QUORUM PER L'APPROVAZIONE DI MODIFICHE AL REGOLAMENTO C.C.
Solo chi vota contro può impugnare la deliberazione
COMUNE E PROVINCIA
COMUNE E PROVINCIA
Cons. Stato Sez. V, 26-05-2010, n. 3357
Svolgimento del processo
Con atto notificato in date 24, 25 e 28 luglio 2009 e
depositato il 31 seguente, il Comune di Valentano ha appellato la sentenza 7
luglio 2009, n. 6569, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede
di Roma, sezione seconda ter, non notificata, con la quale, in accoglimento del
ricorso dei consiglieri di minoranza signori C.A.F., N.C., P.R. e R.S., è stata
annullata la deliberazione consiliare 4 giugno 2008, n. 18, recante modifiche
al regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale.
L'appellante ha premesso che con detta sentenza sono
state condivise entrambe le censure svolte dai ricorrenti, ossia quella diretta
a far valere l'illegittimità della modifica dell'art. 43, concernente il
divieto di convocazione d'urgenza per le deliberazioni in determinate materie e
le maggioranze occorrenti, in quanto assunta a maggioranza assoluta anziché con
quella qualificata prevista dallo stesso articolo, nonché quella relativa alla
pretesa modifica del precedente art. 42, in quanto non indicata nell'ordine del
giorno né discussa in assemblea. Poi a sostegno dell'appello ha dedotto:
1.- Errata interpretazione e falsa applicazione
dell'art. 38, comma 2, del T.U. n. 267 del 2000.
E' errata la ricostruzione del sistema normativo
operata dal TAR. La norma del regolamento comunale che richiede la maggioranza
qualificata per le modifiche regolamentari non deriva dal "combinato
disposto degli artt. 42, 43", ma è contenuta esclusivamente dall'art. 43,
su cui non incide il mai modificato art. 42. Il detto art. 43, che prevedeva
"salvo diverse maggioranze stabilite dalla legge" il voto favorevole
di nove consiglieri per l'approvazione delle delibere concernenti, tra l'altro,
le modifiche regolamentari (e, addirittura, per l'approvazione delle Statuto e
delle sue modifiche ed integrazioni, quando è lo statuto che può porre limiti e
regole al funzionamento del Consiglio, e non viceversa), è in contrasto col
cit. art. 38 del d.lgs. n. 267 del 2000, il quale prevede
all'uopo la maggioranza assoluta ed è norma imperativa non derogabile,
rispondente ad esigenze di carattere logico elementare. Ciò non ha a che vedere
con la possibilità del regolamento di stabilire quorum più alti per delibere di
particolare rilevanza e significato; tale possibilità non può però estendersi
alle modifiche del regolamento stesso, poiché la maggioranza deve averne il
potere, dunque la possibilità di abrogarlo in parte qua a maggioranza assoluta.
In tal senso è incomprensibile l'affermazione del TAR secondo cui sarebbe
occorso un ricorso incidentale, mentre l'assunto secondo cui la deliberazione
sarebbe stata adottata senza il prescritto quorum sembra far riferimento al
diverso caso di qualsiasi deliberazione non tenendo conto di una previsione
regolamentare illegittima ma pur esistente. Nel caso di specie, invece, oggetto
dell'atto era proprio l'abrogazione del quorum previsto dall'art. 43, sicché
appare incongruo ed inconferente che la pronuncia sia basata proprio su tale
quorum. Né vale che, ove il legislatore avesse voluto consentire la modifica
del regolamento con la stessa maggioranza occorrente per la sua approvazione,
lo avrebbe detto come con l'art. 6 per le modifiche dello statuto, poiché la
norma richiamata dimostra il contrario. Infine, il TAR non ha tenuto conto del
chiaro indirizzo in senso contrario espresso in sede cautelare dal Consiglio di
Stato.
2.- Errato accoglimento del ricorso relativamente alla
parte che impugna la presunta modifica dell'art. 42.
Gli appellati si sono costituiti in giudizio e, anche
in successive due memorie, premesso che, come rappresentato nell'ultima memoria
di primo grado, il signor Saraconi si è dimesso dalla carica di consigliere
comunale ed è dunque cessata la materia del contendere nei suoi confronti,
hanno eccepito l'inammissibilità dell'appello per mancata contestazione di una
delle autonome censure (di violazione degli artt. 114 Cost. e degli artt. 3, co.
4, del d.lgs. n. 267 del 2000 e 4 della l. n. 131 del 2003 per aver il Comune
violato la normativa sulla riserva regolamentare degli enti locali) accolte in
ordine alla modifica dell'art. 43. Nel merito, hanno svolto ampie
controdeduzioni. Il Comune appellante ha replicato con memoria del 15 gennaio
2010.
L'appello è stato discusso all'udienza pubblica del 26
gennaio 2010, ed il collego se ne è riservata la decisione.
