PRESCRIZIONE DELLE PRESTAZIONI PER LA RENDITA A SUPERSTITI
CONGUAGLIO CONTRIBUTI DI FINE ANNO 2005
DIREZIONE CENTRALE PRESTAZIONI
DIREZIONE
CENTRALE PRESTAZIONI
Ufficio I
Prot. n .7187/bis
Roma, 28 novembre 2005
A TUTTE LE UNITA' CENTRALI E TERRITORIALI
Oggetto: Rendita a superstiti. Decorrenza della prescrizione e delle
prestazioni.
Quadro normativo.
Come noto, le vigenti direttive prevedono che il diritto alla rendita a
superstiti si prescrive nel termine di tre anni e 150 giorni decorrente dalla
data del decesso dell'assicurato (cfr. la "Guida" allegata alla circ.
n. 71/1996, paragrafo F).
Tali direttive si fondano su un orientamento della Corte di Cassazione - in
passato univoco - secondo il quale il diritto alla rendite a superstiti
insorge, e può essere esercitato, dalla data del decesso dell'assicurato e,
quindi, dalla stessa data inizia a decorrere la prescrizione, senza che assuma
rilevanza la mancata conoscenza, da parte dei superstiti, della causa
lavorativa della morte.
Negli ultimi anni, i giudici di legittimità hanno radicalmente mutato indirizzo
sull'argomento, affermando - in diverse pronunce riguardanti casi di morte per
malattia professionale (sentenze nn. 13145/99, 4223/02, 10697/02, 12734/03,
2002/05) - i seguenti principi:
- la fattispecie costitutiva del diritto alla rendita a superstiti si realizza
in capo ai familiari del lavoratore assicurato non per il solo fatto della
morte del congiunto, essendo altresì necessario che il decesso sia causalmente
riconducibile ad una tecnopatia;
- il diritto, quindi, può essere fatto valere solo dal momento in cui è
conosciuta, o è "oggettivamente conoscibile", la causa lavorativa
della morte;
- di conseguenza, sulla base del principio generale secondo il quale il termine
di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere
fatto valere (art. 2935 cod. civ.), il dies a quo del periodo prescrizionale
per la rendita a superstiti coincide con la data dalla quale la causa
lavorativa della morte era conosciuta, o era "oggettivamente
conoscibile", dai superstiti.
Tale nuovo indirizzo della Corte di Cassazione, in sostanza, estende anche alla
rendita a superstiti il principio - già affermato dalla Corte Costituzionale
con la sentenza n. 31 del 1991 relativamente alla rendita "diretta"
per inabilità permanente - secondo il quale il dies a quo di decorrenza del
termine di prescrizione va individuato con riferimento al momento in cui si
realizzano le condizioni che consentono al titolare di conseguire la
ragionevole conoscibilità dell'esistenza del diritto stesso (vedi, da ultimo,
la Nota Tecnica allegato n. 1 alla lettera del 18 settembre 2003 concernente il
"Nuovo flusso procedurale per l'istruttoria delle denunce di malattia
professionale").
L'Istituto ritiene di doversi uniformare al più recente orientamento della
Suprema Corte sopra illustrato.
Tale scelta scaturisce non solo dalla esigenza di prevenire la incerta
vertenzialità che la nuova tendenza della Cassazione potrebbe innescare, ma
anche dalla convinzione che la più recente linea interpretativa è coerente con
tutto il percorso di rilettura dell'art. 112 T.U. che la giurisprudenza
costituzionale e di legittimità è venuta svolgendo negli anni e permette,
altresì, di eliminare possibili profili di disparità di trattamento tra
assicurati che rivendicano la rendita "diretta" e familiari che
rivendicano la rendita a superstiti.
Si fa presente che i principi affermati dalla Cassazione con riguardo alle
malattie professionali, per la loro valenza di carattere generale, trovano
applicazione anche con riferimento agli infortuni sul lavoro, per i quali,
peraltro, la problematica qui affrontata si presenta solo in casi eccezionali.
Istruzioni operative.
1- Decorrenza della prescrizione.
