QUOTA PER LA DEPURAZIONE SOLO SE FUNZIONA L'IMPIANTO
Illeciti i compensi ai Consigli di amministrazione di forme associative
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 15 febbraio-12
aprile 2011 n
Corte di
cassazione - Sezione III civile - Sentenza 15 febbraio-12 aprile 2011 n. 8318
Presidente Finocchiaro - Relatore Vivaldi
Svolgimento del processo
La Fondazione IRCCS - Istituto
Nazionale dei Tumori conveniva, davanti al tribunale di Milano, il Comune di
Milano chiedendo che fosse accertata l'illegittimità, per inesistenza del
relativo servizio, della tariffa per il canone di depurazione delle acque, che
lo stesso Comune le aveva addebitato per l'anno 2000.
Si costituiva il Comune di Milano richiamando il disposto della Legge n. 36 del
1994, articolo 14, comma 1 che stabiliva la debenza della quota tariffaria
contestata anche nell'ipotesi di inesistenza ed inattività di impianti
centralizzati di depurazione.
Il Tribunale, con sentenza del 23/4/2004, rigettava la domanda.
Ad eguale conclusione perveniva la Corte d'Appello che, con sentenza del
13.6.2008, rigettava l'appello proposto dalla Fondazione IRCCS - Istituto
Nazionale dei Tumori.
Quest'ultima ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo.
Resiste con controricorso il Comune di Milano.
Le parti hanno anche presentato memoria.
Motivi della decisione
Con unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione
della Legge n. 36 del 1994 - ed in particolare dell'articolo 14, comma 1,
dichiarato incostituzionale - nonché della Legge n. 549 del 1995 e
conseguentemente dei principi costituzionali in materia.
Il motivo è fondato per le ragioni che seguono.
La Corte di merito ha rigettato l'appello proposto dall'odierna ricorrente
interpretando la Legge n. 36 del 1994, articolo 14, comma 1 quale obbligo di
pagamento del corrispettivo per la depurazione delle acque, anche in assenza di
un qualsiasi servizio di depurazione.
Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 335 del 2008, ha dichiarato
illegittimo la Legge 5 gennaio 1994, n. 36, articolo 14, comma 1, nel testo
modificato dalla Legge 31 luglio 2002, n. 179, articolo 28 nella parte in cui
prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta
dagli utenti «anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti
centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi».
A tal fine, ha rilevato che l'interpretazione della Legge n. 36 del 1994,
condotta alla stregua dei comuni criteri ermeneutici, porta a ritenere che la
tariffa del servizio idrico integrato si configuri, in tutte le sue componenti,
come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché
determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte, non in un atto
autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell'utente, bensì nel
contratto di utenza.
E la connessione di tali componenti è evidenziata, in particolare, dal fatto
che, a fronte del pagamento della tariffa l'utente riceve un complesso di
prestazioni consistenti, sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia
nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione.
Ne consegue che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, in
quanto componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, ne
ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui
ammontare è inserito automaticamente nel contratto (Legge n. 36 del 1994,
articolo 13).
Concludendo che, dall'accertata volontà del legislatore di costruire la quota
di tariffa riferita al servizio di depurazione come corrispettivo, deriva la
fondatezza della censura di irragionevolezza della disposizione denunciata,
nella parte in cui prevede che la suddetta quota di tariffa sia dovuta dagli
utenti anche quando manchi il servizio di depurazione.
La norma censurata, imponendo l'obbligo di pagamento in mancanza della
controprestazione, infatti, prescinde dalla natura di corrispettivo
contrattuale della quota e, pertanto, si pone ingiustificatamente in contrasto
con la ratio del sistema della Legge n. 36 del 1994, fondata, invece,
sull'esistenza di un sinallagma che correla il pagamento della tariffa stessa
alla fruizione del servizio per tutte le quote componenti la tariffa del
servizio idrico integrato, ivi compresa la quota di tariffa riferita al
servizio di depurazione.
