REALIZZAZIONE DISCARICA E VINCOLI URBANISTICI
L'assessore non può far parte del collegio sindacale della partecipata
Consiglio di Stato - Sezione IV - Sentenza 12 aprile-27 luglio 2011 n
Consiglio di
Stato - Sezione IV - Sentenza 12 aprile-27 luglio 2011 n. 4505
Presidente Trotta - Relatore Migliozzi
Fatto
In un'area sita in Comune di Nerviano, alla via Campestre, località Villanova,
classificata dalla normativa urbanistica del PRG dell'epoca a destinazione
agricola, insiste un impianto di frantumazione di inerti di proprietà della
Società Immobiliare Arianna, con attività di produzione, stoccaggio e
smaltimento di tali rifiuti svolta dalla Ditta di cui è titolare il sig. La
Porta Mario.
Successivamente all'avvenuta emanazione da parte del Comune di Nerviano di
un'ordinanza, la n. 40 del 12 aprile 2001, con cui si ingiungeva sia alla
Società proprietaria sia alla Ditta esercente di demolire alcune opere
abusivamente realizzate, tra cui un impianto di trattamento rifiuti inerti, la
Società Arianna Immobiliare presentava al Comune un'istanza (datata 27/6/2002 )
di rilascio di concessione in sanatoria ex art. 13 della legge n. 47/85
relativamente all'impianto di frantumazione di rifiuti inerti di cui al
provvedimento ripristinatorio summenzionato e alle aree di stoccaggio del
materiale inerte.
Con provvedimento del responsabile del Servizio edilizia privata del 29
novembre 2002 il Comune respingeva la suindicata richiesta di sanatoria sul
rilievo del sussistente contrasto dell'intervento con la normativa recata dal
PRG e per una serie di altri motivi ravvisabili nell'assenza di opere di
urbanizzazione, nell'omessa richiesta di sanatoria per talune opere abusive,
nella difformità di un tratto di recinzione rispetto alla relativa
autorizzazione, nella mancanza di documentazione relativa al superamento delle
barriere architettoniche, nell'omessa produzione del progetto ex art. 4 d.P.R.
n. 44/91, nella omessa dichiarazione relativa agli impianti elettrici,
nell'omissione di adempimenti previsti dal regolamento di tutela del verde.
La Società interessata impugnava innanzi al Tar per la Lombardia con ricorso n.
197/03 tale provvedimento di diniego, denunciandone la illegittimità sotto vari
profili.
Intanto, il Sig. La Porta Mario in data 22 ottobre 2002 presentava al Comune di
Nerviano domanda intesa ad ottenere il nulla osta di cui all'art. 3.1.9 del
Regolamento Locale di Igiene per l'esercizio dell'attività di recupero di
rifiuti inerti a mezzo dell'impianto di frantumazione e in relazione a ciò con
atto del 16/12/2002 il Comandante della Polizia Municipale del predetto Comune
diffidava il medesimo dall'esercitare qualsivoglia attività senza il prescritto
nulla osta sindacale, con il richiamo alle ragioni di contrasto urbanistico
poste a fondamento del diniego opposto in ordine alla chiesta sanatoria
edilizia.
La Ditta La Porta Mario con ricorso rubricato al n. 198/2003 impugnava dal
canto suo innanzi al Tar lombardo il suindicato atto di diffida e l'adito
Tribunale Amministrativo Regionale, con sentenza n. 4984/03, pronunciando sui
due ricorsi riuniti, li rigettava, ritenendoli infondati.
Sono insorti avverso tale sentenza, ritenendola errata ed ingiusta sia
l'Immobiliare Arianna, con il ricorso in appello n. 2972/04 sia la Ditta La
Porta con il gravame rubricato al n. 2971/04.
Con la prima impugnativa, articolata su un unico motivo, nel dedursi la illegittimità
dell'opposto diniego di sanatoria, viene sostenuta diffusamente la tesi della
non incompatibilità dell'impianto di inerti con la destinazione agricola
impressa all'area su cui tale struttura insiste.
In particolare, secondo Arianna Immobiliare, la destinazione agricola, in
assenza di vincoli ambientali e paesaggistici, non impone un obbligo di
utilizzazione in tal senso e per ciò stesso non impedisce l'insediamento di una
struttura del genere di quella in rilievo che è sì incompatibile con una zona residenziale,
ma ben può essere realizzata in aperta campagna. Né costituisce ostacolo
urbanistico alla concessione della sanatoria (come erroneamente statuito dal
giudice di primo grado) la normativa recata dalla legge regionale n. 93 del
1980 che ove correttamente interpretata è in realtà finalizzata esclusivamente
a tutelare da interventi edificatori di tipo residenziale le aree agricole, le
quali ben possono ospitare impianti simili a quello per cui è causa.
Parte appellante poi critica le restanti ragioni poste a sostegno del denegato
rilascio di sanatoria, ritenendole erronee.
Il Comune di Nerviano si è costituito in giudizio con controricorso e a sua
volta ha proposto appello incidentale avverso la sentenza 4984/03 limitatamente
alla statuizione con cui è stata disposta la compensazione integrale delle
spese del giudizio, posto che, secondo la difesa dell'Ente locale nella specie
non vi sarebbero ragioni per derogare al principio generale per cui le spese
seguono la soccombenza nella lite.