Il diritto alla rendita a superstiti si prescrive nel termine di tre anni e 150
giorni decorrenti dalla data in cui sia dimostrabile la conoscenza, o
l'oggettiva conoscibilità, da parte dei superstiti, non solo della morte
dell'assicurato, ma anche dei seguenti due presupposti del diritto:
1. che l'assicurato era affetto da malattia (o aveva subito un infortunio) di
origine professionale;
2. che la morte dell'assicurato era conseguenza della malattia professionale (o
dell'infortunio sul lavoro).
Per "conoscenza o oggettiva conoscibilità" si deve intendere la
possibilità di desumere, da fatti obiettivi, esterni al soggetto e liberamente
provabili, la ragionevole consapevolezza della causa lavorativa del decesso
(Cassazione, sentenze nn. 828/02, 1837/02, 2329/02).
A titolo esemplificativo, si può fare riferimento ai casi di decesso per
mesotelioma pleurico che, attualmente, rappresentano l'ipotesi più
frequentemente interessata dalla problematica di cui si tratta.
In questi casi, l'"oggettiva conoscibilità" della causa lavorativa
della morte può essere dedotta:
- dalla certificazione sanitaria che attesta che la morte è dovuta a
mesotelioma pleurico;
- dalla circostanza che il mesotelioma pleurico in lavoratori esposti al
rischio amianto è malattia tabellata dal 1994;
- dalle informazioni disponibili circa la storia lavorativa del lavoratore
deceduto, dalle quali emerga che lo stesso lavoratore è stato esposto
all'amianto. Questo aspetto è, normalmente, il più complesso, in quanto non
sempre i superstiti sono a conoscenza delle attività lavorative svolte dal
proprio congiunto in vita, soprattutto se si tratta di periodi remoti. Elementi
di "oggettiva conoscibilità", tuttavia, possono venire dalle indagini
che vengono effettuate dalle AA.SS.LL. ai fini dell'aggiornamento del
"Registro Mesoteliomi Pleurici".
In presenza di elementi di "oggettiva conoscibilità", non assume
rilevanza il fatto che i superstiti asseriscano:
- di non aver avuto la certezza del diritto, in quanto, ai fini della
decorrenza della prescrizione non è necessaria "l'acquisita certezza della
esistenza del diritto anche nei suoi profili tecnico - giuridici"
(Cassazione, sentenze nn. 1837 e 2329/02), ma è sufficiente la ragionevole
conoscibilità dei presupposti di fatto del diritto steso;
- di non essere stati personalmente a conoscenza dei fatti a fondamento del
diritto, in quanto la soggettiva interiore consapevolezza appartiene alla sfera
psichica degli interessati, sfugge a qualsiasi possibilità di prova e la sua
mancanza, comunque, non configura causa giuridica impeditiva dell'esercizio del
diritto, ma costituisce un semplice ostacolo di fatto, superabile attraverso la
normale diligenza.
2- Decorrenza della rendita.
Quanto sopraesposto con riguardo al dies a quo della prescrizione non ha
riflessi sulla data di decorrenza della rendita a superstiti, che resta quella
fissata dall'art. 105 T.U..
Il nuovo indirizzo giurisprudenziale, infatti, considerando ammissibile, per le
ragioni e nei limiti sopra esposti, la tardiva domanda, si limita a spostare in
avanti il termine utile per l'esercizio del diritto, ma non produce effetti sul
momento dell'oggettiva insorgenza del diritto sostanziale alla prestazione
assicurativa, il quale nasce direttamente dalla legge dal giorno successivo
alla morte, come espressamente disposto dal predetto art. 105 T.U.
° ° °
Le sopraindicate istruzioni si applicano ai casi futuri e a quelli in
istruttoria.
Si applicano inoltre, su richiesta degli interessati, ai casi che, sulla base
delle precedenti direttive, erano stati definiti negativamente per intervenuta
prescrizione, semprechè non siano coperti da giudicato o non sia confermabile
l'eccezione di prescrizione secondo le direttive di cui alla presente lettera.
IL DIRETTORE CENTRALE
f.to (Dott. Paolo VACCARELLA)
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