PROCEDURE DI GARA: COMPETENZA ESCLUSIVA DEL LEGISLATORE STATALE
INTERPRETAZIONE RESTRITTIVA SUI VINCOLI DEL PATTO DI STABILITA'
REPUBBLICA ITALIANA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
SENTENZA N. 411
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5 (recte: commi 1 e 6),
dell’art. 9, dell’art. 11 (recte: commi da 12 a 16), dell’art. 13 (recte: commi
3, 4 e 10), dell’art. 16 (recte: comma 12), dell’art. 20 (recte: comma 5),
dell’art. 21 (recte: comma 1), dell’art. 22 (recte: commi 2, 14, 17 e 18),
dell’art. 24, dell’art. 26 (recte: comma 2), dell’art. 30 (recte: comma 3),
dell’art. 34 (recte: comma 1), degli artt. 35 (recte: comma 2) e 36, degli
artt. 38 (recte: comma 1) e 39, (recte: commi 1 e 3), degli artt. 40 e 41,
dell’art. 46 (recte: commi 4 e 7), dell’art. 51 (recte: commi 1 e 3), dell’art.
54 (recte: commi 1, 2, 8, 9, 10 e 11) degli artt. 57, 58, 59 e 60 e
dell’allegato I (punti 45.23, 45.24, 45.25) della legge della Regione Sardegna
7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di
lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria n.
2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del
ciclo dell’appalto), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato l’8 ottobre 2007, depositato in cancelleria il 16 ottobre
2007 ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi 2007.
Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 21 ottobre 2008 il Giudice relatore Giuseppe
Tesauro:
uditi l’avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio
dei ministri e gli avvocati Paolo Carrozza e Graziano Campus per la Regione
Sardegna.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso, notificato l’otto ottobre 2007, depositato il successivo 16
ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità
costituzionale, in via principale, dell’art. 5 (recte: commi 1 e 6), dell’art.
9, dell’art. 11 (recte: commi da 12 a 16), dell’art. 13 (recte: commi 3, 4 e
10), dell’art. 16 (recte: comma 12), dell’art. 20 (recte: comma 5), dell’art.
21 (recte: comma 1), dell’art. 22 (recte: commi 2, 14, 17 e 18), dell’art. 24,
dell’art. 26 (recte: comma 2), dell’art. 30 (recte: comma 3), dell’art. 34
(recte: comma 1), degli artt. 35 (recte: comma 2) e 36, degli artt. 38 (recte:
comma 1) e 39 (recte: commi 1 e 3), degli artt. 40 e 41, dell’art. 46 (recte:
commi 4 e 7), dell’art. 51 (recte: commi 1 e 3), dell’art. 54 (recte: commi 1,
2, 8, 9, 10 e 11) degli artt. 57, 58, 59 e 60 e dell’allegato I (punti 45.23,
45.24, 45.25) della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure
di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in
attuazione della direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e
disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto), in
riferimento all’art. 3 dello statuto speciale per la Regione Sardegna, di cui
alla legge costituzionale n. 3 del 1948, ed all’art. 117 della Costituzione.
2. – Il ricorrente premette che la Regione Sardegna, nell’esercizio della
propria competenza legislativa primaria in materia di «lavori pubblici di esclusivo
interesse della Regione» (art. 3, lettera e, dello statuto speciale), ha
adottato la legge regionale n. 5 del 2007 per dettare una disciplina organica
in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture «in dichiarata
attuazione della nuova normativa comunitaria». Alcune norme di detta legge –
volta a disciplinare tutti gli appalti pubblici che si eseguono sul territorio
regionale, di qualunque importo – non sarebbero, tuttavia, «in linea con i
principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative
nella materia». Esse invaderebbero ambiti spettanti alla competenza legislativa
dello Stato, quali la tutela della concorrenza e l’ordinamento civile,
espressamente individuati dal secondo comma, lettere e) ed l), dell’art. 117
della Costituzione, ponendosi in contrasto con le norme statali dirette a
disciplinare questi ultimi recate dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n.
163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), le quali costituirebbero
norme di riforma economico-sociale vincolanti per le Province autonome.
