TERMINI PER IMPUGNAZIONE DIA
DEMOLIZIONE EDIFICIO ABUSIVO
Consiglio di Stato - Sezione VI - Decisione 13 febbraio-5 aprile 2007 n
Consiglio di Stato - Sezione VI - Decisione 13
febbraio-5 aprile 2007 n. 1550 Presidente Ruoppolo - Relatore
Chieppa
Fatto e diritto
1. La società Mechanica Immobiliare s.r.l., attuale
controinteressata, in data 3/2/2004 presentava al Comune di Collecchio denuncia
di inizio attività (d.i.a.) per l'installazione, in area di proprietà della
stessa ubicata in strada Roma in località Madregolo, di un impianto tecnologico
per la produzione di traversine ferroviarie.
Essendo l'immobile interessato dall'intervento posto in zona di pre-parco del
fiume Taro, vincolata ai sensi del D.Lgs. n. 490 del 1999 il Comune chiedeva il
necessario parere ai fini del rilascio dell'autorizzazione ambientale alla
Commissione per la Qualità Architettonica e per il Paesaggio.
In data 3/5/2004 il Comune rilasciava l'autorizzazione ambientale e in data
11/5/2004 inviava la stessa alla competente Soprintendenza per i Beni
Ambientali ed Architettonici dell'Emilia Romagna.
La Soprintendenza, con atto prot. n. 14433 del 30/7/2004 annullava
l'autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Collecchio e avverso
tale provvedimento presentavano ricorso dinanzi allo stesso T.A.R. Parma sia
Mechanica Immobiliare s.r.l. sia Impresa Traverse S. Giorgio s.r.l.
Con ordinanza, pubblicata il 5/11/2004, questa Sezione sospendeva il
provvedimento di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica.
Successivamente la DE.BER. Costruzioni s.r.l. notificava in data 28/12/2004
ricorso per l'annullamento del titolo abilitativo formatosi a seguito della presentazione
della d.i.a.
Con l'impugnata sentenza il Tar ha accolto il ricorso, ritenendo:
a) l'ammissibilità del ricorso proposto direttamente avverso la d.i.a.;
b) la tempestività del ricorso;
c) la fondatezza dello stesso, non potendo l'intervento essere assentito
tramite d.i.a.
Con separati ricorsi in appello l'Impresa Traverse S. Giorgio s.r.l. (titolare
dell'azienda per la produzione di traversine ferroviarie) e la Mechanica
Immobiliare s.r.l. (proprietaria dell'area) hanno impugnato la menzionata sentenza,
contestando le tre statuizioni del Tar.
La DE.BER. Costruzioni s.r.l. si è costituita in giudizio, chiedendo la
reiezione dei ricorsi.
Con ordinanze n. 4448 e 4452 del 2006 questa Sezione ha sospeso l'efficacia
dell'impugnata sentenza.
All'odierna udienza le cause sono state trattenute in decisione.
2. Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei due
ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza.
3. Con il primo motivo le appellanti hanno sostenuto
l'inammissibilità del ricorso di primo grado, in quanto proposto avverso un
atto di natura privata quale la denuncia di inizio attività.
Il motivo è infondato.
La tutela dei terzi, che si oppongono ad intervento edilizio assentito a
seguito di d.i.a., ha sempre presentato profili teorici problematici.
Secondo un orientamento, la d.i.a. costituisce un atto soggettivamente ed
oggettivamente privato che, in presenza di determinate condizioni e all'esito
di una fattispecie a formazione complessa, attribuisce al privato una
legittimazione ex lege allo svolgimento di una determinata attività, che
sarebbe così liberalizzata.
Colui che si oppone all'intervento autorizzato tramite d.i.a., una volta
decorso il termine senza l'esercizio del potere inibitorio, e nella persistenza
del generale potere repressivo degli abusi edilizi, sarebbe legittimato a
chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti,
facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio-rifiuto, che
pertanto non potrebbe avere come riferimento il potere inibitorio
dell'Amministrazione - essendo decorso il relativo termine, con la conseguenza
che il giudice non potrebbe costringere l'Amministrazione a esercitare un
potere da cui è decaduta - bensì il generale potere sanzionatorio (Cons. Stato,
IV, 22 luglio 2005, n. 3916).
Secondo altre tesi, la d.i.a. si tradurrebbe direttamente nell'autorizzazione
implicita all'effettuazione dell'attività in virtù di una valutazione legale
tipica, con la conseguenza che i terzi potrebbero agire innanzi al giudice per
chiedere l'adempimento delle prestazioni che la p.a. avrebbe omesso di svolgere
(T.A.R. Lombardia, Brescia, 1° giugno 2001, n. 397), o l'annullamento della
determinazione formatasi in forma tacita (in tal senso: implicitamente, Cons.