Motivi della decisione
Com'è esposto nella narrativa che precede, forma
oggetto della controversia in trattazione la deliberazione 4 giugno 2008, n.
18, del Consiglio comunale di Valentano con la quale, a maggioranza assoluta di
sette componenti del Consiglio su tredici, sono state adottate modifiche al
regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale. In particolare, le
modifiche riguardano, tra gli altri, l'art. 43, il cui testo originario
stabiliva che talune deliberazione in specifiche materie, tra cui i "regolamenti
o loro modifiche ed integrazioni", non potessero essere assunte in
sessioni convocate d'urgenza (co. 1) e che per le relative proposte "salvo
diverse maggioranze stabilite dalla legge, le stesse devono essere approvate
con il voto favorevole di almeno nove componenti del Consiglio comunale"
(co. 2). Il nuovo testo prevede che "ogni deliberazione del Consiglio
comunale si intende approvata quando abbia ottenuto il voto favorevole della
maggioranza assoluta dei votanti. Fanno eccezione le deliberazioni per le quali
la legge o lo Statuto prescrivono espressamente speciali "quorum"
riferiti ai presenti e/o ai votanti e/o a maggioranze speciali di voti
favorevoli". In sintesi, l'organo assembleare ha ritenuto che per
l'approvazione della deliberazione in parola si applicasse non il disposto
dello stesso art. 43 nel testo in quel momento vigente, bensì l'art. 38, co. 2,
del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il
quale, nel demandare ad apposito regolamento la disciplina del funzionamento
dei consigli comunali, prevede che il medesimo regolamento sia "approvato
a maggioranza assoluta", in virtù del rinvio dello stesso art. 43 alle
maggioranze stabilite dalla legge.
Con l'appellata sentenza il TAR, premesso tra l'altro
che rientra nell'autonomia normativa ed organizzativa degli enti locali, di cui
all'art. 3, co. 4, del citato testo unico, la facoltà di stabilire maggioranze
per la modifica del regolamento per il funzionamento del consiglio comunale, ha
affermato che il previgente art. 43 non è perciò in contrasto con l'art. 38
dello stesso testo unico, laddove prescrive la maggioranza assoluta per
l'approvazione dei regolamenti, poiché la norma ha funzione surrogatoria,
dettata per la prima regolamentazione dell'organo consiliare, non ripetuta per
le successive modifiche (diversamente dall'art. 6, co. 2, riguardante lo
statuto) in ordine alle quali, quindi, la fissazione del quorum è rimessa, per
l'indicata autonomia, al regolamento stesso.
Diversamente da quanto sostenuto dal Comune appellante
(e melius re perpensa rispetto alla tesi accolta dalla Sezione in sede
cautelare), le argomentazioni e le conclusioni del primo giudice meritano di
essere condivise.
Il Collegio è infatti dell'avviso che la norma
contenuta nel cit. art. 38, co. 2, consente al consiglio di deliberare con la
sola maggioranza assoluta la prima adozione del regolamento per il suo
funzionamento; assolve, cioè, a quella funzione surrogatoria a cui si riferisce
il TAR. Ma, una volta adottato il regolamento contenente specifica previsione
in ordine alle maggioranze occorrenti per proprie modifiche, l'adozione di
queste non può che trovare disciplina in quelle norme di cui il consiglio
stesso si è dotato, alle quali l'ente deve attenersi essendo ben noto come una
pubblica amministrazione non possa disapplicare le regole da essa poste, se non
previo ritiro ed ancorché illegittime. Non vale, dunque, a consentire che si
modifichi il regolamento in parola senza la prescritta maggioranza qualificata
la pur prevista salvezza delle "diverse maggioranze previste dalla
legge", poiché la norma di legge richiamata ha carattere cogente solo,
come detto, in sede di prima approvazione dell'atto e non prevale sulla diversa
disciplina locale. Come bene ha rilevato il TAR, tanto trova piena conferma nel
disposto dell'art. 6, co. 4, del testo unico, in materia di modifiche
statutarie, per le quali è espressamente stabilita l'applicabilità delle
particolari regole fissate per la deliberazione di adozione dello statuto. Né
possono condividersi le argomentazioni, svolte dall'appellante, secondo cui
proprio l'art. 6, co., dimostrerebbe che la regola generale è che gli atti amministrativi
possano essere modificati con le stesse maggioranze prescritte per l'adozione,
dal momento che se tale fosse la regola generale, il legislatore non avrebbe
avvertito la necessità di esplicitarla in relazione allo statuto. D'altro
canto, si è già evidenziato come, nello stabilire la necessità del voto
favorevole di nove componenti del Consiglio comunale, lo stesso Consiglio si è
autovincolato a deliberare con una tale maggioranza.
Dunque, per questo capo della sentenza appellata, a
cui si riferisce il primo motivo, l'appello dev'essere respinto, restando
ovviamente assorbito l'esame dell'eccezione di inammissibilità sollevata con
riguardo all'assunta mancata formulazione di doglianze circa una ragione......