ORDINANZA DI CHIUSURA PER ATTIVITA' RUMOROSA
INDENNITA' AGLI AMMINISTRATORI DI CONSORZI, UNIONI, COMUNITA' MONTANE
REPUBBLICA ITALIANA
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - 4^ Sezione -
T.A.R.
LOMBARDIA – SENT. N. 715/2008 DEL 02/04/2008
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
sul ricorso R.G. 634/2007 proposto da CIRCOLO ARCI RADIO AUT, in persona del
legale rappresentante pro-tempore e ASSOCIAZIONE IDEE IN CANTIERE, in persona
del legale rappresentante pro-tempore, entrambi rappresentati e difesi dagli
avv.ti Carlo Galli e Gloria Agostini ed elettivamente domiciliati presso la
Segreteria del TAR Lombardia in Milano, Via Conservatorio n. 13;
c o n t r o
COMUNE DI PAVIA, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Paolo Bobbio Pallavicini ed elettivamente domiciliato ex lege (art.
35 RD 1054/1924 e art. 19 L. 1034/1971), presso la Segreteria del TAR Lombardia
in Milano, Via Conservatorio n. 13;
SINDACO DEL COMUNE DI PAVIA-UFFICIALE DI GOVERNO, non costituito in giudizio;
e nei confronti di
GIROLAMO DE RADA, non costituito in giudizio;
e con l’intervento ad opponendum di
MARTINELLI RAFFAELLA, TAVAZZANI GIOVANNI, CIMENTI PAOLA, CORSICO ANGELO,
VOLODINA EKATERINA, VIGORELLI ARISTIDE, CATENACCI EUGENIO, BAGGI DANIELA,
VENDER SIMONE, ZAMPIERI LUISANNA, MAFFI GUIDO, LUCCHESE ALESSANDRA, PIACENTINI
MASSIMILIANO, ZANOLI CLAUDIO, TORCHIO PINUCCIA, SPIAGGI MARIA, ALDANI ELETTRA e
BARCELLI PIERA MARIA, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Loriana
Zanuttigh e Cristiano Romano, nel cui studio in Milano, Via Fontana n 25, sono
elettivamente domiciliati.
per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia
dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Pavia del 16.1.2007 e di ogni
altro atto preordinato e/o connesso, nonché per il risarcimento dei danni.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pavia;
Visto l’atto di costituzione degli intervenienti ad opponendum;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, all'udienza dell’11 marzo 2008 (relatore Dott. Giovanni Zucchini) i
procuratori della parte ricorrente, dell'Amministrazione comunale e degli
intervenienti;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
F A T T O
L’Associazione “Idee in cantiere” conduce in locazione un immobile sito in
Pavia, Via Siro Comi n. 11, all’interno del quale ha sede anche il Circolo Arci
“Radio Out”. Nel locale è svolta attività di somministrazione di alimenti e
bevande.
Con ordinanza del 16.1.2007, il Sindaco di Pavia, vista la relazione dell’ARPA
redatta a seguito di sopralluogo in data 12-13 ottobre 2006 ed accertata una
situazione di inquinamento acustico, limitava lo svolgimento dell’attività di
somministrazione, sino ad allora effettuata fino alle ore 2.00, al solo periodo
diurno (ore 6.00-22.00), subordinando la prosecuzione oltre le 22.00
all’esecuzione di idonee opere di insonorizzazione acustica.
Contro la citata ordinanza
sindacale era proposto il presente ricorso, con domanda di sospensiva e di
danni, per i motivi che possono così sintetizzarsi:
1) violazione dell’art. 9 della legge 447/1995, dell’art. 4 del DPCM 14.11.1997
e carenza di potere; ove si contesta la sussistenza dei presupposti di fatto e
di diritto per l’adozione dell’ordinanza ex art. 9 legge 447/1995;
2) eccesso di potere per travisamento dei fatti, nel quale si evidenzia il
difetto di istruttoria in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione comunale.
Il Comune di Pavia si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza cautelare del 3.4.2007, gli esponenti rinunciavano alla domanda di
sospensiva.
Successivamente, in data 12.4.2007, era depositato in giudizio un atto di
intervento ad opponendum da parte di un gruppo di residenti nelle immeditate
vicinanze del locale in questione, i quali, lamentando le eccessive immissioni
rumorose a loro danno, si associavano alle conclusioni difensive del patrono
del Comune.
