UTILIZZO PARZIALE DEL PERMESSO DI COSTRUIRE
Ricapitalizzazioni e ripianamento perdite
N
N. 00728/2010 REG.SEN.
N. 01087/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione
Seconda)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro
generale 1087 del 2003, proposto da:
Segrate Uno s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Daniela Viva, presso il
cui studio, in Milano, via Borgogna, n. 9 è elettivamente domiciliata;
contro
Comune di Segrate, rappresentato e
difeso dall'avv. Giovanni Brambilla Pisoni, presso il cui studio, in Milano,
via Visconti di Modrone, n. 6, è elettivamente domiciliato;
per l'accertamento
del diritto alla restituzione del
contributo di concessione per mancata realizzazione delle opere assentite
nonché per la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti.
Visto il ricorso con i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
del Comune di Segrate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 11 febbraio 2010 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti i
difensori Micaela Chiesa (in sostituzione di Viva) e Antonio Ditto (in
sostituzione di Brambilla Pisoni);
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Segrate Uno s.r.l. chiede
che venga accertato il suo diritto alla restituzione del contributo versato a
seguito del rilascio della concessione edilizia n. 25 del 5.4.1990, mai attuata
per la parte relativa alla realizzazione di un fabbricato ad uso uffici.
2. La ricorrente chiede, altresì,
il risarcimento dei danni subiti.
3. L’amministrazione comunale
intimata si è costituita, contestando la fondatezza di tali pretese.
4. All’udienza dell’11 febbraio
2010 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.
5. L’amministrazione comunale ha
ritenuto che il diritto alla restituzione del contributo sorga solo in caso di
totale mancata realizzazione delle opere oggetto del permesso di costruire e,
non, invece, in caso di realizzazione parziale di esse; ha, inoltre, affermato
l’intervenuta prescrizione del diritto, individuando il dies a quo nel giorno
di rilascio del titolo edilizio.
7. Il Collegio ritiene illegittimo
l’operato dell’amministrazione.
8. La giurisprudenza è concorde
nel ritenere che, allorché il privato rinunci al permesso di costruire o anche
quando sia intervenuta la decadenza del titolo edilizio - per scadenza dei
termini iniziali o finali o per il sopravvenire di previsioni urbanistiche
introdotte o dallo strumento urbanistico o da norme legislative o
regolamentari, contrastanti con le opere autorizzate e non ancora realizzate -
sorga in capo alla p.a. l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a
titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione e
conseguentemente il diritto del privato a pretenderne la restituzione (cfr.
T.A.R. Abruzzo, Pescara, 15 dicembre 2006, n. 890; Cons. Stato, sez. V, 22
febbraio 1988, n. 105). Il contributo concessorio è, difatti, strettamente
connesso all’attività di trasformazione del territorio, quindi, ove tale
circostanza non si verifichi, il relativo pagamento risulta privo di causa
cosicché l’importo versato va restituito (Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 1995,
n. 894; Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 12 marzo 2008, n. 2294).
9. Il Collegio è dell’avviso che
il diritto alla restituzione sorga non solamente nel caso in cui la mancata
realizzazione delle opere sia totale ma anche ove il permesso di costruire sia
stato utilizzato solo parzialmente, come è accaduto nel caso di specie in cui è
stato edificato solamente un capannone industriale e non anche un edificio uso
ufficio, come, invece, previsto nel titolo edilizio.
Sia la quota per oneri di
urbanizzazione - che compensa l’aggravio del carico urbanistico della zona
indotto dalla nuova costruzione - che la quota per costo di costruzione - che
si giustifica per l'aumentata capacità contributiva del titolare ed è pertanto
commisurata al valore economico del costo di costruzione, determinato sulla
base di parametri generali – sono, difatti, correlati, sia pur sotto profili
differenti, all’oggetto della costruzione: la realizzazione solamente di uno
dei due edifici oggetto del permesso di costruire non può che comportare una
riduzione dell’aggravio del carico urbanistico della zona e manifestare una
minore capacità contributiva rispetto all’ipotesi in cui entrambe le opere
assentite fossero edificate.
L’avvalimento solo parziale delle
facoltà edificatorie consentite da un permesso di costruire comporta, pertanto,
il sorgere in capo al titolare, del diritto alla rideterminazione del
contributo ed alla restituzione della quota di esso che è stata calcolata con
riferimento alla porzione non realizzata.
10. Ai sensi dell’art. 2935 c.c.,
il termine di prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto
può essere fatto valere, e, dunque, dalla data in cui il titolare comunica alla
amministrazione la propria intenzione di rinunciare al titolo abilitativo o
dalla data di adozione da parte della p.a. del provvedimento che dichiara la
decadenza del permesso di costruire per scadenza dei termini iniziali o finali
o per l’entrata in vigore delle previsioni urbanistiche contrastanti.
Il Collegio non condivide quindi
la posizione assunta dalla amministrazione, non potendo la prescrizione
iniziare a decorrere da un momento, quello del rilascio del titolo edilizio, in
cui il diritto alla restituzione del contributo non è ancora sorto non
essendosi ancora verificati i fatti impeditivi della edificazione sopra
richiamati.
Il principio affermato nella
sentenza del Consiglio di Stato, 13.6.2003, n. 3332, richiamata dalla difesa
dell’amministrazione comunale non trova quindi applicazione nel caso di specie:
tale pronuncia, nell’individuare nel rilascio della concessione edilizia il
momento da cui inizia a decorrere la prescrizione, fa, difatti, riferimento ad
un diritto differente rispetto a quello oggetto della presente controversia, cioè
quello del Comune al pagamento del contributo.
11. Sulle somme indebitamente
riscosse dalla p.a., la ricorrente ha diritto agli interessi legali, che, non
essendovi elementi per escludere la buona fede dell’amministrazione, spettano
dalla data della domanda.
12. Non spetta, invece, il
risarcimento del maggior danno.
L'eventuale maggior danno,
rispetto agli interessi legali, richiesto a colui che abbia ricevuto in buona
fede un pagamento indebito, ai sensi dell'art. 2033 c.c., riguarda il periodo
successivo alla presentazione della domanda; irrilevante, di conseguenza, è
l'allegazione e dimostrazione di aver dovuto far ricorso ad oneroso credito
bancario in periodo precedente la presentazione della domanda di restituzione
(Cassazione civile, sez. lav., 13 aprile 2007 , n. 8921).
La documentazione allegata dalla
ricorrente non può, quindi, ritenersi sufficiente ad assolvere l’onere della
prova in quanto dimostra una situazione di difficoltà economica della società
ed il ricorso al credito bancario in un momento antecedente al 16 ottobre 2001,
data in cui la società ricorrente ha domandato al Comune la restituzione dei
quanto indebitamente corrisposto.
13. Per le ragioni esposte la
domanda di accertamento è, dunque, fondata va, pertanto, accolta; la domanda di
risarcimento del danno è invece infondata.
14. A fronte della novità delle
questioni giuridiche affrontate, il Collegio ritiene equo compensare tra le
parti le spese di giudizio.