PATROCINIO LEGALE AI DIPENDENTI
EMENDAMENTI ALLA FINANZIARIA
REPUBBLICA
ITALIANA N. 5986/06 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N.133 REG.RIC.
Il Consiglio
di Stato in
sede giurisdizionale, (Quinta
Sezione) ANNO 2000
ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 133 del
2000 proposto dal sig. Vincenzo BROCCOLI,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Fantinato e Marucchi e presso lo studio di
quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Mellini n.39,
contro
il Comune di Camaiore, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Carmelo D’Antone ed
elettivamente domiciliato in Roma, Via Parigi n. 11, presso lo studio dell’avv. Marco Pocci,
per la
riforma
della sentenza n. 659 in data
30 giugno 1999
pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana,
Firenze, Sez. II;
Visto il ricorso con i relativi
allegati;
Visto l’atto di costituzione in
giudizio del Comune appellato;
Vista la memoria prodotta
dall’appellante a sostegno delle sue difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado
Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 21
giugno 2005 l’avv. Fantinato e l’avv. Lofoco, su delega dell’avv. D’Antone;
Ritenuto e considerato in fatto e
in diritto quanto segue.
FATTO
L’appello in esame è rivolto contro
la sentenza n. 659
in data 30 giugno 1999 con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana,
Firenze, Sez. II, ha respinto il ricorso proposto dal sig. Vincenzo
Broccoli per ottenere l’annullamento della deliberazione 19 agosto 1996 n. 888
della Giunta comunale di Camaiore. Con questo provvedimento il Comune aveva
stabilito di non accogliere la richiesta, avanzata dal ricorrente, di rimborso
delle spese legali da lui sostenute nel giudizio penale a suo carico per fatti
connessi all’espletamento del servizio, in qualità di comandante dei vigili
urbani (peculato, art. 314 c.p., e falso, artt. 476 e 482 c.p.), conclusosi in
appello con sentenza di assoluzione con formula piena.
L’appellante ripropone,
sostanzialmente, i motivi di censura già formulati in primo grado e contesta le
ragioni sulle quali la sentenza si fonda; chiedendo, in conclusione, che, in
riforma di questa, sia accolto il ricorso di primo grado; con ogni conseguente
determinazione sulle spese e competenze del doppio grado di giudizio.
Per resistere si è costituito in
giudizio il Comune di Camaiore, richiamando le difese già svolte in primo grado.
La causa è stata trattata
all’udienza pubblica del 21 giugno 2005, nella quale, sentiti i difensori
presenti, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Per una migliore comprensione della
controversia, conviene ricordare che l’appellante, a seguito di rinvio a
giudizio per reati connessi all’espletamento del servizio, in qualità di
comandante dei vigili urbani del Comune resistente, fu riconosciuto colpevole e
condannato in primo grado e, poi, assolto con formula piena in appello.
Ha chiesto, pertanto, ai sensi
dell’art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987 n. 268, il rimborso delle spese legali
sostenute nei due gradi di giudizio, che gli è stato negato con la
deliberazione impugnata con il ricorso di primo grado.
Sostiene il ricorrente che,
contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., sussistono nella specie tutti i
presupposti previsti dalla norma per la concessione del beneficio in questione.
L’assunto è, però, infondato.
Dispone l’art. 67 del D.P.R. 13
maggio 1987 n. 268 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo
sindacale, per il triennio 1985 - 1987, relativo al comparto del personale degli
enti locali) che: “L’ente, anche a tutela
dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento
di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti
o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento
dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista
conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento
facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”.
La disposizione, com’è noto, se da
un lato è intesa a tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome e per
conto, oltre che nell’interesse, dell’Amministrazione, dalle spese legali
affrontate per i procedimenti giudiziari strettamente connessi all’espletamento
dei loro compiti istituzionali; è, comunque, dettata al fine di consentire
all’Amministrazione la tutela della sua posizione, non potendo essa procedere
ad esborso di denaro pubblico se non per la cura di un pubblico interesse.
Quest’ultimo profilo, del resto, è
oggetto di particolare attenzione del legislatore, che si preoccupa si
evidenziarlo nella norma suddetta attraverso i due incisi “anche a tutela dei propri diritti ed interessi” e “a condizione che non sussista conflitto di
interessi”.
Nel caso in esame, tuttavia, non
sussiste uno dei presupposti essenziali per accedere al beneficio, vale a dire
quello della mancanza in concreto di conflitto d’interesse tra il dipendente e
l’Amministrazione.
Si deve rilevare, infatti, per un
verso, che l’Amministrazione nel procedimento penale si è costituita parte
civile nei confronti del dipendente e, per altro verso, che, come si evidenzia
anche nel provvedimento impugnato, alla data di questo pendeva a carico del
ricorrente un procedimento davanti alla Corte dei conti per gli stessi fatti,
oggetto dell’indagine penale.
Le pretese fatte valere dal Comune
nel procedimento penale e nel giudizio contabile, postulano oggettivamente
l’esistenza di un conflitto di interessi tra le parti, escludendo nello stesso
tempo che la difesa del dipendente possa essere in qualche modo riferita alla
tutela di diritti ed interessi dell’Amministrazione. Il rilievo è decisivo e di
per sé sufficiente, indipendentemente da ogni valutazione attinente all’esito
del procedimento penale ed all’accertamento della responsabilità contabile del
dipendente (cfr., in fattispecie analoga, Cass. Sez. Lavoro, 17 settembre 2002
n. 13624).
L’infondatezza della pretesa
sostanziale fatta valere rende superfluo l’esame delle censure dedotte avverso
la sentenza appellata, che va, quindi, confermata, sia pure con la diversa
motivazione fin qui esposta.
L’appello va, pertanto, respinto.
Sussistono giusti motivi per
disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Compensa tra le parti spese e
competenze del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione
sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del
21 giugno 2005 con l'intervento dei Signori:
Raffaele Iannotta - Presidente
Giuseppe Farina - Consigliere
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Claudio Marchitiello - Consigliere
Aniello Cerreto -
Consigliere