Stato, VI, 10 giugno 2003 n. 3265 ed, espressamente, V, 20 gennaio 2003 n. 172;
T.A.R. Veneto, sez. II, 20 giugno 2003, n. 3405) o comunque per contestare la
realizzabilità dell'intervento (Cons. Stato, VI, 16 marzo 2005 n. 1093).
Secondo ulteriore orientamento il terzo sarebbe legittimato (entro il termine
di decadenza) all'instaurazione di un giudizio di cognizione, tendente ad
ottenere l'accertamento della insussistenza dei requisiti e dei presupposti
previsti dalla legge per la legittima intrapresa dei lavori a seguito di
d.i.a.(TAR Liguria; I, 22 gennaio 2003 n. 113 e TAR Abruzzo, Sez. Pescara, 23
gennaio 2003 n. 197).
Il Collegio ritiene che il ricorso proposto direttamente avverso il titolo
abilitativo formatosi a seguito di d.i.a. sia ammissibile.
La d.i.a. non è uno strumento di liberalizzazione dell'attività, come da molti
sostenuto, ma rappresenta una semplificazione procedimentale, che consente al
privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del decorso di un termine
(30 giorni) dalla presentazione della denuncia; la liberalizzazione di
determinate attività economiche è cosa diversa e presuppone che non sia
necessaria la formazione di un titolo abilitativo.
Nel caso della d.i.a., con il decorso del termine si forma una autorizzazione
implicita di natura provvedimentale, che può essere contestata dal terzo entro
l'ordinario termine di decadenza di sessanta giorni, decorrenti dalla
comunicazione al terzo del perfezionamento della d.i.a. o dall'avvenuta
conoscenza del consenso (implicito) all'intervento oggetto di d.i.a.
Il ricorso avverso il titolo abilitativo formatosi a seguito di d.i.a. ha,
quindi, ad oggetto non il mancato esercizio dei poteri sanzionatori o di
autotutela dell'amministrazione, ma direttamente l'assentibilità, o meno,
dell'intervento.
Un sostegno in favore della diretta impugnazione della d.i.a. è stato fornito
dal legislatore, che ha modificato l'art. 19 della legge n. 241/90 (con l'art.
3 del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005 n. 80),
prevedendo in relazione alla d.i.a. il potere dell'amministrazione competente
di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21
quinquies e 21 nonies. Se è ammesso l'annullamento di ufficio, parimenti, e
tanto più, deve essere consentita l'azione di annullamento davanti al giudice
amministrativo.
Tale disposizione, pur non essendo temporalmente applicabile alla fattispecie
in esame, può essere letta come riconoscimento da parte del legislatore della
natura provvedimentale del titolo abilitativo che si forma in seguito ad una
d.i.a.
Nello stesso senso sembrerebbe essersi orientato il legislatore già in
precedenza: nel T.U. edilizia l'applicabilità degli artt. 38 (interventi
eseguiti in base a permesso annullato) e 39 (annullamento del permesso di
costruire da parte della Regione) è stata estesa anche agli interventi di cui
all'art. 22, comma 3, assoggettati a d.i.a.
Resta fermo che la tutela del terzo controinteressato rispetto ad una d.i.a.
non può essere certo costretta negli angusti limiti dell'eventuale esercizio
del potere di autotutela da parte della p.a.
Come per qualsiasi atto amministrativo illegittimo, mentre il potere di
autotutela dell'amministrazione è subordinato a determinati limiti, oggi
codificati dall'art. 21 nonies della legge n. 241/90, alcun limite incontra
l'intervento del giudice, diretto solamente ad accertare l'illegittimità
dell'atto, e in questo caso del titolo abilitativo formatosi in seguito a
d.i.a.
In caso di ricorso avverso la d.i.a. la decisione del giudice non può che
travolgere l'assenso (implicito) comunale e gli effetti dell'attività
illegittima, che costituiscono il contenuto reale della lite.
Del resto, l'esercizio del potere (anche in via implicita) con effetti
favorevoli per il diretto interessato non può mai compromettere diritti e
interessi dei terzi e la previsione della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo (art. 19 comma 5, legge n. 241/90) conferma la piena
sindacabilità della d.i.a. e dei suoi effetti da parte del giudice.
Peraltro, queste considerazioni, valide per tutti gli interventi assoggettati a
d.i.a., sono ancor di più riferibili alla d.i.a. edilizia, oggetto della
presente controversia.
Il T.U. edilizia (d.P.R. n. 380/2001) prevede quali titoli abilitativi in
materia edilizia il permesso di costruire e la d.i.a. e stabilisce anche che il
confine tra i due titoli non sia fisso: le Regioni possono ampliare o ridurre
l'ambito applicativo dei due titoli abilitativi, ferme restando le sanzioni
penali (art. 22, comma 4) ed è comunque fatta salva la facoltà dell'interessato
di chiedere il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione degli
interventi assoggettati a d.i.a. (art. 22, comma 7).
