PERMESSI POST-PARTUM AL PADRE
DIFFERENZE RETRIBUITE PER MANSIONI SUPERIORI ANTE 1998
Consiglio di Stato
Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 9 settembre 2008, n. 4293
FATTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale
Amministrativo Regionale della Toscana L. Salvatore domandava l'annullamento
del provvedimento della Questura di Arezzo del 14 agosto 2000 e del parere
della Direzione Centrale del Personale, Servizio Ordinamento e contenzioso,
Divisione, nonché l'accertamento del diritto a vedersi concedere i periodi di
riposo giornalieri richiesti con relativo trattamento economico, sino al compimento
di un anno di vita delle proprie figlie.
A fondamento del ricorso deduceva plurime censure di violazione di legge ed
eccesso di potere.
Si costituiva in giudizio per resistere al ricorso il Ministero dell'Interno e
la Questura di Arezzo.
Con sentenza n. 2737 del 25 novembre 2002 il TAR accoglieva il ricorso.
2. La sentenza è stata appellata dal Ministero dell'Interno, che contrasta le
argomentazioni del giudice di primo grado.
La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 6 giugno 2008.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L. Salvatore, Ispettore della Polizia di Stato in
servizio presso il Commissariato di P.S. di Montevarchi, aveva chiesto più
volte al Questore della Provincia di Arezzo di poter fruire dei periodi di
riduzione dell'orario di servizio per allattamento in qualità di lavoratore
padre, ai sensi della legge 8 marzo 2000 n. 53, fino al compimento del 1° anno
di vita delle proprie due figlie.
Con provvedimento del 14 agosto 2000 la Questura di Arezzo, tenendo conto del
parere emesso dalla competente Direzione Centrale del Personale, aveva
rigettato le richieste avanzate dal L. Secondo tale parere è consentita la
sostituzione nella fruizione dei permessi al padre solo qualora la madre sia
lavoratrice autonoma e non anche nel caso che la madre sia casalinga.
L'interessato ha impugnato tale atto di diniego, deducendo, con un unico,
articolato motivo, violazione dell'art. 10, 6° comma, l. n. 1204/1971
introdotto con l'art. 3 l. 53/2000; violazione per errata interpretazione
dell'art. 6-ter l. 903/1977 introdotto con l'art. 13 l. 53/2000; violazione dei
principi desumibili dall'art. 31 Cost. In via subordinata, questione di
costituzionalità dell'art. 10 l. 1204/1971 e dell'art. 6-ter l. 903/1977 per
contrasto con gli artt. 3 e 31 Cost.
Il TAR ha accolto il ricorso, ritenendo applicabile l'art. 10, 6° comma, l. n.
1204/1971 (introdotto dall'art. 3, comma 3, l. 59/2000, secondo cui "In
caso di parto plurimo i periodi di riposo sono raddoppiati e le ora aggiuntive
rispetto a quelli previsti dal primo comma del presente articolo possono essere
utilizzati anche dal padre"), in forza di un'interpretazione estensiva
della norma che limita detto beneficio ai casi in cui la moglie non sia
lavoratrice dipendente.
Appella l'Amministrazione sostenendo l'erroneità dell'equiparazione della
casalinga alla lavoratrice autonoma.
2. L'appello è infondato.
L'art. 6-ter l. 903/1977 (introdotto dalla l. 59/2000) stabilisce che: "I
periodi di riposo di cui all'art. 10 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204 e
successive modificazioni e i relativi trattamenti economici sono riconosciuti
al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice che non se ne avvalga; c) nel caso in
cui la madre non sia lavoratrice dipendente".
Premesso che il padre, che non sia affidatario esclusivo, può beneficiare dei
congedi solo se la madre sia lavoratrice, e non intenda avvalersi dei congedi
spettatigli o non sia lavoratrice dipendente, correttamente il TAR ha ritenuto
che l'espressione l'ultima fattispecie possa dirsi comprensiva della
"lavoratrice" casalinga.
Posto, infatti, che la nozione di lavoratore assume diversi significati
nell'ordinamento, ed in particolare nelle materie privatistiche ed in quelle
pubblicistiche, è a quest'ultimo che occorre fare riferimento, trattandosi di
una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità, in
attuazione delle finalità generali, di tipo promozionale, scolpite dall'art. 31
Cost.
In tale prospettiva, essendo noto che numerosi settori dell'ordinamento
considerano la figura della casalinga come lavoratrice (sul punto
un'interessante ricostruzione è fornita da Cass. 20324/2005, al fine di
risolvere il problema della risarcibilità del danno da perdita della relativa
capacità di lavoro), non può che valorizzarsi la ratio della norma, volta a
beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre
non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia
impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato.
3. L'appello deve essere respinto. La natura della controversia, legata a una
questione interpretativa, giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Sesta, respinge l'appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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