RAPPRESENTANTI PRESSO ENTI: DECADONO CON L’ESAURIMENTO DEL MANDATO DEL SINDACO
AI DIRIGENTI LA RESPONSABILITA’ DI RESISTERE IN GIUDIZIO
CONSIGLIO DI STATO, SEZ
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 28 gennaio 2005 n.
178 - Pres.
Frascione, Est. Millemaggi Cogliani - Regione Puglia (Avv. De Michele)
c. Comune di Sannicandro Garganico (Avv. Follieri) e Zaccagnino e altri (n.c.)
- (conferma T.A.R. Puglia - Bari, Sez. II, 15 novembre 2002, n. 4970).
F A T T O
1. Con sentenza n. 4970/2002 del 15 novembre 2002 -
pronunciata in forma semplificata, immediatamente a conclusione del
procedimento in Camera di consiglio fissato per la trattazione fissata per
l’esame dell’istanza cautelare, con l’osservanza delle prescrizioni di cui
all’art. 21, corrente testo della legge n. 1034 del 1971 - la Sezione Seconda
del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia ha accolto il ricorso
proposto dal Comune di San Nicandro Garganico per l’annullamento del decreto
dell’Assessore ai Servizi sociali della Regione Puglia n. 8 dell’1 luglio 2002
- con cui si è proceduto alla nomina del Consiglio di amministrazione dell’IPAB
Fondazione "Dr. Vincenzo Zaccagnino", avente durata quinquennale, nelle
persone, fra l’altro, dei soggetti designati dal Sindaco cessato dalla carica,
quali componenti di nomina comunale -, nonché della deliberazione della giunta
regionale n. 772 del 7 giugno 2002 - con la quale al Regione prendeva atto che
per il quinquennio successivo, con decorrenza dalla data del suo insediamento,
il Consiglio di amministrazione dell’IPAB in questione sarebbe stato
costituito, fra gli altri, dai componenti indicati dal Sindaco del Comune di
San Nicandro Garganico, non più in carica.
Era avvenuto che la Regione Puglia – dovendo ricostituire
il consiglio di amministrazione dell’I.P.A.B. "Dr. Vincenzo
Zaccagnino", al tempo sottoposta a gestione commissariale – aveva
decretato, in data 1 luglio 2002, la composizione del consiglio di amministrazione
della suddetta fondazione, sulla base (per la componente comunale) della
designazione effettuata dal Sindaco in carica del Comune di San Nicandro
Garganico alla data dell’11 giugno 2001, senza tenere conto del fatto che,
nelle more, il Comune era stato commissariato, a seguito dello scioglimento del
Consiglio comunale e della decadenza degli organi di governo e,
successivamente, in forza delle elezioni amministrative del 26/27 maggio 2002,
era stato eletto, unitamente al nuovo Consiglio Comunale, altro Sindaco che
aveva assunto specifiche iniziative intese a rivendicare alla nuova formazione
governativa ed agli indirizzi del neo insediato Consiglio comunale, la
designazione delle componenti del consiglio di amministrazione dell’Ente, di
rappresentanza comunale.
Precedentemente, con deliberazione n. 772 del 7 giugno
2002, la Giunta regionale aveva deliberato di prendere atto che per il
quinquennio successivo, con decorrenza dalla data del suo insediamento
(avvenuto in data 22 luglio 2002), il Consiglio di amministrazione
dell’I.P.A.B. "Dr. Vincenzo Zaccagnino" sarebbe stato composto, fra
gli altri, dai consiglieri designati dal precedente Sindaco del Comune di San
Nicandro Garganico, e aveva nominato il proprio rappresentante in seno al suddetto
Consiglio di amministrazione.
Con decreto n. 5 del 24 luglio 2002 del 2002 il Sindaco
del Comune di San Nicandro Garganico, ha, quindi, provveduto alla designazione
dei tre componenti del Consiglio di amministrazione dell’IPAB in argomento,
sulla base degli indirizzi del Consiglio Comunale: tali nominativi sono stati
poi confermati con deliberazione del Consiglio comunale n. 9 del 9 agosto 2002.
Infine, rimaste senza esito le richieste alla Regione di
rivedere la composizione dell’organo sulla base delle nuove designazioni, il
Comune ha impugnato gli atti regionali sopra menzionati, con ricorso notificato
il 21 settembre 2002, accolto dalla Sezione II del Tribunale Amministrativo
Regionale della Puglia, con la sentenza oggetto dell’appello in esame, sulla
base della violazione dell’art. 50, comma 8, del decreto legislativo n.
267/2000, e dei profili di eccesso di potere denunciati in ricorso.
2. Avverso l’anzidetta sentenza propone appello la Regione
Puglia denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del D.Lgs.