All’udienza pubblica dell’11.3.2008, la causa era trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1. In via preliminare, deve essere affrontata la questione, rilevabile
d’ufficio al pari di tutte le questioni pregiudiziali nel processo
amministrativo, dell’inammissibilità dell’atto di intervento, per omessa
notificazione del medesimo alle altre parti in causa.
A norma dell’art. 22, comma 2, della legge 6.12.1971, n. 1034, infatti, la
domanda di intervento deve essere dapprima notificata alle parti in giudizio
nel rispettivo domicilio di elezione ed all’organo che ha emanato l’atto
impugnato e successivamente depositata in segreteria entro venti giorni dalla
data della notificazione.
In difetto della suddetta notificazione, l’intervento deve reputarsi
inammissibile (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, n. 3675 del 20.9.2005, con
la giurisprudenza ivi richiamata).
Nel caso di specie, non vi è alcuna prova dell’intervenuta notificazione
dell’atto di intervento, anzi l’originale di quest’ultimo – denominato “Atto di
costituzione” - risulta inserito nel fascicolo di causa senza l’indicazione di
alcuna notificazione effettuata alle altre parti del giudizio, per cui non può che
pronunciarsi l’inammissibilità dell’intervento stesso.
Si badi che tale conclusione non muta per la circostanza che le parti
ricorrenti hanno eletto domicilio presso la Segreteria del TAR Lombardia, visto
che gli intervenienti avrebbero dovuto in ogni modo ritualmente notificare
l’atto presso la citata Segreteria e successivamente inserire nel fascicolo di
causa l’originale dell’atto di intervento con la relazione di notificazione, a
prova della notifica così effettuata.
Attesa, pertanto, l’inammissibilità dell’atto di intervento, deve essere
disposta l’estromissione dal presente giudizio delle parti che hanno svolto
l’intervento stesso.
2. Passando alla trattazione del merito del ricorso, si rileva che il primo
mezzo di gravame è infondato.
Nel caso di specie, sussistono infatti i presupposti di fatto e di diritto per
l’adozione, da parte del Sindaco, dell’ordinanza di cui all’art. 9 della legge
447/1995.
A tal proposito giova in primo luogo rammentare che l’art. 15 della legge
regionale 13/2001, dopo aver attribuito ai comuni e alle province l’attività di
vigilanza e controllo in materia di inquinamento acustico (comma 1°), ha cura
di precisare che per tale attività le Amministrazioni effettuano precise
richieste all’ARPA (il che è avvenuto nel caso di specie),
<<privilegiando le segnalazioni, gli esposti, le lamentele presentate dai
cittadini residenti in ambiti abitativi o esterni prossimi alla sorgente di
inquinamento acustico>> (comma 2°).
Ciò premesso, appare sufficiente anche la segnalazione di un solo cittadino,
come avvenuto nella presente causa da parte del sig. De Rada, per consentire al
Comune di intervenire per reprimere le violazioni alla disciplina
sull’inquinamento acustico, utilizzando a tal scopo lo specifico – ed unico
peraltro – strumento messo a disposizione dalla legislazione speciale in
materia (legge 447/1995), vale a dire l’ordinanza di cui all’art. 9 della
medesima legge 447/1995.
Del resto, la più recente giurisprudenza ha ammesso la legittimità di
un’ordinanza ex art. 9 citato anche se adottata a seguito di un esposto di una
sola famiglia (TAR Puglia, Lecce, sez. I, 8.6.2006, n. 3340 e sez. I,
24.1.2006, n. 488, nelle quali si mette altresì in luce come l’art. 9 della
legge 447/1995 rappresenti per così dire l’ordinario rimedio in materia di
inquinamento acustico, non prevedendo la citata legge altri strumenti a
disposizione delle Amministrazioni comunali e TAR Lombardia, Milano, sez. IV,
27.12.2007, n. 6819).
Il potere di ordinanza comunale in materia costituisce espressione della potestà
regolatoria volta a conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di
emissione acustica nell’ambito del territorio comunale; tale potere
conformativo può manifestarsi, come del resto è avvenuto nella presente
fattispecie, anche attraverso l’obbligo per il responsabile delle immissioni
rumorose di ridurre o rimodulare l’orario della propria attività fonte delle
suddette immissioni.
Neppure potrebbe sostenersi, come vorrebbero le ricorrenti, che il Comune
avrebbe dovuto ricorrere a rimedi alternativi rispetto alla riduzione di
orario: l’Amministrazione ha infatti imposto l’adozione di adeguata misure di
insonorizzazione, fermo restando, nelle more della loro realizzazione, la
variazione dell’orario di apertura.