In particolare il ricorrente censura l’art. 5, comma 1, della citata legge
regionale, nella parte in cui stabilisce che le amministrazioni ed i soggetti
pubblici sono tenuti a redigere ed approvare un programma triennale per i soli
lavori di importo superiore ai 200.000 euro, in contrasto con l’art. 128 del
d.lgs. n. 163 del 2006, in tal modo, peraltro, rendendo la programmazione non
più obbligatoria per moltissimi lavori pubblici per i quali è imposta dalla
legislazione statale, incidendo quindi su un principio, quello della
«necessaria stretta relazione tra programmazione, progettazione, finanziamento
e realizzazione, che costituisce uno dei cardini della buona amministrazione
perseguiti dalla riforma sui lavori pubblici». Analogamente, sarebbe
costituzionalmente illegittimo il comma 6 del medesimo art. 5 nella parte in
cui prescrive – ai fini dell’inserimento di un lavoro nell’elenco annuale –
solo uno studio di fattibilità per i lavori di importo inferiore ai 2.000.000
di euro ed il progetto preliminare per i soli lavori di importo superiore a
2.000.000 di euro, laddove la corrispondente norma statale prescrive lo studio
di fattibilità per i lavori di importo inferiore ad 1.000.000 di euro ed il
progetto preliminare per i lavori superiori a tale importo.
Anche l’art. 9 della medesima legge regionale sarebbe costituzionalmente
illegittimo in quanto, disciplinando la progettazione e le tipologie
progettuali in modo difforme da quanto stabilito dallo Stato nelle
corrispondenti norme del d.lgs. n. 163 del 2006, violerebbe la competenza
statale esclusiva in tema di progettazione, la cui disciplina, contenendo le
regole di esecuzione dell’opera pubblica, nonché contribuendo a delineare un
documento fondamentale del contratto di appalto in quanto «individuatore della
prestazione dell’appaltatore», deve trovare identica configurazione su tutto il
territorio nazionale.
Il ricorrente censura poi l’art. 11, commi 12, 13, 14, 15 e 16, della citata
legge regionale, nella parte in cui, in tema di affidamento degli incarichi di
progettazione e di direzione dei lavori, detta una disciplina difforme rispetto
a quella posta dal legislatore statale, in tal modo invadendo la sfera di
competenza statale esclusiva in materia di concorrenza e producendo l’effetto
di «aprire o chiudere il mercato a consistenti fasce di commesse pubbliche».
Il ricorrente impugna, altresì, l’art. 13, commi 3, 4 e 10, della medesima
legge regionale, nella parte in cui prescrive l’obbligatorietà della
validazione del progetto, ad opera di organismi accreditati secondo i parametri
UNI CEI EN, nel solo caso di progetti relativi ad interventi di valore
superiore ai 25.000.000 di euro, in contrasto con quanto stabilito dall’art.
112 del d.lgs. n. 163 del 2006, che lo impone per i progetti inerenti ad
interventi di valore superiore ai 20.000.000 di euro, illegittimamente
ampliando l’area accessibile ai validatori non qualificati dall’accreditamento
e restringendo quella riservata ai validatori accreditati, in violazione della
competenza statale esclusiva.
Del pari costituzionalmente illegittimi sarebbero poi: gli artt. 16, comma 12
(in tema di affidamento di lavori pubblici mediante cessione di beni immobili),
20, comma 5 (in tema di giustificazioni a corredo dell’offerta), 21, comma 1
(in tema di ricorso alla procedura semplificata), 22, commi 2, 14, 17 e 18 (in
tema di pubblicazione dei bandi gara), l’art. 24 e l’art. 30, comma 3 (in tema
di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici ed individuazione dei
criteri di ammissione alla gara), 26 (in tema di cause di esclusione dalle
gare), 38, comma 1, e 39, commi 1 e 3 (in tema di ricorso alla trattativa
privata), 40 e 41 (in tema di ricorso alle spese in economia), 46, commi 4 e 7
(in tema di affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura), 54, commi
1, 2, 8, 9, 10, e 11 (in tema di garanzie ed assicurazioni) della legge
regionale in esame, nella parte in cui dettano una disciplina della gara e dei
criteri di aggiudicazione dell’appalto difforme rispetto a quella posta dal
legislatore statale, titolare della competenza esclusiva in materia di
concorrenza.
Il ricorrente censura, inoltre, gli artt. 35, comma 2, e 36, della legge
regionale n. 5 del 2007, nella parte in cui disciplinano l’istituto del
promotore, al quale è attribuito un diritto di prelazione che gli consente di
essere preferito, a parità di condizioni, sul vincente della gara svoltasi per
affidare una concessione, in tal modo creando una condizione di favore che
altera la par condicio tra i concorrenti, in violazione della competenza
statale esclusiva in tema di concorrenza ed in contrasto con il diritto
comunitario.