18 agosto 2000 n. 267 e delle disposizioni di cui al Titolo II, capo I, dello
Statuto della Fondazione "Dr. Vincenzo Zaccagnino", sostenendo che
erroneamente il giudice di primo grado avrebbe rinvenuto la norma applicabile
al caso di specie nell’art. 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000, in
quanto, al contrario, troverebbero applicazione esclusivamente le norme
statutarie che assegnano, fra l’altro, al Presidente della Giunta regionale,
poteri sostitutivi nella ipotesi di persistente indugio da parte degli organi
desiganti (art. 11) senza che le patologie proprie degli organismi chiamati a
concorrere nelle nomine possano avere incidenza sulla regolare costituzione
dell’organo e sulla durata della carica dei membri del Consiglio di amministrazione
che è di cinque anni dall’insediamento dell’organo, coincidenti con la durata
del Consiglio di amministrazione neo eletto.
La correttezza del comportamento della Regione sarebbe
ancor più evidente ove si ponga mente alla circostanza che, se pure è vero che
le nuove elezioni si sono svolte in data 26/27 maggio 2002, tuttavia la
proclamazione degli eletti è invece avvenuta soltanto in data 3 luglio 2002 e
cioè successivamente alla adozione del decreto assessorile impugnato.
Di gran lunga posteriori sarebbero poi la convalida degli
eletti e la nuova designazione dei componenti del consiglio di amministrazione
da parte dell’Amministrazione comunale.
Infine, essendo la costituzione dell’organo anteriore alla
formazione della nuova amministrazione comunale, neppure ricorrerebbero i
presupposti per l’esercizio del potere di revoca ovvero, per tale profilo,
l’illegittimità dei provvedimenti regionali impugnati.
Sarebbe d’altra parte erronea l’affermazione contenuta
nella sentenza appellata, secondo cui la disposizione contenuta nell’art. 50
del decreto legislativo n. 267 del 2000 e la pretesa che la norma sia
espressione di un principio generale volto a garantire, in seno ai consigli di
amministrazione ed agli organi di governo di enti, aziende ed istituzioni,
"una reale, concreta ed effettiva rappresentanza dell’orientamento
politico-amministrativo dell’amministrazione locale", in quanto, al
contrario, la norma in esame si limiterebbe a individuare le competenze del
Sindaco e del Presidente della Provincia, quali organi responsabili
dell’Amministrazione locale, ed avrebbe piuttosto la finalità di evitare
ritardi nella ricostituzione degli organi amministrativi scaduti o in scadenza,
la cui nomina è riservata alla competenza comunale o provinciale, al fine di
evitare le note problematiche della prorogatio, come sarebbe agevole
evincere dal comma 9 dell’art. 50 del D.Lgs. che si pretende violato e dal
testo del comma 8 dello stesso articolo, che sembrerebbe escludere, nel caso in
esame, la possibilità di esercitare il potere di revoca.
In definitiva, la sentenza appellata dovrebbe essere
riformata nel senso della reiezione del ricorso proposto in primo grado.
2. Costituitisi in giudizio il Comune che, oltre a
resistere all’appello, ha proposto a sua volta appello incidentale con riguardo
a motivi assorbiti dal giudice di primo grado con la sentenza impugnata, la
Sezione, con due successive ordinanze (la n. 335 del 4 febbraio 2003 e la n.
3047 dell’11 luglio 2004), ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla Regione
per la sospensione dell’efficacia della sentenza appellata, e la successiva
istanza di revoca della prima delle ordinanze indicate e di riproposizione
della istanza cautelare.
Infine la causa, chiamata alla pubblica udienza del 13
luglio 2004, è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1. L’appello è infondato.
2. La Sezione deve condividere l’orientamento espresso dal
giudice di primo grado, secondo cui la norma contenuta nell’art. 50, comma 8
del decreto legislativo 8 agosto 2000 n. 267 – in forza del quale "sulla
base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della
provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei
rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni–
non si limita a fissare, nella materia, le attribuzioni del Sindaco e del
Presidente della Provincia (come preteso dall’attuale appellante), ma definisce
anche la regola, di portata generale (e prevalente sulle norme statutarie
anteriori dei diversi enti, aziende e istituzioni, che eventualmente
stabilissero in senso difforme), secondo cui le nomine e le designazioni di
rappresentanti delle Amministrazioni locali presso altri Enti, rispettivamente,
di competenza del Sindaco e del Presidente della Provincia, devono considerarsi
di carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affidabilità
espresso attraverso la nomina, ovvero la fiducia sulla capacità del nominato di
rappresentare gli indirizzi di chi l'ha designato, orientando l'azione
dell'organismo nel quale si trova ad operare in senso quanto più possibile
conforme agli interessi di chi gli ha conferito l'incarico.
