ONERI PER IL REINTEGRO DI UN DIRIGENTE
CIRCOLAZIONE: LIMITAZIONI FUORI DAI CENTRI ABITATI
SEZIONE
SEZIONE
ESITO
NUMERO
ANNO
MATERIA
PUBBLICAZIONE
PRIMA APPELLO
Sentenza
536
2008
Responsabilità
04-12-2008
REPUBBLICA ITALIANA 536/2008/A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte dei conti
Sezione prima giurisdizionale centrale di appello
composta dai seguenti
magistrati:
dott. Vito MINERVA Presidente
dott. Rocco DI PASSIO Consigliere relatore
d.ssa Cristina
ZUCCHERETTI Consigliere
d.ssa Maria FRATOCCHI Consigliere
d.ssa Rita LORETO Consigliere
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel giudizio di appello, iscritto al n. 27329 del registro
di segreteria, proposto dai sigg. Rosalba PELLIZZARI, Carlo GIARETTA, Giovanni
Romeo SPIGARIOL, Domenico CAMAGNA, Fabrizio CATTAI, rappresentati e difesi
dagli avv. Gian Piero MAZZONE e Massimo ANGELICI;
avverso
la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione
PIEMONTE n. 142 del 16.6 – 25.7.2006;
Visti gli
atti di causa;
Uditi, nella
Camera di consiglio del 7 novembre 2008, il consigliere relatore e il difensore
degli appellanti avv. Piero MAZZONE e il P. M. dott. Alfredo LENER;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
l’impugnata sentenza, gli appellanti, nella loro qualità, rispettivamente, di
sindaco e assessori del Comune di Bassignana, sono stati condannati, in solido,
al risarcimento del danno, arrecato allo stesso Comune, di € 25.566,90, oltre a
interessi legali, rivalutazione monetaria e spese di giudizio.
Secondo il primo Giudice, il danno è scaturito dalla
revoca dell’incarico di responsabile dei servizi tecnici e manutentivi attribuito
ad un dipendente, riammesso nell’incarico, in forza di decisione del Giudice
del lavoro, con la corresponsione delle indennità accessorie non corrisposte
durante il periodo in cui ha operato la revoca.
Il primo Giudice, sulla scorta delle argomentazioni del
Giudice del lavoro, ha ritenuto che il comportamento degli appellanti è stato
caratterizzato da dolo diretto, data la loro volontà di causare un ingiusto
pregiudizio al dipendente.
Gli
appellanti deducono i seguenti motivi di appello: insindacabilità delle scelte
discrezionali, in materia di riorganizzazione degli uffici, finalizzata ad una
migliore funzionalità ed economicità; l’accorpamento di compiti omogenei, al
fine di consentire la gestione ottimale delle risorse disponibili, è estranea alla
volontà di arrecare pregiudizio diretto agli operatori; manca assolutamente
l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, poiché essi hanno agito
nell’interesse funzionale ed economico dell’Ente locale e degli amministrati.
In conclusione, chiedono, la definizione del giudizio ex
art. 231 della legge n. 266/2005, la riforma della sentenza appellata con
assoluzione dalla domanda attrice e, in subordine, l’uso del potere
riduttivo.
Con decreto
presidenziale n. 12/2008, l’istanza di definizione, esaminata in relazione alla
condanna riportata, non è stata accolta.
Il
Procuratore generale, nelle sue conclusioni, chiede il rigetto dell’appello,
ritenendo che il Sindaco e la Giunta, nel disporre la revoca, hanno agito con
la precipua volontà di arrecare pregiudizio al dipendente.
Nella udienza di discussione, le
parti hanno ribadito, con ulteriori esplicitazioni, le argomentazioni e le
richieste formulate nei rispettivi atti scritti.
MOTIVAZIONE
Con provvedimento sindacale n.
2/2001, l’Amministrazione comunale, subito dopo il suo insediamento dopo le
elezioni, ha provveduto a riorganizzare l’amministrazione comunale, secondo
criteri di funzionalità ed economicità, eliminando doppioni con l’accorpamento
di unità operative similari e riducendo i costi di gestione, sopprimendo
strutture di coordinamento, con retribuzioni dirigenziali, sproporzionate alla
effettiva organizzazione amministrativa comunale, create dalla precedente
amministrazione a ridosso delle elezioni comunali.
Nella specie,
pertanto, non si riscontra la mera revoca di incarico dirigenziale, nella
invarianza dell’organizzazione amministrativa, ma la riorganizzazione con
soppressione di strutture di coordinamento ritenute inutili,
dall’amministratore, in relazione al programma di governo locale (piano di
gestione) che intende realizzare; in tal senso, risulta fondata l’eccezione di
insindacabilità della scelta organizzativa attuata, non rinvenendosi la sua
irrazionalità o estraneità alle funzioni istituzionali dell’Ente.
L’unità funzionale, impedendo
la parcellizzazione dell’attività fra più strutture operative, rende
l’erogazione dei servizi comunali più efficiente ed efficace, con la
eliminazione dei costi superflui.
In tal senso risulta
che intendeva operare l’amministrazione comunale, attuando la riorganizzazione
degli uffici comunali.
La conservazione
“delle indennità accessorie” del dipendente non può condizionare l’ottimale
organizzazione amministrativa; annosa giurisprudenza amministrativa e
specifiche disposizioni normative consentono non solo la revoca di incarichi,
ma anche la risoluzione del rapporto di impiego nell’ipotesi della soppressione
di uffici.
Nella specie, c’è da
chiedersi se la riammissione forzata dell’impiegato nella posizione precedente,
impedendo la riorganizzazione degli uffici, non abbia generato, oltre che
inefficienza, anche costi superflui.
La logica in cui si
muove il Giudice del lavoro, finalizzata alla esclusiva tutela delle situazioni
soggettive dei lavoratori, non può essere assunta automaticamente a fondamento
del danno erariale, che presuppone che il danneggiante abbia scientemente (con
dolo o colpa grave) operato, nella specie, nella riorganizzazione del lavoro e
delle strutture operative, in danno dell’amministrazione.
Situazione che non si rinviene nella
specie.
Pertanto, l’appello merita accoglimento.
Sussistono
giusti motivi per ritenere compensate le spese di difesa.
Trattandosi di
appello accolto, non si fa luogo a pronuncia sulle spese del presente giudizio
e di quello di primo grado.
P.Q.M.
la Corte dei conti - Sezione prima giurisdizionale
centrale di appello accoglie l’appello indicato in epigrafe, con conseguente
riforma della sentenza appellata e assoluzione degli appellanti dalla domanda
attrice; compensa le spese legali.
Nulla per le
spese dei due gradi di giudizio.
Così deciso
in Roma, nella Camera di consiglio del 7 novembre 2008.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Rocco DI PASSIO F.to Vito MINERVA
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