TERMINI PER L'ESERCIZIO DEL RISCATTO DI UNA CONCESSIONE
Clausole escludenti: immediatamente impugnabili
N
N. 05403/2011REG.PROV.COLL.
N. 05847/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso
numero di registro generale 5847 del 2010, proposto da:
Enel Sole S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Mole', con
domicilio eletto presso Marcello Mole' in Roma, via Nicolo' Porpora, 16;
contro
Comune di
Orzinuovi, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Ramadori, Mauro
Ballerini, con domicilio eletto presso Giuseppe Ramadori in Roma, via Marcello
Prestinari, 13;
per la
riforma
della
sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE II n.
02162/2010, resa tra le parti, concernente DICHIARAZIONE DI PROPRIETÀ DEGLI IMPIANTI
DI ILLUMINAZIONE PUBBLICA
Visti il
ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto
di costituzione in giudizio di Comune di Orzinuovi;
Viste le
memorie difensive;
Visti tutti
gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 27 settembre 2011 il Cons. Francesco
Caringella e uditi per le parti gli avvocati Molè e Buccellato, per delega
dell'avv. Ramadori;
Ritenuta la
sussistenza dei presupposti di legge per la definizione del giudizio con
sentenza succintamente motivata in relazione alle precedenti decisioni rese
dalla Sezione con riguardo a fattispecie analoghe (cfr., ex multis, decisione
14 giugno 2011, n. 3607);
Rilevato che
l’oggetto del giudizio è costituito dalla contestazione da parte di Enel Sole
s.r.l., titolare del servizio di gestione degli impianti di illuminazione
pubblica situati nel comune appellato, degli atti con cui lo stesso comune ha
deciso di esercitare il riscatto degli impianti ai sensi del R.D. n. 2578/1925
e del D.P.R. n. 902/1986.
Rilevato che
il giudice di primo grado ha ritenuto tardive le censure relative al mancato
rispetto del termine previsto dal terzo comma dell'art. 24 del DPR 2578/1925,
secondo cui: "Il riscatto deve essere sempre preceduto dal preavviso di un
anno" e ha poi giudicato infondati i restanti motivi attinenti allo stato
di consistenza e all’indennità, al subentro dei contratti e alla mancata
contestuale indizione di una gara per l’affidamento del servizio;
Ritenuto che
il motivo è privo di fondamento, anche se per ragioni diverse da quelle fatte
proprie dal Tar, in quanto l’art. 24 del r.d. 15 ottobre 1925 n. 2578, secondo
cui il potere di riscatto deve essere esercitato con il preavviso di un anno,
trova applicazione per le concessioni di servizi già affidati ai privati che
vengono a risolversi prima della naturale scadenza contrattuale (Consiglio
Stato, sez. V, 10 maggio 1994, n. 451) mentre nel caso di specie l’originaria
concessione trentennale era scaduta al momento dell’esercizio del riscatto e
non poteva considerarsi tacitamente prorogata in base ad una apposita clausola
della convenzione, in quanto prima della scadenza era entrato in vigore l'art.
6 della legge 24 dicembre 1993 n. 537, che ha introdotto il divieto di rinnovo
tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e
servizi, con la previsione – inserita in sede di successive modifiche – della
nullità dei contratti stipulati in violazione del predetto divieto;
Reputato che
l’assenza di una valida proroga della convenzione e il proseguimento del rapporto
in via di mero fatto impediscono l’applicabilità del citato art. 24 nella parte
in cui garantisce le concessioni in corso con la previsione di un termine
annuale che deve precedere l’esercizio del diritto di riscatto;
Ritenuto che
sono altresì infondati gli ulteriori motivi di appello in quanto:
a) alla
stregua della disciplina regolatrice della materia, l’esercizio del diritto di
riscatto non è in alcun modo subordinato al previo raggiungimento di un accordo
tra le parti sullo stato di consistenza o sulla quantificazione
dell'indennizzo, in quanto la mancata definizione consensuale della questione
patrimoniale, senza paralizzare l’esercizio del potere pubblicistico di
disporre il riscatto, implica la rimessione della controversia economica ad un apposito
collegio arbitrale;
b) prive di
fondamento sono anche le censure con cui l’appellante deduce il vizio dello
sviamento di potere, che risulterebbe integrato dall'aver il comune ingiunto la
riconsegna degli impianti senza aver contestualmente bandito una nuova gara per
l'affidamento del servizio, in quanto il riscatto e l’effettiva consegna degli
impianti non possono che precedere, sul piano tecnico, l’indizione della gara
ed il successivo affidamento del servizio;
c) ogni
ulteriore considerazione, svolta dall’appellante nelle ultime memorie, attiene
all’attività posta in essere dal comune dopo l’adozione dei provvedimenti
impugnati e non può costituire parametro per valutare la legittimità degli
stessi, potendo al più essere oggetto di contestazione in separati giudizi, ove
l’appellante ritenga leso il proprio interesse a concorrere per l’affidamento
del servizio;
d) le
precedenti considerazioni conducono a ritenere priva di fondamento anche la
censura relativa alla presunta illegittimità del subentro nei contratti da
parte del comune, disposto ai sensi dell’art. 24, comma 9, del r.d. n.
2578/1925, atteso che esigenze di continuità del servizio impongono al Comune
di entrare in possesso degli impianti, subentrando – ai sensi del citato art.
24, comma 9 – nei contratti in essere fino all'indizione e positiva conclusione
di una nuova gara per l'affidamento del servizio;
e) è,
infine, inammissibile - in quanto motivo nuovo proposto in appello e non
presente negli atti notificati nel corso del giudizio di primo grado - la
censura attinente alla contestazione del potere di ordinanza del comune, anche
inteso quale forma di esercizio dell’autotutela relativamente a beni facenti
parte del patrimonio indisponibile;
Reputato, in
definitiva, che il ricorso in appello deve essere respinto, benché sulla base
di motivazioni parzialmente diverse da quelle contenute nell’impugnata
sentenza, e che le spese debbono seguire la regola della soccombenza per essere
liquidate nella misura in dispositivo specificata;
P.Q.M.
Il Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna
l’appellante alla rifusione, in favore del Comune appellato, delle spese di
giudizio, liquidate nella complessiva somma di Euro 5.000,00, oltre Iva e
C.P..l 'appello e, per l'effetto, .
Ordina che
la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso
in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 s......