Con l'appello n. 2971/04 poi la Ditta La Porta contesta la legittimità del
provvedimento comunale di diffida ad esercitare l'attività relativa
all'impianto di inerti, rivelandosi, a suo dire, non pertinente il richiamo
fatto dal Comune alla supposta incompatibilità urbanistica di tale impianto. Al
riguardo vengono, negli stessi termini in precedenza formulati, anche qui
ribadite le critiche avverso le ragioni opposte dal Comune circa la pretesa non
compatibilità della struttura di che trattasi con la destinazione agricola
attribuita urbanisticamente alla zona in si colloca l'area ospitante l'impianto
di inerti.
Anche per tale gravame si è costituito l'intimato Comune di Nerviano che del
pari ha proposto appello incidentale onde contestare la statuizione contenuta
nella gravata sentenza relativamente alla compensazione delle spese del
giudizio.
All'udienza pubblica del 12 aprile 2011 la causa viene trattenuta in decisione.
Diritto
Preliminarmente va disposta la riunione degli appelli in epigrafe ai sensi
dell'art. 96 cod. proc. amm., avendo gli stessi a oggetto la medesima sentenza.
I proposti gravami sono infondati e come tali vanno respinti.
La vicenda processuale che ne occupa trae origine dall'avvenuta adozione dal
parte del Comune di Nerviano di due provvedimenti, l'uno, con cui è stata
denegata la concessione in sanatoria chiesta per la costruzione di un impianto
di frantumazione di sfridi derivanti da lavorazioni edilizie nonché di deposito
dei materiali prodotti, l'altro di diffida ad esercitare l'attività di trattamento
di inerti.
La ragione fondamentale che ha indotto l'Amministrazione comunale ad assumere
siffatte determinazioni (sulle quali si appuntano le critiche contenute in
entrambe le impugnative) è rappresentata dal fatto che l'impianto di
trattamento e stoccaggio di rifiuti inerti risulta posizionato in area, sita in
via Campestre, località Villanova, identificata in catasto terreni al foglio 11
mapp. 703, 704, 707 e 708, classificata in base al vigente Piano Regolatore
Generale "all'esercizio dell'agricoltura". La Sezione, chiamata a
pronunciarsi sulla legittimità o meno degli atti comunali oggetto di
contenzioso, deve dirimere la questione centrale dell'intero contenzioso, che
corncerne la compatibilità o meno della struttura de qua con la
destinazione agricola impressa urbanisticamente all'area sulla quale il
manufatto insiste.
Il Collegio ritiene di dover fornire al predetto quesito interpretativo una
risposta di contenuto negativo, nel senso che la costruzione di un impianto del
genere di quello in discussione (frantumazione di sfridi edilizi e stoccaggio
di inerti) non è ammissibile in relazione alla previsione di zona agricola
impressa all'area dallo strumento urbanistico.
Vanno in primo luogo qui richiamati alcuni orientamenti giurisprudenziali più
volte espressi da questo Consiglio di Stato secondo cui: a) le scelte
urbanistiche come fissate dall'Amministrazione comunale nel Piano Regolatore
costituiscono valutazioni connotate da amplissima discrezionalità, sottratte al
sindacato di legittimità salvo che non siano inficiate da errori di fatto
abnormi ovvero da manifesta irragionevolezza (cfr Cons Stato Sezione IV
9/7/2002 n. 3817; idem 6/2/2002 n. 664); b) la scelta di classificare un'area
come destinata ad uso agricolo risponde, nell'ambito di una pianificazione
omogenea del territorio comunale da effettuarsi a mezzo di una razionale
applicazione delle tipologie di zona previste dalla normativa urbanistica,
all'esigenza di salvaguardare la vocazione agricola di specifici ambiti
territoriali ai fini di conservazione delle aree stesse anche ai fini
naturalistici (cfr questa Sezione 27/7/2010 n. 4920).
Ciò precisato, sono ben noti al Collegio i principi più volte ribaditi sempre
da questa Sezione (ex multis, cfr decisione del 18/1/2011 n. 352)
secondo i quali la prevista destinazione agricola di un suolo non deve
rispondere necessariamente all'esigenza di promuovere specifiche attività di
coltivazione (e quindi non essere funzionale ad un uso strettamente agricolo
del terreno) mentre siffatta destinazione risulta concretamente volta a
sottrarre parti del territorio comunale a nuove edificazioni (in tal senso,
decisione n. 2166 del 2010), ma tali assunti interpretativi non valgono punto a
far propendere (come invece propugnato da parte appellante) per l'ammissibilità
della realizzazione e dell'esercizio di un impianto di frantumazione di inerti
in zona agricola.
Invero si è in presenza di un'opera che in ragione all'uso cui è preposta reca
necessariamente caratteristiche strutturali e tipologiche del tutto inconciliabili
con la destinazione agricola e tanto con riferimento non solo all'utilizzo
concreto del suolo, ma alla naturale vocazione dei terreni, stante l'evidente
compromissione a causa della presenza di un "opificio" delle finalità
proprie di quella parte del territorio vocata e destinata a fini agricoli.