Il fenomeno, molto chiaramente illustrato dal Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione Siciliana nel parere n. 290 del 2
maggio 2001 (sia pure in rapporto ad una differente base normativa) è reso
ancor più evidente da casi in cui (come nella specie) la norma interna
dell’Ente di destinazione richiede che, dei rappresentanti dell’Ente locale,
uno costituisca espressione della minoranza consiliare, con ciò oscurando
totalmente il requisito della capacità tecnica del designato, ed esaltando, al
contrario quello della appartenenza politica ovvero della fiducia riposta in
lui da una certa formazione politica, che non può non essere riguardata che con
carattere di attualità, in rapporto alla composizione politica del Consiglio in
carica.
Ciò risponde alle regole di diritto comune, le quali
esigono non soltanto che i poteri del rappresentante siano conferiti dal
rappresentato, ma anche che persista il rapporto fiduciario fra l’uno e
l’altro.
Ne consegue che la cessazione del mandato del Sindaco e
del Presidente della Provincia e lo scioglimento del Consiglio comunale
finiscono con il travolgere tutte le nomine effettuate durante il mandato
elettivo.
La norma in esame è, dunque, espressione, nell’ambito
dell’ordinamento degli enti locali, anche del principio della revocabilità dei
rappresentanti dell'Amministrazione comunale e provinciali, che trova conferma,
nel sistema delineato dal decreto legislativo n. 267 del 2000, nelle
disposizioni di cui agli artt. 99 e 100 riguardanti la nomina e la revoca dei
Segretari comunali e provinciali, strettamente correlate al rapporto fiduciario
che deve intercorrere fra gli stessi e, rispettivamente, il Sindaco ed il
Presidente della Provincia, quanto meno all’atto del loro insediamento,
innovando profondamente il sistema precedente, nel quale il segretario
(comunale o provinciale) era un funzionario statale destinato a prestare
servizio presso l'Ente locale sulla base sola base delle determinazioni di un
organo dello Stato, e ciò pur non essendo tuttora libera la scelta dell'Ente
(per essere ristretta fra i nominativi di coloro che sono iscritti nell'albo
nazionale dei segretari comunali o provinciali gestito da un'agenzia autonoma
avente personalità giuridica di diritto pubblico il cui consiglio
d'amministrazione è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri ed è sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno) e
permanendo, in capo alla figura professionale, funzioni di garanzia, in vista
del perseguimento di interessi generali (sul punto, significativa, TAR
Sardegna, n. 311 del 19 marzo 2003).
3. La natura fiduciaria della designazione e l’immanenza
del potere di revoca al rapporto che lega il rappresentante all'Ente locale che
lo ha nominato costituiscono gli anelli del sistema che evidenziano
l’illegittimità dell’operato della Regione che ha provveduto alla presa d’atto
della designazione (deliberazione della Giunta regionale n. 772 del 7 giugno
2002) allorché non soltanto il Sindaco designante era decaduto dalla carica, ed
il Consiglio comunale era stato sciolto, con conseguente commissariamento, ma
erano già state svolte le elezioni amministrative per il rinnovo del Sindaco e
del Consiglio comunale (in data 26/27 maggio 2002) ed ha persistito nel proprio
comportamento illegittimo, provvedendo alla nomina del Consiglio di
amministrazione della fondazione "Zaccagnino" (decreto assessoriale
dell’1 luglio 2002) sulla base della designazione in parola, quando già
l’elettorato aveva espresso il nuovo Sindaco ed il nuovo Consiglio comunale.
In tale contesto, è di nessun rilievo che la nota 24
giugno 2002 (con la quale il Sindaco comunicava di voler provvedere alla
designazione dei componenti del Consiglio di amministrazione della fondazione
sulla base degli indirizzi da darsi dal nuovo consiglio comunale) sia pervenuta
alla Regione successivamente alla adozione della decreto di nomina del
Consiglio di amministrazione (del 1° luglio) o che la stessa proclamazione
degli eletti sia successiva al suddetto decreto (3 luglio 2002), così come il
loro insediamento (22 luglio 2002).
Ciò che infatti concreta l’illegittimità degli atti
oggetto di impugnazione è la circostanza che, già al momento della presa d’atto
e, successivamente, al momento della costituzione del Consiglio di
amministrazione, i nominativi indicati dal sindaco decaduto avevano cessato di
esprimere la relazione di rappresentatività, che doveva essere alla base della
presa d’atto, da un lato e della nomina, all’atto della costituzione
dell’organo.
E’ del tutto estraneo alla fattispecie il ragionamento che
la designazione originaria avrebbe costituito titolo valido per la costituzione
del Consiglio di amministrazione secondo le regole proprie sia dell’art. 50 del
decreto legislativo n. 267 del 2000, sia delle norme statutarie applicabili
alla fattispecie (salvo, poi, il potere di revoca del nuovo governo locale).
A parte le considerazioni esposte nel motivo assorbito, in
ordine alla m......