RISPETTO DEI TERMINI DI PAGAMENTO
Obbligo di pubblicità per rinnovo concessioni
Determinazione n
Determinazione
n. 4 del 7 Luglio 2010
Disciplina
dei pagamenti nei contratti pubblici di forniture e servizi (pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - del 28 luglio 2010 n. 174)
Premessa
L’Autorità ha ricevuto diverse segnalazioni
riguardanti l’applicazione della normativa sui ritardati pagamenti di cui
al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 (decreto 231) ai contratti
pubblici di forniture e servizi.
Data la particolare rilevanza della tematica,
l’Autorità ha disposto un’indagine conoscitiva, mediante audizione di
alcune associazioni di categoria, al fine di valutare l’ampiezza
del fenomeno ed i suoi riflessi sull’economicità dell’azione
amministrativa e sull’operatività dei prestatori di servizi e forniture.
Dall’analisi dei dati acquisiti in riferimento
all’anno 2009, è emerso che i tempi di pagamento oscillano in un range
che va da un minimo di 92 giorni ad un massimo di 664 giorni. Il
ritardo è, per lo più, imputato ai tempi di emissione dei certificati di
regolare esecuzione (46,3%) e dei mandati di pagamento (29,6%) da parte
delle stazioni appaltanti e, più in generale, a lentezze che derivano da
vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5%).
Sono state, inoltre, rilevate sensibili differenze sul piano
territoriale: i ritardi che superano i due mesi sono segnalati dal 36,4%
delle imprese del Nord-Est, percentuale che sale al 61,5% nel Nord Ovest
e al 63,3% nel Mezzogiorno. La presunta esposizione debitoria della
pubblica amministrazione, calcolata sulla base della stima effettuata
dalle associazioni audite, ammonterebbe a circa 37 miliardi di euro (pari
al 2,5 per cento del PIL), dei quali una parte consistente deriverebbe
dalla gestione del sistema sanitario e dalla raccolta dei rifiuti solidi
urbani. La problematica è particolarmente avvertita, soprattutto
nell’attuale congiuntura economica di difficile accesso al credito
bancario, dalle piccole e medie imprese che risentono in maniera grave
della mancanza di liquidità.
Con specifico riguardo all’applicazione della
normativa citata, sulla base degli approfondimenti svolti, sono state
rilevate prassi delle amministrazioni consistenti nella individuazione
unilaterale di termini di pagamento superiori a quelli previsti dal
decreto 231 e nell’inclusione dei termini di pagamento in deroga tra gli
elementi di valutazione delle offerte. Alcuni capitolati speciali
d’appalto prevedono, altresì, la riduzione del tasso di interesse di mora
previsto dal decreto.
L’assunzione del rischio connesso alla dilazione
dei pagamenti genera problematiche connesse sia all’uso efficiente delle
risorse pubbliche sia alla “sostenibilità” della partecipazione alle gare
da parte dei soggetti privati. Sotto il primo profilo, si osserva che i
privati appaltatori tendono ad includere l’onere finanziario che si
presume di dover sostenere per i ritardi nei pagamenti nell’ambito del
prezzo proposto alla stazione appaltante; quest’ultima si troverà,
inoltre, nella condizione di dover corrispondere gli interessi di mora
con conseguente aumento delle risorse inizialmente stimate per l’appalto.
Sotto il secondo profilo, la necessità di sopportare i costi occulti
legati alla mancata regolarità nei pagamenti distorce il confronto
concorrenziale, disincentivando la partecipazione di operatori economici,
ancorchè qualitativamente competitivi. Si consideri che il fenomeno
produce effetti esponenziali sul sistema economico delle imprese, dal
momento che il ritardo nei pagamenti incide non solo direttamente sugli
operatori economici aggiudicatari, ma, indirettamente, produce effetti a
cascata sull’indotto, ossia sull’insieme delle imprese che svolgono
attività a valle (sotto forma di subappaltatori, subfornitori ecc).
Data la rilevanza economica del fenomeno,
l’Autorità ha deliberato di adottare la presente determinazione al fine
di fornire alle stazioni appaltanti ed agli operatori economici
indicazioni interpretative sulla normativa applicabile e suggerimenti
operativi per la redazione dei bandi di gara e la stipula dei contratti.
1. La normativa applicabile
Il decreto 231 ha dato attuazione all’articolo
26 della legge comunitaria 1 marzo 2002 n. 39, che delegava il Governo ad
attuare la direttiva dell’Unione europea 2000/35/CE relativa alla lotta
contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
La disciplina, nell’intento di arginare il
fenomeno dei ritardati pagamenti, prevede in sintesi: a) la decorrenza
automatica degli interessi moratori dal giorno successivo alla scadenza
del termine di pagamento, che è fissato, in assenza di diverso accordo,
in trenta giorni decorrenti dagli eventi previsti dall’articolo 4, commi
2 e 3, senza bisogno di un atto scritto di messa in mora (articolo 4); b)
la determinazione legale degli interessi moratori in misura pari al
saggio di interesse del principale strumento di rifinanziamento della
BCE, applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento
principale, effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione
maggiorato di sette punti percentuali, salvo patto contrario
(articolo 5); c) il risarcimento dei costi sostenuti per il
recupero delle somme non tempestivamente corrisposte, salva la prova del
maggior danno (articolo 6); d) la nullità di un accordo sulla data del
pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento che risulti
gravemente iniquo per il creditore (articolo 7); e) il potere del giudice
di dichiarare d’ufficio la nullità dell’accordo e di modificare il
contenuto del contratto applicando i termini legali o riconducendolo ad
equità, avendo riguardo all’interesse del creditore, alla corretta prassi
commerciale ed alle circostanze previste (articolo 7); f) la
legittimazione processuale delle associazioni di categoria degli imprenditori
presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) al
fine di far accertare la grave iniquità delle condizioni generali
concernenti il pagamento (articolo 8).
Più in particolare, la facoltà di deroga è
disciplinata dall’articolo 4, comma 4, laddove si stabilisce che “le
parti, nella propria libertà contrattuale, possono stabilire un termine
superiore rispetto a quello legale di cui al comma 3 a condizione che le
diverse pattuizioni siano stabilite per iscritto e rispettino i limiti
concordati nell'ambito di accordi sottoscritti, presso il Ministero delle
attività produttive, dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a
livello nazionale della produzione, della trasformazione e della
distribuzione per categorie di prodotti deteriorabili specifici”.
L’articolo 7 disciplina la nullità dell’accordo
sulla data del pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento,
sancendo che tale accordo è nullo “se, avuto riguardo alla corretta prassi
commerciale, alla natura della merce o dei servizi oggetto del contratto,
alla condizione dei contraenti ed ai rapporti commerciali tra i medesimi,
nonché ad ogni altra circostanza, risulti gravemente iniquo in danno del
creditore”. Il comma 2 dell’articolo 7 contempla alcune ipotesi
legali di grave iniquità, per cui “si considera, in particolare,
gravemente iniquo l'accordo che, senza essere giustificato da ragioni
oggettive, abbia come obiettivo principale quello di procurare al
debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore, ovvero l'accordo con
il quale l'appaltatore o il subfornitore principale imponga ai propri
fornitori o subfornitori termini di pagamento ingiustificatamente più
lunghi rispetto ai termini di pagamento ad esso concessi”.
Le norme illustrate riguardano i contratti tra
imprese e i contratti tra imprese e pubblica amministrazione,
intendendosi per tale “le amministrazioni dello Stato, le regioni, le
province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti pubblici territoriali
e le loro unioni, gli enti pubblici non economici, ogni altro organismo
dotato di personalità giuridica, istituito per soddisfare specifiche
finalità d’interesse generale non aventi carattere industriale o
commerciale, la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo
Stato, dalle regioni, dagli enti locali, da altri enti pubblici o
organismi di diritto pubblico, o la cui gestione è sottoposta al loro
controllo o i cui organi d’amministrazione, di direzione o di vigilanza
sono costituiti, almeno per la metà, da componenti designati dai medesimi
soggetti pubblici” (articolo 2). Sul piano oggettivo, la normativa
concerne “ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in
una transazione commerciale”, con esclusione dei debiti oggetto di
procedure concorsuali a carico del debitore, delle richieste di interessi
inferiori a cinque euro, dei pagamenti effettuati a titolo di
risarcimento del danno, ivi compresi i pagamenti effettuati a tale titolo
da un assicuratore (articolo 1).
Ai fini dell’applicazione degli interessi
moratori, il ritardo ex articolo 1218 del codice civile deve essere
imputabile alla stazione appaltante. Da ciò consegue che sono
improduttivi di interessi i ritardi imputabili ad eventi non dipendenti
dalla stazione appaltante quali, a titolo esemplificativo, l’ipotesi di
causa di forza maggiore ovvero cause riconducibili a fatto dello stesso
appaltatore. Corollario indefettibile della necessaria imputabilità del
ritardo alla stazione appaltante è, inoltre, che l'onere di fornire la
prova della non imputabilità della causa del ritardo grava sulla stessa
pubblica amministrazione. Occorre rilevare, altresì, che l’articolo 6 del
decreto 231 ribadisce il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior
danno ex articolo 1224, comma 2, del codice civile.
La problematica in esame è stata oggetto di
ripetuti interventi legislativi nazionali (l. 28 gennaio 2009 n. 2 di
conversione del d.l. 29 novembre 2008 n. 185 e l. 3 agosto 2009 n. 102 di
conversione del d.l. 1 luglio 2009 n. 78), volti a conseguire una
maggiore efficienza nella programmazione degli impegni di spesa da parte
delle pubbliche amministrazioni.