RIMOZIONE AUTOVEICOLI ABBANDONATI IN STRADA
Rendicontazione 5 per mille
Corte di Cassazione Sez
Corte di Cassazione Sez.
Seconda Civ. - Sent. del 08.06.2011, n. 12529
Svolgimento del processo
Con citazione del
4/7/2003 la soc. E. s.n.c. conveniva in giudizio davanti al Giudice di Pace di
Monza la società Autostrade per sentirla condannare al pagamento della somma di
Euro 2.535,20 a titolo di indennità di custodia e rimborso spese per il
trasporto del veicolo Lancia Beta abbandonato sulla sede autostradale.
La soc. Autostrade si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda attrice.
Il Giudice di Pace con sentenza del 28/5/2004 accoglieva la domanda della soc.
E.; la soc. Autostrade proponeva appello al quale resisteva l’attrice.
Con sentenza del 24/6/2005 il Tribunale di Monza, decidendo quale giudice di
appello, rigettava il gravame rilevando:
che il veicolo rimosso doveva considerarsi abbandonato ai sensi dell’art. 923
comma 2 c.c., in quanto il regolamento di cui al DM_460_1999,
prevede che le auto appartenenti a soggetti identificabili, non reclamate entro
60 gg. dalla notifica del verbale di constatazione si considerano abbandonate
ai sensi dell’art. 923 c.c.;
- che ai sensi dell’art. 3 D.M. 460/99 i costi della rimozione dovevano essere
posti a carico dell’ente proprietario della strada o del concessionario della
stessa;
- che alla responsabilità ex lege si aggiungeva la responsabilità per colpa per
avere omesso l’attività di vigilanza e controllo finalizzata alla tutela della
circolazione;
che la norma applicata non violava il principio costituzionale
dell’irretroattività della legge in quanto tale principio era applicabile solo
alle norme penali;
- che la norma applicata non violava alcuna norma di rango superiore in quanto
non creava un nuovo modo di acquisto della proprietà ed era conforme all’art.
14 D. Lvo. 285/02 che pone a carico del proprietario della strada o del
soggetto concessionario i doveri di manutenzione, gestione e pulizia.
La soc. Autostrade propone ricorso per Cassazione fondato su sei motivi.
La società intimata non si è costituita.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo
del ricorso principale, denunciandosi violazione di norme di diritto (artt. 23
e 70 Cost., artt. 1 e ss. Disposizioni sulla legge in generale, art. 3 D.M.
460/99, art. 5 L. 2248 del 1865, Ali. E) si deduce la illegittimità (e dunque
l’obbligo di disapplicazione ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5,
ali. E) dell’art. 3 del D.M. n. 460 del 1999 che, al comma 2, per quanto
concerne gli oneri finanziari relativi a prelievo, custodia, cancellazione dal
pubblico registro automobilistico e demolizione dei veicoli abbandonati sulla
strada, stabilisce: “L’onere finanziario è posto a carico dell’ente
proprietario della strada sulla quale il veicolo è stato rinvenuto o del concessionario
della stessa”; si assume che tale norma violerebbe:
a) l’art. 23 Cost., perché l’addebito dei costi del servizio si traduce
nell’imposizione di una prestazione patrimoniale che non trova la sua fonte
nella legge;
b) gli artt. 70 e ss. Cost., e artt. 1 e ss. preleggi, che subordinano il
regolamento alla legge e gli impediscono di configurare obblighi o diritti in
difetto di “autorizzazione” di una fonte primaria, autorizzazione nella specie
insussistente, atteso che il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 46 modif. dal
D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389, che prevede il regolamento di cui si discute,
ne limita l’ambito alla sola disciplina dei “casi” e delle “procedure” di
conferimento ai centri di raccolta dei veicoli rinvenuti sulle strade;
c) le norme del codice civile in materia di acquisizione del diritto di
proprietà e di assunzione di obblighi.
2. Con il secondo motivo si deduce la violazione:
- dell’art. 14 decreto_legislativo_285_1992 (:”Gli
enti proprietari delle strade allo scopo di garantire la sicurezza e la
fluidità della circolazione, provvedono:
a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e
arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi;
Per le strade in concessione i poteri e i compiti dell’ente proprietario della
strada previsti dal presente codice sono esercitati dal concessionario, salvo
che sia diversamente stabilito” n.d.r.);
- degli artt. 175 e ss. (norme di comportamento)del DLVO 285/1992 (codice della
strada all’epoca vigente) e dell’art. 372 del suo regolamento di attuazione
(”Sono vietate sull’autostrada competizioni motoristiche, nonché riunioni,
giuochi e gare sportive in genere. Sulle autostrade e nelle zone ad esse
adiacenti o prospicienti sono vietate tutte quelle azioni o situazioni che
possono procurare pericolo alla sicurezza della circolazione. L’ente
proprietario o concessionario ingiunge al responsabile di eliminare la
situazione di pericolo e, in caso di inottemperanza, si procede ai sensi del
Capo I, Sezione II del Titolo VI del codice” n.d.e.).