Il Giudice delle Leggi ha stabilito quindi: a) la natura di
corrispettivo contrattuale delle somme pagate per la depurazione delle acque, a
partire dal 4 ottobre 2000; b) la conseguente illegittimità della
richiesta di un tale pagamento in assenza della fornitura del corrispondente
servizio di depurazione delle acque.
Solo per completezza vale rammentare che, con la stessa sentenza, la Corte
costituzionale ha rilevato che il censurato Legge n. 36 del 1994, articolo 14,
comma 1, è stato, con decorrenza dal 29 aprile 2006, abrogato dal Decreto
Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 175, comma 1, lettera u),
(Norme in materia ambientale), e sostituito dall'articolo 155, comma 1, primo periodo,
dello stesso decreto legislativo, il quale prevede che «Le quote di tariffa
riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli
utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi,
risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a
un fondo vincolato intestato all'Autorità d'ambito, che lo mette a disposizione
del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura
ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito».
Ed ha ritenuto che l'analogia tra quest'ultima disposizione e quelle dichiarate
incostituzionali rende evidente che le considerazioni svolte, in ordine alla
irragionevolezza di queste ultime, valgono anche per la prima.
Concludendo, per la declaratoria di incostituzionalità nei termini che seguono:
«Dichiara l'illegittimità costituzionale della Legge 5 gennaio 1994, n. 36,
articolo 14, comma 1, (Disposizioni in materia di risorse idriche), sia nel
testo originario, sia nel testo modificato dalla Legge 31 luglio 2002, n. 179,
articolo 28 (Disposizioni in materia ambientale), nella parte in cui prevede
che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli
utenti "anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti
centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi";
dichiara, ai sensi della Legge 11 marzo 1953, n. 87, articolo 27
l'illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
articolo 155, comma 1, primo periodo, (Norme in materia ambientale), nella
parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di
depurazione è dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui manchino impianti
di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi"».
Ora, la sentenza richiamata - come tutte le sentenze di accoglimento di una
questione di legittimità costituzionale pronunciate dalla Corte costituzionale
(da ultimo Cass. 6/5/2010 n. 10958) - ha effetto retroattivo, con l'unico
limite delle situazioni consolidate per essersi il relativo rapporto
definitivamente esaurito.
E per rapporto esaurito deve intendersi quello rispetto al quale si sia formato
il giudicato, ovvero sia decorso il termine prescrizionale o decadenziale
previsto dalla legge.
Diversamente, la declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma -
avendo effetto retroattivo - incide su tutte le situazioni giuridiche non
esaurite, producendo i propri effetti su tutti i giudizi in corso.
Le sentenze di questo tipo, quindi, possono essere fatte valere, per la prima
volta, anche in sede di legittimità, a condizione che il mutato assetto
normativo scaturente dalla sentenza del giudice delle leggi venga invocato nel
ricorso introduttivo, e non, per la prima volta, nella memoria d'udienza
depositata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c., con la quale non possono essere
ampliati i motivi di ricorso (Cass. 14/11/2008 n. 27264).
L'odierno ricorrente ha correttamente e tempestivamente sollevato la questione
in sede di ricorso per cassazione.
In conclusione, quindi, posto che - nella specie (circostanza questa non
contestata) - il Comune di Milano, nell'anno 2000 - più precisamente nel
periodo 4 ottobre-31 dicembre 2000 - era sfornito di impianto di depurazione
centralizzato delle acque, nessun canone era dovuto, per tale periodo, da parte
dell'attuale ricorrente.
Le ulteriori questioni, sollevate dal resistente Comune in questa sede, in
ordine all'applicabilità, nella specie, del disposto della Legge n. 13 del
2009, articolo 8 - norma quest'ultima introdotta proprio a seguito della
pronuncia richiamata, e relativa alle modalità di restituzione agli utenti
delle somme illegittimamente percepite dai gestori in assenza del servizio di
depurazione, con la destinazione di tali somme ad un fondo vincolato - sono
estranee al tema trattato, con conseguente inammissibilità del loro esame.
