PRESUPPOSTI PER L’ASSEGNAZIONE DI INCARICHI ESTERNI
OBBLIGO DI FATTURAZIONE PER I PROFESSIONISTI INCARICATI DI PUBBLICHE FUNZIONI
REPUBBLICA ITALIANA sent
REPUBBLICA
ITALIANA sent. 210/2004
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
DEI CONTI
SEZ. III
GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
composta dai signori magistrati
:
Dott Gaetano Pellegrino Presidente
Dott Angelo De Marco
Consigliere
Dott Giorgio Capone Consigliere
rel.
Dott .Enzo Rotolo Consigliere
Dott. Salvatore Nicolella Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio d'appello iscritto al numero 18360 del registro di segreteria
promosso
da
Gian Luigi Saraceni
rappresentato e difeso dall'avvocato Gian Carlo Muccio
Contro
Il Procuratore regionale per la
Liguria
Avverso
La sentenza n 502\2003 del 14
febbraio 2003 pubblicata il 26 maggio 2003
emessa dalla sezione giurisdizionale per la regione Liguria.
Vista la sentenza resa fra le
parti del presente giudizio;
Visto l'atto d'appello e gli
altri atti di causa;
Uditi alla pubblica udienza del
4 febbraio 2004 con l'assistenza del
segretario signora Gerarda Calabrese il relatore consigliere Giorgio Capone
nonché l'avvocato Gian Carlo Muccio e il Pubblico Ministero nella persona del
vice procuratore generale Tommaso Cottone;
Ritenuto in
FATTO
Con l'appellata sentenza, la
sezione giurisdizionale per la Liguria si è pronunciata sulle richieste formulate
con l'atto di citazione della Procura regionale dell'8 maggio 2001 concernente
una fattispecie di danno erariale
sofferto dalla Asl n.5 “Spezzino” .
I fatti di causa si riferiscono ad emolumenti
percepiti da un geometra Maurizio Corona cui con delibera n.1493 del 30
dicembre 1995 veniva affidato l'incarico dal 1 gennaio al 30 giugno 1996, per la vigilanza del
cantiere del Nuovo Ospedale Santa Caterina di Sarzana consistente in attività
dirette alla sua conservazione nonché all'accompagnamento di visitatori
(imprese interessate all'eventuale partecipazione a gare di appalto). Incarico
prorogato fino al 31 dicembre 1996 con successiva delibera del 29 agosto 1996
con un costo complessivo per la struttura sanitaria di 52.400.000 lire.
Il procuratore regionale ha
ritenuto detta somma erogata “sine titulo” posto che i provvedimenti di incarico
erano stati adottati in
contrasto con i rilievi dei
revisori dei conti e nel presupposto di
un'inesistente carenza di organico. Per l'accusa l'incarico poteva essere
svolto da personale della ASL, anche non particolarmente dotato di cognizioni
tecniche.
Il fatto illecito è stato ascritto al dottor Gian Luigi Saraceni per avere in
qualità di direttore generale della struttura sanitaria conferito e
successivamente prorogato detto
incarico.
Il primo giudice, nel respingere
l'eccezione di difetto di giurisdizione, ha affermato che perché sussista un
rapporto di servizio idoneo a radicare il potere di cognizione della Corte dei
conti è sufficiente che il soggetto sia
collocato in relazione funzionale con l'ente pubblico e svolga attività diretta
a realizzarne i fini istituzionali e che in tale rapporto si è trovato il
dottor Saraceni a seguito del contratto con la ASL. Egli ha altresì negato la
fondatezza dell'eccezione di nullità della citazione perché priva
dell'elencazione dei documenti probatori nella considerazione che per tale
asserito vizio non è comminata la sanzione di nullità, limitata questa alle sole ipotesi previste dall'articolo 164
c.p.c.