La ricorrente assume che le norme richiamate e ritenute applicabili dal giudice
di appello concernono esclusivamente l’obbligo, per il concessionario
dell’autostrada, di garantire la sicurezza della circolazione e non prevedono
l’accollo dei costi relativi alla rottamazione dei veicoli abbandonati.
3. Con il terzo motivo del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione
dei principi che regolano la concessione di un pubblico servizio e i rapporti
tra concedente e concessionario della gestione autostradale, in riferimento
alla L. n. 729 del 1961 (convenzione Anas 4.8.97), si censura l’affermazione
del Tribunale secondo la quale graverebbe, sui concessionari di strade
pubbliche, un generale dovere di vigilanza. Si deduce che di un siffatto dovere
non v’è traccia nella concessione, e che desumere un tale obbligo dalla sola
qualità di concessionario “è un assurdo giuridico”, tanto più che il concessionario
sarebbe responsabile per fatti di terzi che non può in alcun modo evitare, non
essendo investito di alcun potere autoritativo in ordine al controllo e alla
rimozione dei veicoli abbandonati
4. Con il quarto motivo (violazione degli artt. 927-929 c.c.) si deduce che
l’applicazione del regolamento più volte richiamato viola le norme codicistiche
in tema di acquisizione del diritto di proprietà. La ricorrente osserva che, in
linea di principio, i costi della rimozione dei veicoli lasciati sulle strade
gravano sui proprietari degli stessi; ma il regolamento, pur di accollarli al
proprietario o concessionario della strada, stabilisce una presunzione di
abbandono del veicolo da parte del proprietario che non lo abbia reclamato
entro 60 giorni dalla notifica della rimozione, con conseguente acquisizione
della proprietà del medesimo in capo all’ente proprietario o concessionario
della strada, al quale è attribuita la responsabilità dei costi di rimozione
appunto in quanto proprietario del veicolo. Questa fattispecie di perdita, per
un verso, e di acquisto, per altro verso, della proprietà, introdotta dal
regolamento, è però - ad avviso della ricorrente - illegittima, perché non
prevista dalla legge ed anzi si pone in contrasto (secondo la ricorrente) con
l’art. 42 Cost. che accorda garanzia costituzionale al diritto di proprietà.
5. Con il quinto motivo del ricorso, denunciandosi violazione delle norme del
codice civile che disciplinano la responsabilità oggettiva, si censura la
sentenza impugnata per avere posto a carico del concessionario una
responsabilità di tale natura, fondata sulla concessione, senza che però alcuna
norma la preveda. Se il Tribunale - si osserva - ha inteso configurare una
culpa in vigilando, questa non trova riscontro nella legge o nella qualifica di
concessionario, dato che la culpa in vigilando si basa sul presupposto - qui
insussistente - che il soggetto sia in grado di vigilare e che il fatto
produttivo di danno sia in qualche maniera a lui riconducibile.
6. Con il sesto motivo, denunciando violazione dell’art. 25 Cost. e dell’art.
11 delle preleggi la ricorrente censura che, in violazione del principio
dell’irretroattività della legge, stabilito dal citato art. 11 delle preleggi,
sarebbe stato applicato retroattivamente alla fattispecie in esame il disposto
della norma regolamentare in quanto le prestazioni di custodia, trasporto e
recupero del veicolo erano state effettuate nel 1996, ossia prima che entrasse
in vigore il citato decreto ministeriale.
7. Tutti 1 motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto
pongono, in definitiva, un’unica questione: se, cioè, i costi di rimozione,
custodia, cancellazione dal pubblico registro automobilistico e demolizione dei
veicoli rinvenuti dagli organi di polizia su strade pubbliche gravino o meno
sull’ente concessionario della strada sulla quale i veicoli sono stati
rinvenuti.
7.1. La ricorrente sostiene che nessuna norma di legge, se non l’illegittimo (a
suo dire) decreto ministeriale n. 460 del 1999, prevede che tali costi gravino
sul concessionario della strada e che, invece, devono gravare esclusivamente e
necessariamente sul proprietario del veicolo o autore dell’illecito abbandono.
Questa Corte, affrontando identiche questioni (v. Cass. 14/6/2006 n. 13762;
Cass. 24/6/2008 n. 17178; Cass. 19/5/2009 n. 11543), si è già più volte
pronunciata evidenziando che si tratta di tesi priva di fondamento.
