TERMINE PER L'ESAME DELLE DOMANDE DI INSTALLAZIONE DI IMPIANTI DI PUBBLICITÀ
ICI nuove tariffe d'estimo: nessun recupero sul pregresso?
SENTENZA N
SENTENZA
N. 355
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
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Cesare RUPERTO Presidente
-
Massimo VARI Giudice
-
Riccardo CHIEPPA “
-
Valerio ONIDA “
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Carlo MEZZANOTTE “
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Fernanda CONTRI “
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Guido NEPPI
MODONA “
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Piero Alberto CAPOTOSTI “
-
Annibale MARINI “
-
Franco BILE “
-
Giovanni Maria FLICK “
-
Francesco AMIRANTE “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’articolo 36, comma 8, del decreto legislativo 15 novembre
1993, n. 507 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla
pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per
l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei Comuni e delle Province nonché
della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’articolo
4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza
territoriale), promosso con ordinanza emessa l’8 marzo 2001 dal Tribunale
amministrativo regionale per la Liguria, iscritta al n. 964 del registro
ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visti
l’atto di costituzione della parte privata del giudizio principale nonché
l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nell’udienza pubblica del 23 aprile 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi
l’avvocato Federico Sorrentino per la parte privata del giudizio principale e
l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Il Tribunale amministrativo
regionale per la Liguria, dovendo decidere su due ricorsi diretti ad ottenere,
l’uno, l’annullamento del provvedimento del Comune di Genova con il quale era
stata respinta la richiesta di autorizzazione alla installazione di un impianto
pubblicitario su un sottoponte ferroviario sito in quel Comune, presentata nel
1995, e, l’altro, l’annullamento della ordinanza dirigenziale con la quale era
stata disposta la rimozione del predetto impianto, ha sollevato, in riferimento
all’articolo 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 36, comma 8, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507
(Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del
diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed
aree pubbliche dei Comuni e delle Province nonché della tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23
ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale).
La disposizione censurata
stabilisce che “il Comune non dà corso alle istanze per l’installazione di
impianti pubblicitari, ove i relativi provvedimenti non siano già stati
adottati alla data di entrata in vigore del presente decreto, né può
autorizzare l’installazione di nuovi impianti fino all’approvazione del
regolamento comunale e del piano generale previsti dall’art. 3”.
Ad avviso del remittente, alla luce
della normativa vigente, il diniego opposto dal Comune di Genova alla richiesta
di autorizzazione alla installazione dell’impianto pubblicitario sul sottopasso
ferroviario, motivato con il rilievo che “non sono assentibili impianti come
quello richiesto fino all’approvazione del piano generale degli impianti
previsto dall’art. 3 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507”, sarebbe giustificato,
dal momento che tale piano è stato adottato dal Comune di Genova con
deliberazione in data 30 luglio 1998, successivamente, quindi, alla data di
presentazione della richiesta di autorizzazione. Del resto, prosegue il
remittente, trattandosi di impianto ubicato in ambito ferroviario e comunque
visibile dalla pubblica via, non potrebbe dubitarsi della necessità
dell’autorizzazione comunale, la quale è condizionata al rispetto di tutte le
condizioni relative al tipo di pubblicità considerato, ivi comprese quelle
poste dall’art. 36, comma 8.
Della legittimità costituzionale di
tale disposizione, peraltro, dubita il giudice a quo, giacché la stessa, non prevedendo, a differenza di quanto
dispone il comma 2 dell’art. 36 del medesimo decreto legislativo per l’adozione
del regolamento comunale, il termine entro il quale il Comune deve provvedere
alla adozione del piano generale degli impianti pubblicitari, avrebbe l’effetto
di comprimere in maniera indeterminata nel tempo e non correlata ad alcun
pubblico interesse (la cui tutela militerebbe, anzi, per una sollecita entrata
in vigore del piano), la libera iniziativa economica.
2. ¾ Si è costituta nel presente
giudizio la parte privata del giudizio principale e ha chiesto l’accoglimento
della questione.
La difesa della parte privata
sostiene che la disposizione censurata, in quanto prevede che una attività
economica, subordinata ad autorizzazione, possa essere interdetta, non perché
esercitata in violazione di altri interessi costituzionali meritevoli di
tutela, ma soltanto perché l’amministrazione non abbia approvato il piano degli
impianti, contrasterebbe con l’art. 41 della Costituzione. Infatti, al cospetto
di altri interessi, anche pubblici, che non ricevono pari tutela in
Costituzione, non dovrebbe essere l’interesse del privato allo svolgimento
dell’attività economica ad assumere valenza recessiva. A questo proposito, la
difesa privata ricorda che, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
l’iniziativa economica privata può essere sì limitata, ma solo in ragione di
interessi di ordine superiore, economici o sociali, che assumono rilievo a
livello costituzionale, restando in ogni caso decisivo il necessario e
ragionevole bilanciamento che il legislatore operi tra questa e gli interessi
nel caso concreto confliggenti (sentenza n. 393 del 2000).
Nella fattispecie in esame, ci si
troverebbe invece di fronte ad una situazione di vero e proprio blocco
dell’attività economica: non si tratterebbe, quindi, di una mera compressione
dell’attività, ma della totale esclusione della possibilità di esercizio della
attività stessa per un periodo non predeterminato. In ciò, dovrebbe ravvisarsi
una lesione del generale principio di proporzionalità, il quale non
consentirebbe in alcun caso che la compressione di una situazione soggettiva si
spinga oltre quanto strettamente necessario per tutelare gli interessi
considerati, sino a imporre una restrizione all’attività economica che risulti
assoluta e protratta per un tempo illimitato, o il cui termine non sia
configurato come perentorio e di durata ragionevole, ma sia lasciato
all’arbitrio dell’amministrazione.
Pur non negando che l’attività di
installazione di impianti pubblicitari possa essere sottoposta al controllo da
parte dell’ente locale al fine del rispetto dei valori urbanistici (estetici,
ambientali e di decoro dell’assetto urbano) cui esso è preposto, né che
l’esercizio di tale potere possa, a sua volta, essere oggetto di una
pianificazione comunale, in modo da offrire all’ente locale parametri obiettivi
per i suoi interventi e al privato criteri di orientamento per la propria
attività, la parte privata conclude affermando che l’omessa approvazione
dell’atto di pianificazione non potrebbe mai precludere un’attività economica
di per sé non rientrante nei divieti di cui all’art. 41, secondo comma, Cost.,
ma oggetto di disciplina ai sensi del terzo comma del medesimo articolo.
3. ¾ E’ intervenuto nel presente
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto, in primo luogo, che la
questione s......