La mancata previsione di un termine certo di durata degli effetti
dell’ordinanza impugnata non ne mina la legittimità: trattandosi di ordinanza
contingibile ed urgente ex art. 9 legge 447/1995, non appare infatti
illegittima la fissazione di un termine di efficacia subordinata alla realizzazione,
da parte del responsabile dell’inquinamento, delle opere necessarie per il
rispetto dei limiti di emissione sonora.
Non vi è neanche contraddittorietà fra l’ordinanza impugnata ed il
provvedimento con cui il Comune ha sospeso l’efficacia della stessa,
costituendo quest’ultimo un atto di carattere provvisorio ed interinale, volto
a consentire l’esercizio normale dell’attività del circolo e nel contempo a
permettere agli organi di controllo l’effettuazione di ulteriori verifiche
fonometriche, per l’appunto nelle condizioni di ordinario esercizio
dell’attività di somministrazione (cfr. doc. 13 dei ricorrenti).
Infine, non si ravvisa neppure la lamentata violazione dell’art. 4, comma 3,
del DPCM 14.11.1997, in quanto, al di là della circostanza, affermata in
ricorso, secondo cui le due associazioni esponenti non hanno fine di lucro,
appare evidente che il rispetto dei limiti differenziali di immissione di cui
all’art. 4 del DPCM sopra citato riguarda tutte le attività che, per le proprie
intrinseche caratteristiche e per la struttura organizzativa necessaria al loro
svolgimento, sono idonee alla produzione di immissioni sonore inquinanti.
In tal senso l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, anche se
svolta da enti asseritamente senza scopo di lucro, non può sfuggire al
necessario rispetto dei limiti di cui all’art. 4 del DPCM 14.11.1997 (cfr.
circolare del Ministero dell’Ambiente del 6.9.2004, punto 3 e, in
giurisprudenza, TAR Basilicata, 2.1.2008, n. 5).
3. Anche il secondo motivo di ricorso deve essere respinto.
La relazione ARPA, posta a fondamento dell’ordinanza sindacale, indica il
rumore degli avventori all’esterni del locale e l’utilizzo di radio all’esterno
come fonte <<principale>> ma non esclusiva del rumore (non si
dimentichi, a tal proposito, che il superamento dei limiti di emissione risulta
molto rilevante e che la porta esterna del locale era risultata aperta fino
alle 2.00, per cui sotto tale profilo appare improbabile che le fonti rumorose
siano solo quelle esterne), senza contare che tale presenza esterna non può
ritenersi – come parrebbe sostenere parte ricorrente – totalmente svincolata
dall’attività svolta all’interno del locale stesso.
Infatti, appare chiaro dalla lettura della relazione suddetta (costituente atto
pubblico avente efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 del
codice civile), che gli avventori rimangono in ogni modo all’esterno del
locale, anziché allontanarsi, visto che l’attività di somministrazione di
alimenti e bevande, anziché cessare entro le ore 2.00, continua in realtà anche
successivamente, mediante la distribuzione di prodotti di consumo attraverso
apposita grata (anzi, nella relazione si segnala addirittura una riapertura del
locale – seppure per breve tempo – intorno alle ore 2.50).
Orbene, se si tiene conto della finalità propria dell’ordinanza ex art. 9 legge
447/1995, come sopra esposto, non appare certo illegittimo un provvedimento di
limitazione dell’orario di un’attività di somministrazione che, per le proprie
caratteristiche di svolgimento, comporta la produzione di immissioni rumorose
anche nello spazio immediatamente prospiciente all’ingresso del locale, vista
addirittura la sostanziale prosecuzione dell’attività oltre l’orario massimo di
chiusura.
Priva di pregio è poi l’osservazione dei ricorrenti sul presunto errore in cui
sarebbe incorsa ARPA nella misurazione del livello differenziale, per avere
tenuto conto del rumore residuo già misurato in altra occasione, vale a dire il
18.9.2005, allorché era chiuso un altro vicino locale, denominato “Sottovento”.
Infatti, anche a voler prescindere dalla circostanza che i ricorrenti censurano
presunti errori di ARPA senza aver ritualmente evocato la stessa in giudizio,
appare corretta la condotta dei tecnici di quest’ultima, visto che, nella notte
fra il 12 e il 13 ottobre 2006, allorché furono effettuate le misurazione che
hanno portato alla relazione di cui è causa, il “Sottovento” era chiuso (pag. 3
del doc. 9 ricorrenti), per cui è stato logic......