ugo Ferrari presso il quale ultimo elettivamente domicilia in
Roma, in Via P.A. Micheli n. 78
per la riforma
della sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – sede di Milano Sezione
Seconda n. 1159/1995 pubblicata mediante deposito il 29 settembre 1995
Visto
l’appello con i relativi allegati;
Visto
l’atto di costituzione in giudizio dell’Empam;
Viste le
memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli
atti tutti di causa;
Nominato
relatore per l’udienza del 5 marzo 2002 il Consigliere Filoreto D’Agostino e
udito l’Avv. B. Pirocchi su delega dell’Avv. F. Pirocchi;
Ritenuto e
considerato in fatto e in diritto quanto segue
Ritenuto in fatto
Viene in decisione
l’appello avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale il Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia ha ritenuto che illegittimamente il
Comune di Milano richiedesse, per il rilascio di concessione edilizia in
sanatoria a favore dell’Empam, un contributo di concessione in dichiarata
applicazione delle tariffe comunali vigenti al momento della richiesta (cioè
all’anno 1994) anzi che di quelle operanti al momento della domanda di
sanatoria.
L’Empam si è costituito
e ha controdedotto alle tesi del Comune, concludendo per la reiezione del
gravame.
All’udienza del 5 marzo
2002 parti e causa sono state assegnate in decisione.
Considerato in diritto
L’appello è infondato.
La questione sottoposta
a giudizio è la seguente: se per le concessioni edilizie rilasciate in
sanatoria a’ sensi degli articoli 31 e seguenti della legge 28 febbraio 1985,
n. 47, i contributi di concessione vadano calcolati ai sensi dell’articolo 11
della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (con riferimento, cioè, al momento del
rilascio) ovvero con riguardo al tempo di presentazione della istanza.
Il Giudice di prime
cure ha concluso per la non applicabilità dell’articolo 11 della citata legge
n. 10 del 1977 in base alle seguenti considerazioni:
la materia del condono
edilizio è disciplinata da una normativa speciale (il capo IV della legge n. 47
del 1985 e le leggi regionali collegate) con caratteri di autonomia rispetto
all’ordinario regime edilizio;
l’articolo 37, comma
secondo della citata legge n. 47 del 1985 non contiene un rinvio dinamico alle
norme che regolamentano la corresponsione di contributi per l’ordinaria
attività edilizia;
questa interpretazione
è stata recepita dalla legge della Regione Lombardia 10 giugno 1985, n. 77
(art. 1 c. 2) in dichiarata applicazione dell’articolo 37 della legge n. 47 del
1985;
indiretta conferma si
consegue dall’esegesi di altra norma di settore (l’articolo 39 comma 10 della
legge 23 dicembre 1994, n. 725), che ancora il computo per il pagamento degli
oneri ai parametri in vigore al 30 giugno 1989, in evidente riferimento al
termine ultimo per l’esame della pratica da parte del Comune, vale a dire nei ventiquattro
mesi successivi alla data del 30 giugno 1987, (entro cui spirava il rinnovato
termine per la presentazione delle domande di condono).
Le conclusioni cui è
pervenuto il Tribunale amministrativo ambrosiano vanno pienamente condivise.
E’ indubbio che la
materia de qua agitur sia regolata
dall’articolo 37 della legge n. 47 del 1985, che così recita: “Le regioni
possono modificare, ai fini della sanatoria, le norme di attuazione degli
articoli 5, 6 e 10, L. 28 gennaio 1977, n. 10. La misura del contributo di
concessione, in relazione alla tipologia delle costruzioni, alla loro
destinazione d'uso ed alla loro localizzazione in riferimento all'ampiezza e
all'andamento demografico dei comuni, nonché alle loro caratteristiche
geografiche, non può risultare inferiore al 50 per cento di quello determinato
secondo le disposizioni vigenti all'entrata in vigore della presente legge.”
Il precetto è di
assoluta chiarezza: le leggi regionali non possono determinare una misura del
contributo di concessione per immobili soggetti a sanatoria che risulti
inferiore alla metà di quello determinabile giusta le disposizioni vigenti al
momento di entrata in vigore della medesima legge n. 47 del 1985.
Ne consegue che
quest’ultimo computo costituisce il limite massimo di esposizione per la
determinazione del contributo di concessione.
Questo solo argomento
sarebbe di per sé ragione necessaria e sufficiente per la conferma della
sentenza impugnata.
Va aggiunto per mera
completezza che la ratio della
disposizione trova nell’impianto della legge (e nel principio di
ragionevolezza) ulteriori motivi di sostegno.
La legge n. 47 del 1985
ha la dichiarata finalità di ripristinare, in presenza di determinate
condizioni, la legalità violata nel settore edilizio – urbanistico attraverso
una procedura che, diversamente da quella di rilascio della concessione
edilizia ex lege n. 10 del 1977,
presuppone l’esistenza dell’immobile, in quanto edificato entro una determinata
data.
La procedura in
questione è preordinata:
alla prova
dell’esistenza dell’immobile e della sua edificazione nei termini indicati dal
legislatore (per assicurare un rapporto tra realtà effettuale e determinazioni
amministrative);
all’accertamento della
conformità urbanistica o, quanto meno, dell’inesistenza di insuperabili vincoli
di inedificabilità, dell’intervento ancorché non assistito da atti di assenso
dell’Amministrazione (per legittimare il successivo atto di concessione in
sanatoria).
La concessione in
sanatoria è così destinata a rivestire di legittimità un fatto al quale è
intrinsecamente correlata: senza il fatto (cioè l’immobile abusivo) non si
determinerebbe un esame ex post (e una tantum)
della qualificazione giuridica (cioè della possibile sanabilità).
Si intende cioè
sottolineare come, diversamente che nella legge n. 10 del 1977, il fatto (la
costruzione) precede e non segue il rilascio della concessione.
Da questa osservazione
scaturisce come proprio la prospettiva su dati di fatto non omogenei e
disciplinati da diversi precetti giuridici (dalla quale il Giudice di prime
cure ha fatto discendere l’applicazione del principio di specialità) impedisce
l’ipotesi assimilativa, fatta propria
dal Comune appellante.
D’altro canto, la
previsione del combinato disposto degli articoli 3 e 11 della legge 28 gennaio
1977, n. 10 collega il rilascio della concessione edilizia (anche senza
condizionarne la legittimità: C.d.S., V, 15 aprile 1996, n. 426) alla
corresponsione di contributi per un’attività futura di edificazione, nonché di
predisposizione delle opere di urbanizzazione. Al momento del rilascio i
contributi vanno a gravare su un immobile ancora non esistente: è pertanto ragionevole il collegamento tra momento del
rilascio della concessione e tariffe comunali vigenti a quell’epoca in quanto
l’effetto conformativo del territorio è già completamente prefigurato nei suoi
aspetti ideali.
E’ evidente che,
nell’ambito della legislazione di sanatoria, tutte queste considerazioni
vengono ......