L’art. 34, comma 1, nella parte in cui fissa un limite all’importo che il
soggetto pubblico concedente può corrispondere al concessionario insieme ai
proventi tratti dalla gestione, in contrasto con la normativa statale che non
fissa alcun limite (art. 143 del d.lgs. n. 163 del 2006), lederebbe altresì la
competenza legislativa statale, dal momento che la definizione delle
prestazioni delle parti – oggetto della norma – si colloca all’interno di una
dinamica puramente contrattuale, che attiene ai rapporti di diritto civile.
Analogamente sarebbe costituzionalmente illegittimo l’art. 51, commi 1 e 3,
nella parte in cui detta una disciplina dell’adeguamento dei prezzi differente
rispetto a quella posta dal legislatore statale, la quale mira a mantenere il
sinallagma in presenza di notevoli fattori di perturbazione del mercato, ed
interviene pertanto in un settore riconducibile all’ordinamento civile, materia
di competenza statale esclusiva.
Anche gli artt. 57, 58, 59 e 60 della medesima legge regionale, nella parte in
cui disciplinano la consegna dei lavori, l’inizio delle prestazioni del
fornitore o del prestatore di servizi, la sospensione dell’esecuzione, il
subappalto, il collaudo e la regolare esecuzione delle commesse, nonché il
collaudo dei lavori pubblici, intervenendo a regolare aspetti inerenti al
settore dei contratti, invaderebbero una sfera di competenza statale. Il
ricorrente impugna, infine, anche l’allegato I nei punti 45.23, 45.24, 45.25,
in quanto si porrebbe in contrasto con gli allegati del d.lgs. n. 163 del 2006,
che recepiscono, copiandoli, i contenuti degli allegati alla direttiva
comunitaria, violando altresì l’obbligo del rispetto del vincolo comunitario di
cui all’art. 3, comma 1, dello statuto sardo.
3. – Si è costituita nel giudizio la Regione Sardegna, chiedendo che le
questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate, in parte,
inammissibili, e comunque non fondate.
La Regione eccepisce l’inammissibilità del ricorso in ragione della sua estrema
genericità sia nell’individuazione dei parametri costituzionali invocati, sia nell’individuazione
dei motivi di censura relativi ad alcune norme di legge impugnate, con
conseguente impossibilità di definire l’oggetto del giudizio.
Le censure riferite all’art. 117 della Costituzione sarebbero inammissibili,
poiché il ricorso non fornisce alcun argomento per dimostrarne l’applicabilità
nei confronti della Regione Sardegna, la cui autonomia è retta da uno statuto
emanato ai sensi dell’art. 116 della Costituzione.
Nel merito, in sintesi, la Regione osserva che la legge regionale n. 5 del 2007
costituisce attuazione della direttiva comunitaria 2004/18/CE del 31 marzo
2004, in armonia con l’attribuzione, operata dall’art. 3, comma 1, lettera e),
dello statuto speciale, alla Regione Sardegna, della competenza legislativa
primaria in tema di «lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione».
Sarebbero, pertanto, infondate le censure di violazione della competenza
statale esclusiva in materia di “tutela della concorrenza” ed “ordinamento
civile” dedotte dal ricorrente in riferimento alla interferenza delle suddette
materie statali con la materia degli appalti di lavori, servizi e forniture di
interesse regionale. Le competenze statali nelle suddette materie – sostiene la
Regione – non possono, infatti, legittimare un intervento statale che eroda
qualsiasi spazio regionale in materia di lavori, servizi e forniture di
interesse regionale: sussistono, in particolare, profili non marginali –
relativi alla disciplina degli appalti – di ordine organizzativo, procedurale,
economico ecc., tra i quali la progettazione dei lavori, servizi e forniture,
il collaudo, i compiti e i requisiti del responsabile del procedimento, che non
possono ritenersi attratti dalla competenza statale in nome della trasversalità
delle esigenze di concorrenza.
In riferimento alla dedotta violazione del limite delle norme fondamentali di
riforma economico-sociale, la Regione osserva che la giurisprudenza
costituzionale ha ripetutamente affermato che non tutte le disposizioni
contenute in una legge di riforma hanno natura di “principio fondamentale”,
dovendo tale natura essere riconosciuta solo alle disposizioni che contengono
le opzioni di fondo che costituiscono l’ossatura dell’intervento riformatore,
nonché a quelle altre disposizioni che, pur non svolgendo di per sé la funzione
di gettare le basi della nuova disciplina, sono legate a quelle da un rapporto
di coessenzialità o di necessaria integrazione, tale che la loro assenza o la
loro contraddizione da parte di altra normativa finirebbe per pregiudicare il
raggiungimento degli obiettivi riformatori o per modificarne o snaturarne la
portata.
4. – All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle
conclusioni formulate nelle difese scritte.