Analogamente è stata ritenuta
priva di pregio la doglianza circa la mancata estensione del giudizio al
direttore amministrativo e sanitario della ASL. Sul punto il giudice ha
rilevato che in caso di pluralità di condotte coinvolte nell'evento dannoso,
tali condotte sono autonomamente valutabili ai fini dell'attribuzione della
responsabilità per cui non era
obbligato ad integrare il
contraddittorio nei loro confronti.
Quanto all'eccezione di nullità
dell'ordinanza istruttoria emessa all'udienza del 22 ottobre 2001, ne ha
contestato la fondatezza in nome del potere “sindacatorio” del giudice
contabile.
Nel merito ha ribadito il
principio secondo cui le pubbliche amministrazioni per l'assolvimento dei
propri compiti istituzionali devono avvalersi dei propri organi ed uffici e
solo in taluni casi (mancanza di personale qualificato idoneo, situazioni
eccezionali non fronteggiabili con il personale interno e carenza di organico)
possono ricorrere a terzi. Per il
giudice, in fattispecie, l'incarico a un professionista privato non era
giustificato in quanto le cognizioni
tecniche richieste potevano
rientrare nelle normali
attribuzioni delle strutture burocratiche della ASL ed, inoltre, non era emersa alcuna carenza di organico che potesse legittimare la scelta. Per la guardiania
si poteva ricorrere a personale ausiliario mentre, per quanto riguarda il
compito di accompagnare all'interno della struttura eventuali visitatori, questo poteva essere assolto dall'ingegnere
capo e dai suoi due collaboratori in rapporto di consulenza con la ASL.
Per il giudice l'accertata
idoneità dell'ente a provvedere con la propria struttura all'espletamento dei
compiti oggetto della consulenza non poteva essere messa in discussione
dall'inadeguatezza dell'Ufficio tecnico espressa da un dirigente regionale,
anzi andava addebitata a chi (come il direttore generale ) avrebbe potuto in qualche misura porvi rimedio, senza
ricorrere ad incarichi esterni.
Il giudice perciò ha
riconosciuto nella condotta del dr Saraceni il rilievo della colpa grave per
avere deliberato e confermato l'incarico, nonostante i rilievi dei revisori.
Ha, tuttavia, ridotto l'addebito nella considerazione dell'apporto causale
all'evento (calcolato in un terzo) del direttore sanitario e di quello
amministrativo per avere espresso parere favorevole alla delibera.
Da qui la condanna nella
misura soprariportata.
Nell'atto di appello il dottor
Saraceni ripropone le eccezioni preliminari
(difetto di giurisdizione, nullità della citazione per mancata
allegazione di documenti e mancata integrazione del contraddittorio e nullità
dell'ordinanza istruttoria) con osservazioni analoghe a quelle già proposte in
prime cure.
Nel merito, puntualizza che
l'incarico affidato al professionista era di estrema complessità e implicante
specifiche competenze; esso non si limitava ad una mera guardiania dovendosi
svolgere in un cantiere “interrotto” di ampie proporzioni, costituito da un
ospedale in gran parte già realizzato,dotato di impianti di grandi dimensioni e
delicatezza. Giustificato pertanto, a suo dire, avere affidato “la
conservazione della struttura” ad un geometra.
Afferma altresì l'insussistenza
della colpa grave e sottolinea l'infondatezza del suo accertamento. In
particolare nega che l'avere disatteso un “avvertimento” dei revisori possa far
pervenire ad un giudizio censorio di tal genere. Sottolinea anzi che il rilievo
non atteneva alla congruità della spesa bensì ad una presunta incompatibilità
dell'incaricato con l'attività svolta.
Rileva l'infondatezza della prova acquisita a seguito della
dichiarazione del funzionario regionale sul “dissesto” dell'Ufficio tecnico e
della sua corresponsabilità e sostiene,
in opposizione all'assunto del primo giudice, che in fattispecie ove si mirava alla tutela di “una grande
opera” il ricorso a consulenze era ammissibile.
Insiste sulla necessità di
riconsiderare la posizione del direttore amministrativo e di quello sanitario
ai fini dell'addebito sottolineando che i medesimi non si erano limitati a
fornire un mero parere, ma avevano