Ai sensi dell’art. 14 C.d.S.(D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), giustamente
richiamato nella sentenza impugnata, gli enti proprietari delle strade
provvedono alla “manutenzione, gestione e pulizia” delle stesse e delle loro
pertinenze (comma 1, lett. a) “allo scopo di garantire la sicurezza e la
fluidità della circolazione” (comma 1, primo periodo). Lo stesso articolo
prevede, inoltre, al comma 3, che “per le strade in concessione i poteri e i
compiti dell’ente proprietario della strada sono esercitati dal concessionario,
salvo che sia diversamente stabilito”. Nella predetta, ampia previsione di
compiti rientra sicuramente, in primo luogo, la rimozione dalle strade dei
veicoli che le ingombrano e dunque la connessa custodia dei veicoli rimossi. Ma
vi rientra anche lo smaltimento di quelli che tecnicamente vanno qualificati
come “rifiuti” (”qualsiasi sostanza od oggetto… di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”, secondo la definizione datane -
all’art. 1, lett. a) - dal D.Lgs. n. 22 del 1997, che non a caso contiene anche
- all’art. 46 - la norma primaria che prevede il regolamento più volte sopra richiamato),
ossia dei veicoli abbandonati e non reclamati dai proprietari e quindi
destinati alla demolizione (sempre che il comune non ritenga conveniente
disporne la vendita), ai sensi del D.M. n. 460 del 1999, artt. 1 e 2 cit..
Se, invece, il veicolo o rimorchio viene reclamato dal proprietario, le spese
di rimozione e custodia gravano ovviamente su quest’ultimo, come ribadisce
anche l’art. 2, comma 3, D.M. cit..
Se tali compiti spettano all’ente proprietario o concessionario della strada,
non v’è dubbio che, in difetto di previsione contraria, al medesimo ente spetti
anche sostenere i relativi oneri economici, salvo, ovviamente, rivalsa nei
confronti dei proprietari o responsabili dell’abbandono dei veicoli. Non è,
dunque, il regolamento ad attribuire all’ente concessionario della strada
l’onere delle spese in questione: il regolamento non fa che esplicitare quanto
già ricavabile dalla norma primaria.
7.2. - È allora evidente l’infondatezza:
del primo motivo del ricorso, per l’assorbente ragione che il regolamento è
conforme alla legge; non trova qui applicazione il D.Lgs. n. 22 del 1997, art.
14, che impone l’obbligo del recupero e dello smaltimento dei rifiuti al
titolare di diritti reali o personali (solo) se abbia concorso nella violazione
a titolo di dolo o colpa; la citata norma ha carattere generale e viene
derogata dalla normativa speciale in materia di autostrade;
- del secondo motivo perché, come detto,non è stato violato (ma correttamente
applicato) l’art. 14 CdS in quanto, nella predetta, ampia previsione di compiti
rientra sicuramente, in primo luogo, la rimozione dalle strade dei veicoli che
le ingombrano e dunque la connessa custodia dei veicoli rimossi, con i relativi
oneri economici; tale conclusione, d’altra parte, oltre che sulla norma di legge
trova un suo fondamento anche nel senso comune, posto che non si vede per quale
ragione l’ente che sfrutta a fini economici l’autostrada dovrebbe
disinteressarsi del fatto che sulla stessa si accumulino veicoli abbandonati o
altri rifiuti di vario genere;
- del terzo motivo, perché è la legge, non la concessione, a fondamento degli
indicati doveri del concessionario (sul punto, piuttosto, va rettificata la
motivazione in diritto della sentenza impugnata, che fa riferimento a un
generico dovere di vigilanza, invece di applicare l’art. 14 C.d.S.);
- del quarto motivo perché proprio dagli obblighi di manutenzione, gestione e
pulizia della strada e non già dall’acquisizione della proprietà del veicolo,
deriva l’attribuzione dell’onere in questione all’ente (proprietario o
concessionario della strada);
- del quinto motivo perché viene qui in considerazione un compito e un dovere
attribuiti dalla legge e non una fattispecie di responsabilità oggettiva o per
culpa in vigilando; né, del resto, la disposizione secondo cui il veicolo “si
considera cosa abbandonata ai sensi dell’art.. 923 c.c.” se non viene reclamato
dagli aventi diritto entro sessanta giorni dal rinvenimento o dalla sua
notificazione (art. 1, comma 2, del regolamento), viola la predetta disposizione
codicistica (come invece ritiene la ricorrente), dato che la presunzione di
abbandono è giustificata dal mancato reclamo del veicolo nel termine predetto;
- del sesto motivo perché a fondamento dell’attribuzione dell’onere economico
di cui trattasi all’ente concessionario della strada sta il disposto del D.Lgs.
n. 285 del 1992, art. 14 e non il regolamento del 22 ottobre 1999, che si
limita ad esplicitare quanto già previsto nella norma primaria e, quindi, non
v’è ragione di limitare l’operatività del medesimo onere al tempo successivo
all’entrata in vigore del regolamento (cfr. per l’affermazione del principio,
Cass. n. 11543/2009 cit.).
8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato in quanto totalmente
infondato; non v’è luogo a provvedere sulle spese di questo giudizio di
Cassazione stante la mancata costituzione dell’intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il
ricorso.
Depositata in Cancelleria
il 08.06.2011
......