Peraltro, vale rimandare - anche per questo profilo - alla stessa sentenza n.
335 del 2008 che, una volta affermato il principio della corrispettività fra la
quota dovuta ed il servizio di depurazione, sul punto, si è così espressa: «A
tale conclusione non può obiettarsi che la corrispettività fra la suddetta
quota e il servizio di depurazione sussisterebbe comunque, perché le somme
pagate dagli utenti in mancanza del servizio sarebbero destinate, attraverso un
apposito fondo vincolato, all'attuazione del piano d'ambito, comprendente anche
la realizzazione dei depuratori».
Precisando «Va osservato, in contrario, che: a) l'ammontare della quota
di tariffa riferita al servizio di depurazione è determinato indipendentemente
dal fatto se il depuratore esista o no, essendo esso in ogni caso commisurato
al costo del servizio di depurazione, in applicazione del cosiddetto metodo
normalizzato, e non al costo di realizzazione del depuratore (come risulta
dall'allegato del citato Decreto Ministeriale 1o agosto 1996, punto 3.1,
lettera c), e dall'allegato 1, punto 2.3, della citata delibera CIPE 19
dicembre 2002, n. 131/02); b) il provento costituito dalla quota
confluente nel fondo vincolato può essere destinato alla realizzazione di
depuratori non utilizzabili dal singolo utente obbligato al pagamento, come nel
caso in cui i depuratori siano realizzati in Comuni diversi da quello in cui si
trova l'utente, oppure nel caso in cui l'utente, dopo il pagamento della
tariffa, si sia trasferito in altro Comune; c) nel caso in cui il Comune
non gestisca direttamente il servizio idrico, la scelta del tempo e del luogo
di realizzazione dei depuratori è affidata, dalla Legge n. 36 del 1994,
articolo 11, comma 3, a soggetti terzi rispetto al contratto di utenza, e cioè
ai Comuni e alle Province, nell'esercizio della loro competenza a predisporre
il piano d'ambito; d) l'attuazione di tale piano si inserisce nel
rapporto fra gestore e autorità d'ambito e non in quello fra esso e l'utente,
perché produce un'utilità riferita all'ambito territoriale ottimale nel suo
complesso e non anche quella "utilità particolare che ogni utente ottiene
dal servizio", la quale sola - come chiarito dai lavori preparatori
richiamati al punto 6.1 - consente di qualificare come corrispettivo la tariffa
del servizio idrico integrato; e) il contratto di utenza e il pagamento
della quota tariffaria non costituiscono presupposto necessario per
l'attuazione dello stesso piano, essendo quest'ultima prevista e disciplinata,
anche nei tempi e nelle modalità, non già dal contratto di utenza, ma da moduli
procedimentali di diritto amministrativo».
Aggiungendo: «Dall'impossibilità di qualificare l'attuazione del piano d'ambito
come controprestazione contrattuale del pagamento della quota di tariffa
riferita al servizio di depurazione discende la già evidenziata conseguenza che
l'utente può agire contro l'inerzia dell'amministrazione nella realizzazione
dei depuratori, non già in forza del rapporto contrattuale di utenza
utilizzando gli ordinari strumenti civilistici di tutela, ma solo esercitando
il generale potere di denuncia attribuitogli dall'ordinamento uti civis».
Conclusivamente, il ricorso è accolto.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte di legittimità
può decidere nel merito la controversia, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c.,
comma 2, e dichiarare non dovuta la somma pagata, a titolo di quota di tariffa
riferita al servizio di depurazione per il periodo 4 ottobre 2000-31 dicembre
2000, da parte della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori.
Le questioni di diritto sollevate e risolte nel presente processo giustificano
la compensazione, fra le parti, delle spese dell'intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa e, decidendo nel merito, dichiara
non dovuta la somma pagata, a titolo di quota di tariffa riferita al servizio
di depurazione per il periodo 4 ottobre - 31 dicembre dell'anno 2000, dalla
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori. Compensa le spese dell'intero
processo.
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