D'altra parte se considera che uno degli scopi per cui non si ammette
l'edificazione di tipo residenziale in aree agricole (se non in determinate
eccezioni) è quello di evitare la cementificazione del territorio, a maggior
ragione non si può consentire la realizzazione di un'opus che, quanto alle sue
caratteristiche costruttive e di utilizzazione introduce un impatto negativo
sul territorio ancor più marcato e devastante in ragione vuoi della tipologia edilizia
vuoi dell'attività dell'opus vuoi dell'attività in esso esercitata.
In realtà il manufatto, con le opere e le aree ad esso pertinenziali, oggetto
della chiesta sanatoria, è un vero e proprio opificio produttivo che, in quanto
tale, può e deve essere realizzate in altre aree a ciò dedicate, quelle appunto
destinazione industriale e/o produttive (Zona D), in parti del territorio cioè
specificatamente vocate ad ospitare tali tipologie di opere con i connessi usi.
Un avallo inconfutabile a tale assunto interpretativo viene peraltro fornito
(ammesso che ce ne fosse stato bisogno) dal dato di dritto positivo
rappresentato dalla legge Regione Lombardia 7 giugno 1980 n. 93 recante norme
in materia di edificazione nelle zone agricole, lì dove all'art. 2 è previsto
che nelle aree destinate dallo strumento urbanistico generale a zona agricola
sono ammesse esclusivamente opere realizzate in funzione della conduzione del
fondo e destinate alla residenza dell'imprenditore agricolo e dei dipendenti,
risultando ammesse anche strutture produttive come silos, serre, stalle, locali
per la lavorazione di prodotti agricoli.
Ora al di là dell'elemento letterale recato dalla normativa all'uopo dettata
dalla legge regionale summenzionata, la ratio di detta legge è
certamente quella di ammettere in zona agricola opere edilizie che siano in
qualche modo connesse funzionalmente con la coltivazione dei suoli (e relativa
attività produttiva) ma anche con la vocazione naturalistica di aree agricole,
connotazioni, queste, affatto presenti nella fattispecie di un impianto di
frantumazione e stoccaggio di inerti che, per sua stessa natura è distante anni
luce dalla concezione di sfruttamento agricolo di un'area.
Così gli esempi di manufatti che parte appellante indica come ritenuti, per
effetto di alcune sentenze del giudice amministrativo, come assentibili in area
agricola riguardano sempre opere che hanno un minima "contiguità" con
la natura agricola dei terreni ma tale condizione nella specie è del tutto
insussistente, sicché alcuna omologazione ad altri casi può sul punto essere
validamente invocata.
Sulla scorta di tali osservazioni e considerazioni, il diniego di sanatoria
opposto dal Comune di Nerviano in ragione del rilevato contrasto urbanistico
dell'impianto de quo con il regime giuridico di tipo urbanistico vigente
per l'area in questione si appalesa corretto, senza che tale determinazione sia
inficiata dai vizi di legittimità dedotti dalla parte appellante.
Per il vero, il diniego è giustificato anche con riferimento ad altre manchevolezze
di carattere tecnico rilevate in ordine alla richiesta di sanatoria, addebiti
che parte appellante si limita peraltro solo genericamente a contestare senza
riuscire a smentire la fondatezza degli stessi.
In ogni caso, la determinazione negativamente assunta si regge validamente sul
motivo del contrasto urbanistico e tanto è sufficiente a farla considerare
legittima.
Passando al merito del secondo appello, quello proposto da La Porta Mario
avverso il provvedimento con cui in relazione al chiesto nulla osta previsto
dal regolamento comunale di igiene, si diffida la ditta dall'esercitare
qualsivoglia attività (in assenza di tale nulla osta), le osservazioni esposte
a proposito del precedente gravame valgono ad evidenziare l'infondatezza di
questa seconda impugnativa.
La diffida in questione si fonda sulla incompatibilità urbanistica
dell'impianto già rilevata in sede di definizione della domanda di sanatoria e
tali ragioni come richiamate dal Comandante della Polizia Municipale in sede di
adozione dell'impugnato provvedimento valgono a giustificare legittimamente
l'avvenuto esercizio da parte dell'Autorità comunale dello ius poenitendi,
a mezzo dell'atto qui in discussione.
Andando, invero, ad esaminare più da vicino le ragioni dell'appello, le stesse
ruotano intorno ad un presupposto che si appalesa errato, quello di ritenere
che nella vicenda gli aspetti sanitari ed igienici, cui pure attiene il chiesto
nulla osta, siano separati.
Ora da a un punto di vista concettuale non v'è dubbio che esistano autonomi
regimi giuridici disciplinanti rispettivamente i requisiti di tipo urbanistico
e quelli a contenuto igienico-sanitario, ma in relazione alla assentibilità e
agibilità di un manufatto del genere di quello qui in rilievo è evidente che
gli aspetti in questione interagiscono e in particolare sono posti in rapporto
di presupposizione per cui l'assenza di una preventiva compatibilità
urbanisti......