PROCEDURE PER SANZIONE DI CHIUSURA DI UN BAR
SURROGAZIONE RAPPRESENTANTE COMUNALE NELLA COMUNITA’ MONTANA
REPUBBLICA
ITALIANA N.6557/04REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 2771 REG.RIC.
Il Consiglio
di Stato in
sede giurisdizionale -
Quinta Sezione ANNO 2001
ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2771 del 2001 proposto dalla
BLACK SUBMARINER LADUNIA s.r.l., in persona del suo legale rappresentante,
rappresentata e difesa dagli avv. Maria Luisa Celoria e Ludovico Villani e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, al Piazzale
Clodio n. 12,
contro
il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano e Antonella Fraschini
dell'Avvocatura Comunale e dall'avv. Raffaele Izzo, presso il cui studio in
Roma, Via Cicerone n. 28, elegge domicilio,
per l'annullamento
della sentenza n. 2002 in data 1 marzo 2001 pronunciata
tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano
Sez. III;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di
Milano;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. del 2004, con la quale è stata
respinta la domanda di sospensione della sentenza appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 27 aprile 2004 l’avv.
Pafundi, su delega dell’avv. Villani, e l’avv. Izzo;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
È impugnata la sentenza n. 2002 in data 1 marzo 2001 del
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sez. III, con la
quale è stato respinto il ricorso avanzato dalla Black Submariner Ladunia
s.r.l. per l'annullamento della nota del Comune di Milano n.
266864.050/51773/2000 datata 15 dicembre 2000, notificata in data 26.1.2001,
avente ad oggetto "Sospensione per giorni 1 (uno) dell'autorizzazione “B”
relativa al pubblico esercizio sito in corso Como n. 15".
L’appellante ripropone in sostanza i motivi di censura già
dedotti in primo grado e conclude chiedendo che la sentenza appellata sia
annullata o, comunque, riformata.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata,
la quale ha controdedotto al gravame, concludendo per la sua reiezione perché
infondato; con vittoria di spese e competenze di giudizio.
La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 27
aprile 2004, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è
riservata la decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Costituisce oggetto del ricorso di primo grado il
provvedimento con il quale è stata irrogata la sanzione della sospensione per
un giorno dell'autorizzazione all’esercizio dell’attività di somministrazione
di alimenti e bevande di tipo “B” di cui era titolare l’appellante.
Con il primo motivo di censura si lamenta l’erroneità
della sentenza che ha ritenuto non sussistesse la dedotta violazione dell’art.
7 della L. 7 agosto 1990 n. 241, tenendo luogo della comunicazione di avvio del
procedimento sanzionatorio il verbale di contestazione dell’addebito. Si rileva
che, mentre il verbale è stato redatto da agenti della Polizia di Stato, il
provvedimento è stato adottato dal Comune, vale a dire da Amministrazione
diversa e, quindi, al termine di altro procedimento.
La censura va disattesa. L’accertamento del fatto
illecito, invero, avvenuto in contraddittorio con il responsabile, di cui fa
fede il verbale di contestazione, esime l’Amministrazione titolare del potere
sanzionatorio dall’obbligo di comunicazione sancito dal citato art. 7, quale
che sia l’organo accertatore, perché con la contestazione formale
dell’infrazione, mediante consegna del relativo verbale, l’interessato ha
conoscenza dell’inizio del procedimento per l’applicazione a suo carico delle
sanzioni che la legge annette a quella determinata infrazione e, in tal modo, è
messo in grado di parteciparvi.
Del pari infondata è la doglianza di cui al secondo
motivo, in quanto, siccome sottoscritta dal dirigente dell’Ufficio comunale che
l’ha emanata, l’ordinanza impugnata risulta adottata dall’organo dirigenziale
competente. Né essa può ritenersi inficiata dalla contestuale sottoscrizione
appostavi dall’assessore al ramo, costituendo, questa, soltanto un elemento
ridondante e, in quanto tale, non viziante.
Non merita consenso neppure il terzo mezzo di appello, con
il quale si lamenta il ritardo con cui l’Amministrazione ha definito il
procedimento, essendo decorsi circa tre mesi tra l’accertamento dell’infrazione
e l’irrogazione della sanzione. Appare, invero, corretta al riguardo la
pronuncia di primo grado, nella parte in cui afferma che, in mancanza di
termini perentori per l’adozione del provvedimento e di espresse previsioni
normative in proposito, non è neppure configurabile in capo all’autore
dell’infrazione un interesse giuridicamente tutelabile alla tempestività
dell’atto; ravvisandosi, piuttosto, il contrario interesse (ovviamente, di mero
fatto) ad un’applicazione della sanzione quanto più differita possibile.
Con il quarto motivo, l’appellante censura anche in questa
sede d’appello la disposizione del provvedimento oggetto di ricorso che, nel
prescrivere quando effettuare la comminata sospensione dell’attività, faceva
cadere il giorno di chiusura - a suo dire, artatamente - di sabato. Anche per
questo aspetto, non può che convenirsi con il giudice di primo grado, nel
rilevare che “l’intervenuta ordinanza cautelare, sospendendo temporaneamente
l’efficacia del provvedimento impugnato, ha fatto venir meno il motivo di
censura circa l’affermata volontaria fissazione di una data particolarmente
svantaggiosa”. In questo caso, infatti, la misura cautelare ha avuto l’effetto
irreversibile di evitare l’applicazione della sanzione nel giorno prestabilito
dal provvedimento, facendo così venir meno ogni interesse alla decisione, anche
nel merito, della censura formulata in relazione alla particolare importanza di
quel giorno per il ricorrente.
Infondato è, infine, l’ultimo motivo di censura, con il
quale si deduce la violazione degli artt. 8 e 10 della L. 25 agosto 1991 n. 287
e degli artt. 9 e 10 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con R.D. 18 giugno 1931 n. 773, assumendo che l’unica sanzione
applicabile per la violazione dell’orario di chiusura dei pubblici esercizi è
la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 10 L. n. 287 del 1991,
non anche la sanzione accessoria della sospensione dell’attività.
A norma del terzo comma della disposizione per ultima
citata, infatti, trova applicazione anche alla violazione del precedente art.
8, che disciplina l’orario di attività dei pubblici esercizi, l’art. 17 quater
del T.U.L.P.S., il quale, a sua volta, attribuisce all’Autorità competente al
rilascio dell’autorizzazione il potere di irrogare la sanzione accessoria
suddetta nel caso di violazione delle condizioni e prescrizioni di legge (cfr.
combinato disposto degli artt. 17 bis, comma secondo, e 9 T.U.L.P.S. cit.).
Per le considerazioni tutte che precedono, l’appello va
respinto siccome infondato in ogni suo motivo.
Spese e competenze del presente grado di giudizio seguono,
come di regola, la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Condanna l’appellante Black Submariner Ladunia s.r.l. al
pagamento delle spese e competenze di giudizio, nella misura di € 3000,00
(tremila,00), in favore del Comune di Milano appellato.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 27 aprile 2004
con l'intervento dei Signori:
Agostino Elefante - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Chiarenza Millemaggi Cogliani - Consigliere
Goffredo Zaccardi
- Consigliere
Claudio Marchitiello - Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Corrado Allegretta F.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO