SEPARAZIONE DELLE RESPONSABILITA' POLITICHE E GESTIONALI
ANNULLAMENTO GARE: OCCORRONO RAGIONI DI INTERESSE PUBBLICO
CORTE DI CASSAZIONE SEZ
CORTE
DI CASSAZIONE SEZ. I CIVILE - sentenza 27 settembre 2006, n. 21010 - Pres. De Musis, Rel. Napoleoni -
Borromeo c. Azienda Sanitaria Locale n. 20
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con cinque distinti ricorsi l'Ing. Giancarlo Borromeo
proponeva opposizione avverso altrettante ordinanze-ingiunzioni (nn. 443, 444,
445, 446 e 447) emesse il 20 novembre 1998 dall'Azienda Regionale U.S.L. N. 20
(ora Azienda Sanitaria Locale N. 20), con ciascuna delle quali gli era stata
irrogata la sanzione amministrativa di lire 500.000 per la violazione dell'art.
29 del d.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 - violazione sanzionata dall'art. 17 della
legge 30 aprile 1962, n. 283 - per avere, nella sua qualità di assessore ai
lavori pubblici del Comune di Alessandria e attraverso la «sezione manutenzione
fabbricati comunali», tollerato che il servizio di refezione scolastica presso
alcune scuole materne ed elementari venisse effettuato ancorché i locali a ciò
adibiti presentassero marcate carenze igienico-strutturali (a seconda dei casi,
scrostature e annerimenti delle pareti, difetto di idonea tinteggiatura,
mancanza di alcune piastrelle nei rivestimenti, presenza di lavelli bisognevoli
di sostituzione, ecc.): carenze tutte riscontrate da personale del N.A.S. in
occasione di accessi presso gli istituti scolastici in questione.
Riuniti i ricorsi, l'adito Tribunale di Alessandria, con
sentenza del 1° giugno 2001, rigettava l'opposizione riguardo al punto relativo
alla responsabilità, riducendo la sanzione complessiva per le plurime
violazioni alla somma di lire 1.500.000, stante la ritenuta applicabilità del
regime del cumulo giuridico di cui all'art. 8 della legge 24 novembre 1981, n.
689; compensava altresì integralmente fra le parti le spese del giudizio.
In ordine alla configurabilità delle violazioni, il
Tribunale rilevava che - contrariamente a quanto sostenuto dall' opponente -
l’art. 29 del d. P. R. n. 327 del 1980 doveva ritenersi volto a tutelare
l'igiene dei locali «in senso generale», imponendo l'esecuzione non soltanto di
semplici operazioni di pulizia, ma di ogni altro tipo di intervento necessario
al predetto fine, ivi compresa la manutenzione ordinaria e straordinaria degli
edifici pubblici.
Correttamente, d'altro canto - ad avviso del primo Giudice
- i provvedimenti sanzionatori opposti avevano identificato nel Borromeo il
soggetto responsabile delle violazioni, L'esecuzione dei lavori di manutenzione
dei locali utilizzati per la refezione scolastica doveva ritenersi difatti
rientrare nelle competenze, non già dell' assessorato alla pubblica istruzione,
ma di quello ai lavori pubblici : assessorato, quest'ultimo, cui l'opponente
era stato preposto dal Sindaco di Alessandria con atto di nomina che, per i
suoi contenuti, implicava una delega non soltanto «di firma», ma anche «di
funzioni», e che risultava pertanto idoneo a trasferire ogni responsabilità al
delegato.
Né, da ultimo, poteva valere come esimente la circostanza
che il servizio di refezione scolastica fosse stato appaltato dal Comune ad una
società privata, dovendo la pubblica amministrazione comunque vigilare
sull'esecuzione dell'appalto.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso il
Borromeo sulla base di quattro motivi, illustrati con successiva memoria, cui
resiste con controricorso l'Azienda Sanitaria Locale n. 20.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione
e falsa applicazione dell'art. 29 del d.P.R. n. 327 del 1980 e dell'art. 12
delle disposizioni sulla legge in generale, nonché omessa o insufficiente
motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360,
primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per
aver ritenuto che i fatti in relazione ai quali erano state emesse le
ordinanze-ingiunzioni integrassero la violazione del citato art. 29 del d.P.R.
n. 327 del 1980.
Tale ultima disposizione - contenuta nel regolamento di
attuazione della legge n. 283 del 1962, concernente la disciplina igienica
della produzione e della vendita delle sostanze alimentari - riguarderebbe,
infatti, alla luce tanto del suo tenore letterale che del collegamento
sistematico con altre disposizioni del medesimo regolamento, esclusivamente il
mantenimento delle condizioni igieniche dei locali attraverso operazioni di
pulizia, e non anche la manutenzione dei locali stessi tramite interventi
intesi ad assicurarne il buono stato dal punto di vista edilizio.
2.- Con il secondo motivo il Borromeo lamenta omessa o
insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, omesso esame
di documenti decisivi, nullità della sentenza e violazione o falsa applicazione
degli artt. 3 e 23 della legge n. 689 del 1981, in relazione all' art. 360,
primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., censurando che il Tribunale abbia
ritenuto apoditticamente addebitabili al ricorrente le contestate violazioni in
ragione della sua qualità di assessore ai lavori pubblici - e, come tale,
competente in ordine alla manutenzione degli edifici pubblici - senza prendere
affatto in esame i documenti prodotti (in particolare, la deliberazione del
Consiglio Comunale di Alessandria dell'11 luglio 1978, n. 665, avente ad
oggetto il «Piano di riorganizzazione e ristrutturazione dei servizi comunali»,
ed il contratto di appalto del servizio di refezione scolastica, concluso il 26
novembre 1993 tra il Comune di Alessandria e la S.n.c. GAMA), dai quali
risultava che il servizio di refezione veniva espletato, congiuntamente, da
personale dipendente dall' assessorato alla pubblica istruzione e da quello
della società appai tatrice del servizio, sottoposto a sua volta alla vigilanza
di detto assessorato.
I documenti in questione avrebbero dovuto indurre dunque
il Tribunale ad escludere, o a ritenere comunque non provato, l'elemento
soggettivo delle pretese violazioni in capo al ricorrente, in quanto privo di
qualsiasi competenza riguardo alle modalità di effettuazione del servizio.
3. - Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione
o falsa applicazione dell'art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché
degli artt. 51, 52 e 48 dello Statuto del Comune di Alessandria, omesso esame
di documenti decisivi e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su
un punto decisivo della controversia, in relazione all' art. 360, primo comma,
nn. 3 e 5, cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto
che della carente manutenzione dei locali adibiti alla refezione scolastica
debbano essere chiamati a rispondere gli organi elettivi e di vertice del
Comune , e segnatamente il sindaco o, a seguito di delega delle funzioni, l'assessore
ai lavori pubblici.
Posto, infatti, che le presunte «carenze
igienico-strutturali» dei locali consistevano, in realtà, in mere
«imperfezioni» eliminabili con modesti interventi di manutenzione ordinaria,
l'omesso controllo sull'esecuzione di tali interventi doveva essere semmai
addebitato agli uffici costituenti 1'apparato amministrativo-burocratico del
Comune, e segnatamente — avuto riguardo alle previsioni dello Statuto del
Comune di Alessandria e della ricordata delibera del Consiglio comunale dell'11
luglio 1978 - ai dirigenti preposti al «nucleo operativo progettazione,
realizzazione e gestione della manutenzione», istituito con detta delibera e
inserito in una struttura con al vertice 1'Ingegnere capo. Ciò in applicazione
del principio generale in materia di organizzazione degli enti locali
territoriali sancito dall'art. 51 della legge n. 142 del 1990, in forza del
quale «i poteri di indirizzo e di controllo spettano gli organi elettivi,
mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti».
Il Tribunale non avrebbe neppure tenuto conto delle
dimensioni medio-grandi del Comune di Alessandria e della circostanza che
l'apparato burocratico dell' assessorato ai lavori pubblici contava ben 128
dipendenti, con conseguente impossibilità per l'Assessore - cui mai era stata
segnalata, peraltro, la necessità di effettuare interventi di manutenzione
negli edifici scolastici considerati - di controllarne direttamente l'attività.
4.- Con il quarto motivo il Borromeo deduce nullità della
sentenza per radicale contraddittorietà della motivazione, nonché violazione e
falsa applicazione degli artt. 3 e 23 della legge n. 689 del 1981, in relazione
all'art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., rilevando come la
pronuncia impugnata, dopo aver ritenuto il ricorrente responsabile di
violazioni riferibili all'attività dell'ente locale, abbia compensato le spese
processuali in ragione «della complessità dei rapporti ali'interno della
macchina comunale e degli o-neri burocratici da assolvere per il raggiungimento
del fine prefissato»: «difetti», questi, «non certo imputabili ovvero non tutti
imputabili al ricorrente».
Con tali affermazioni il Tribunale avrebbe dunque
contraddittoriamente escluso, o comunque posto in dubbio , la responsabilità
del ricorrente : circostanza a fronte della quale avrebbe dovuto dunque
accogliere l'opposizione ai sensi dell'art. 23 della legge n. 689 del 1981,
quanto meno sotto il profilo della insussistenza di prove sufficienti sul
punto.
5. - Il terzo motivo - che assume rilievo assorbente - è
fondato.
Questa Corte ha avuto modo di affermare ripetutamente,
difatti, che, per quanto riguarda gli enti locali territoriali, ed in
particolare i comuni, le responsabilità penali - ma l'asserto vale allo stesso
modo per quelle di ordine sanzionatorio amministrativo - connesse alla
violazione delle norme che 1'ente è tenuto ad osservare nello svolgimento della
sua attività, restano ripartite tra gli organi elettivi e quelli burocratici in
correlazione alle rispettive attribuzioni, desumibili dalla disciplina di
settore: disciplina da cui emerge,
in effetti, una chiara distinzione di ruoli, a fronte
della quale le funzioni degli organi politici di governo dell'ente locale sono
tendenzialmente destinate a muoversi negli ambiti esclusivi, da un lato,
dell'indirizzo politico-amministrativo (tramite fissazione degli obiettivi,
delle priorità e dei piani di massima) e, dall' altro, del controllo sui
risultati; mentre la concreta gestione amministrativa - attuata mediante
l'organizzazione delle risorse umane, finanziarie e materiali in vista del
conseguimento delle finalità e degli obiettivi indicati dagli organi di
direzione politica - rimane riservata, con connotati di autonomia e di piena
assunzione di responsabilità, all' apparato burocratico, che vede al suo
vertice le figure dirigenziali.
A tal proposito, viene segnatamente in rilievo nella
specie, ratione temporis, il disposto dell'art. 51 della legge n. 142
del 1990 (recante l'ordinamento delle autonomie locali), con il quale il
legislatore ha puntualmente fissato, in tema di organizzazione degli uffici e
del personale, il principio per cui «i poteri di indirizzo e di controllo
spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai
dirigenti» (comma 2); precisando altresì che «spettano ai dirigenti tutti i
compiti, compresa l'adozione di atti che impegnano l'amministrazione verso
l'esterno, che la legge o lo statuto espressamente non riservano agli organi di
governo dell' ente» (comma 3) , e che «i dirigenti sono direttamente
responsabili, in relazione agli obiettivi dell' ente, della correttezza
amministrativa della gestione» (comma 4).
Tale linea strategica, riguardo alla definizione dei
rapporti tra potere politico e burocrazia, ha trovato quindi una generale eco
nel d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, sull'organizzazione delle amministrazioni
pubbliche ed il pubblico impiego, il cui art. 3 (successivamente modificato ed
integrato dall'art. 2 del d.lgs. n. 470 del 1993 e dall'art. 3 del d.lgs. n. 80
del 1998), ha stabilito, al comma 1, che «gli organi di direzione politica
definiscono gli obiettivi e programmi da attuare e verificano la rispondenza
dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite»;
laddove, di contro, in base alla previsione del comma 2, «ai dirigenti spetta
la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa ... mediante autonomi poteri
di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo»,
poteri a fronte dei quali essi «sono responsabili della gestione e dei relativi
risultati».
Detta opzione è alfine refluita nell'art. 107 del d.lgs.
18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali, peraltro successivo ai fatti oggetto del presente giudizio.
Ciò posto e per quanto qui più interessa, l'assetto
organizzativo dianzi accennato ha, come diretta conseguenza, che non si possa
automaticamente ed acriticamente imputare agli organi politici (in specie,
sindaco e assessori) di un comune, ancorché di modeste dimensioni - e, a fortiori,
dunque, quando si tratti di un comune di dimensioni medio-grandi e capoluogo di
provincia, quale quello di Alessandria - qualsiasi violazione di norme,
sanzionata penalmente o in via amministrativa, verificatasi nell'ambito dell'
attività dell'ente territoriale (o, nel caso degli assessori, nell'ambito del
settore di attività di loro competenza), allorché sussista una apposita
articolazione burocratica preposta allo svolgimento dell'attività medesima, con
relativo dirigente dotato di autonomia decisionale e di spesa.
Una responsabilità dell'organo politico di vertice è di
contro configurabile, in simile situazione, solo in presenza di specifiche
condizioni, correlate alle attribuzioni proprie di tale organo: e, cioè, quando
si sia al cospetto di violazioni derivanti da carenze di ordine strutturale,
riconducibili all'esercizio dei poteri di indirizzo e di programmazione; ovvero
quando l'organo politico sia stato specificamente sollecitato ad intervenire (in
primis, dallo stesso funzionario preposto, il quale abbia segnalato
difficoltà od ostacoli di natura economico-finanziaria che solo gli organi
politici potrebbero affrontare e risolvere); ovvero ancora quando sia stato a
conoscenza della situazione antigiuridica derivante dalle inadempienze dell'apparato
competente, e abbia ciò nondimeno omesso di attivarsi, con i suoi autonomi
poteri, per porvi rimedio (cfr., con vari accenti, nell'ambito della
giurisprudenza penale, Cass. pen., 17 settembre 2004, n. 36760; Cass. pen., 21
giugno 2002, n. 23855; Cass. pen.; 23 febbraio 1999, n. 2297; Cass. pen., 18
dicembre 1997, n. 11819; e, proprio con riferimento a fattispecie concreta
concernente la carente manutenzione di un edificio scolastico, Cass. pen., 1°
agosto 2000, n. 8615).