Ciò significa che si tratta di titoli abilitativi di analoga natura, che si
diversificano per il procedimento da seguire e comporta anche che sarebbe
irragionevole, oltre che lesivo dell'effettività della tutela giurisdizionale,
ritenere che il terzo controinteressato incontri limiti diversi a seconda del
tipo di titolo abilitativo, che può dipendere da una scelta della parte o da
una diversa normativa regionale.
È, invece, preferibile ritenere che il formarsi di un determinato titolo
abilitativo, o di un altro, non comporti alcun cambiamento sotto il profilo
della tutela del terzo e del conseguente intervento del giudice, in alcun modo
limitato dalla decadenza del potere di intervento dell'amministrazione.
In definitiva, in caso di intervento assentito a seguito di d.i.a., è
ammissibile il ricorso proposto direttamente avverso il titolo abilitativo
formatosi per il decorso del termine di trenta giorni, entro cui
l'amministrazione può impedire gli effetti della d.i.a.
4. Chiarita l'ammissibilità del ricorso proposto in primo
grado, deve essere verificata la tempestività dello stesso, tenuto conto delle
censure mosse con il secondo motivo di appello.
Si è già detto che il termine per impugnare la d.i.a. decorre dalla
comunicazione al terzo del perfezionamento della d.i.a. o dall'avvenuta
conoscenza del consenso (implicito) all'intervento oggetto di d.i.a.
In caso di d.i.a. edilizia, infatti, il titolo abilitativo si forma decorsi
trenta giorni dalla presentazione della d.i.a. per effetto del mancato
esercizio dei poteri dell'amministrazione (art. 23 commi 1 e 6, d.P.R. n.
380/01 e artt. 10 e 11 della L.R. Emilia Romagna n. 31/2002).
Nel caso di specie, tuttavia, si trattava di intervento ricadente in zona
paesaggisticamente vincolata e il termine di trenta giorni decorre dal rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica ed ove tale atto non sia favorevole, la
denuncia è priva di effetti (art. 22 comma 3, d.P.R. n. 380/2001).
Il Tar ha fatto applicazione dell'art. 10, comma 4, della L.R. n. 31/2002,
secondo cui il termine di trenta giorni decorre dal rilascio
dell'autorizzazione ovvero dall'eventuale decorso del termine per l'esercizio
del poteri di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica.
La disposizione non è chiara e deve essere letta, in conformità con la
richiamata norma del T.U. edilizia, nel senso che per il decorso del termine
deve essere stata rilasciata l'autorizzazione paesaggistica e che l'eventuale
annullamento di questa rende priva di effetti la d.i.a.
Ciò premesso, nel caso di specie, il termine per contestare la d.i.a. ha
iniziato a decorrere alla scadenza del termine di 30 giorni decorrenti dal
rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (3/5/04) e l'annullamento di tale
autorizzazione da parte della Soprintendenza ha sospeso tale termine ma solo
fino alla ordinanza cautelare di questa Sezione che in data 5/11/04 ha sospeso
l'atto della Soprintendenza.
Essendo pacifica la conoscenza della d.i.a. da parte della ricorrente di primo
grado, che ha anche impugnato l'autorizzazione paesaggistica, il ricorso
avverso la d.i.a., notificato in data 28/12/2004 è tardivo.
5. In considerazione dei contrasti di giurisprudenza circa le
modalità di impugnare la d.i.a. può anche essere concesso alla ricorrente di
primo grado l'errore scusabile, ma ciò non muta l'esito del giudizio in quanto
il ricorso è infondato nel merito.
Il Tar ha ritenuto che l'intervento in questione non potesse essere
assoggettato a d.i.a., ma necessitasse del previo rilascio del permesso di
costruire.
L'intervento in questione - consistente nella realizzazione di due silos e di
apparecchiature finalizzate alla produzione di traversine ferroviarie - era,
infatti, assoggettato a d.i.a. trattandosi di impianti tecnologici destinati al
servizio di edifici ed attrezzature esistenti e che come tali rientrano
nell'ipotesi di cui all'art. 8, comma 1, lett. i), della L.R. n. 31/2002.
Tale norma non limita l'applicabilità della d.i.a. alle dimensioni degli
impianti da asservire a quelli esistenti e il fatto che si ricada in zona
vincolata non muta il titolo abilitativo necessario, ma comporta la necessità
della previa acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica.
Si trattava, quindi, di un intervento assentibile mediante d.i.a.
6. In conclusione, l'appello deve essere accolto e, in riforma
della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo
grado.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di
giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, previa
riunione dei ricorsi indicati in epigrafe li accoglie e per l'effetto, in
riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.
......