VOTO CITTADINI STRANIERI ALLE ELEZIONI CIRCOSCRIZIONALI
MANCATA ESECUZIONE DI UNA DELIBERAZIONE CONSILIARE
CONSIGLIO DI STATO, SEZ
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II – parere 28 luglio 2004 n.
8007 - Pres.
Santoro, Est. Borea - Oggetto: Regione Emilia-Romagna; quesito
sull’ammissibilità all’elettorato attivo e passivo, nelle circoscrizioni
comunali, degli stranieri extracomunitari residenti (articoli 8 e 17 Tu D.Lgs
267/00, Tu delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, ed articolo 50
Statuto Comune di Forlì).
PREMESSO
Il Presidente della Regione Emilia-Romagna riferisce che
l’articolo 50 dello Statuto del Comune di Forlì, approvato con delibera del
C.C. in data 9 aprile 2001, prevede l’estensione dell’elettorato delle
circoscrizioni di cui all’articolo 8 del D.Lgs 267/00 (T.U. sull’ordinamento
degli Enti locali) agli stranieri residenti, ma che la relativa disposizione è
stata da ultimo transitoriamente sospesa nei suoi effetti con delibera
consiliare del 12 gennaio 2004, a seguito di avviso contrario del ministero
dell’Interno su quesito posto sul punto da altro Comune. Nelle more,
interpellato dall’Ufficio territoriale del Governo di Forlì-Cesena, il suddetto
Ministero, con nota 16 gennaio 2004, ha ribadito il proprio orientamento
negativo con riguardo specifico alla citata disposizione contenuta nello
Statuto del Comune di Forlì.
Sull’argomento il Ministero dell’Interno, Dipartimento per
gli Affari interni e territoriali – Direzione centrale dei servizi elettorali,
ha poi emanato la circolare Miaitse n. 4/2004 prot. 200400250 fasc. 15600/779
del 22 gennaio 2004, avente ad oggetto "Elettorato attivo e passivo ai
cittadini extracomunitari", in cui è stato ribadito l’orientamento
negativo circa la possibilità, in generale, di riconoscere a tali soggetti il
diritto di voto per l’elezione del Sindaco e del Consiglio del Comune e della
Circoscrizione nonché di essere eleggibili a consiglieri o nominati componenti
della Giunta.
Nel fare proprie le argomentazioni svolte in proposito dal
suddetto Comune, la Regione richiedente, dopo aver sottolineato la rilevanza
giuridica e l’importanza politico-istituzionale del problema, esprime l’avviso
che sia da condividere l’interpretazione "aperta" fornita dal Comune,
fondata essenzialmente sulle disposizioni contenute negli articoli 8 e 17 del
citato Tu, laddove, in generale (articolo 8), si valorizzano e s’incoraggiano,
anche su base di quartiere o di frazione, le forme di partecipazione popolare
all’amministrazione locale, ed, in particolare (articolo 17) si puntualizza, in
armonia con la ratio partecipativa di cui sopra, che gli organi delle
circoscrizioni di decentramento comunale «rappresentano le esigenze delle
popolazioni delle circoscrizioni nell’ambito dell’unità del Comune e sono
eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento».
Obietta il Ministero che le disposizioni richiamate
consentono, al più, la formazione di appositi organi di supporto degli organi
di governo locale rappresentativi degli interessi degli stranieri residenti,
quali "consulte degli stranieri", con compiti consultivi e
propositivi, ma sempre privi di diritto di voto, ovvero anche la partecipazione
ai referendum consultivi locali di cui all’articolo 8 Tu, comma 3, ma non
possono essere intese nel senso di dare libero accesso all’elettorato a favore
degli stranieri, a ciò ostando le norme costituzionali che il relativo diritto
riservano ai cittadini (articoli 48 e 51), ai quali soltanto spetta l’esercizio
di funzioni politiche e di funzioni pubbliche.
Da parte sua il Comune di Forlì, come risulta da un parere
in merito reso dal Segretario generale e condiviso dalla Giunta, richiamato il
fatto che gli organi circoscrizionali rappresentano la popolazione tutta e sono
eletti nelle forme stabilite dallo statuto, ritiene che il corpo elettorale in
questo caso coincida con la popolazione del Comune, stranieri residenti
compresi, e che la norma rimetta alla volontà statuaria l’individuazione dei
soggetti titolari dell’elettorato attivo e passivo. Né a tale ricostruzione, si
prosegue, ostano principi costituzionali, dato che il nuovo articolo 117,
comma 2, lettera p), prevede la legislazione esclusiva
dello Stato in materia di organi di governo degli enti locali, e tali non
sarebbero i consigli circoscrizionali, per i quali il Tu rinvia agli statuti
comunali, la cui natura di fonte primaria equiordinata alle leggi ordinarie e
soggetta soltanto ai principi della Costituzione, tra i quali quello della
cosiddetta autonomia normativa degli Enti locali, è sancita dal nuovo articolo
114.
CONSIDERATO
Ritiene la Sezione che al quesito posto dalla Regione
Emilia-Romagna, sia pur con le precisazioni ed i suggerimenti che in via
conclusiva si ritiene di poter proporre, possa darsi risposta nel senso
indicato dalla stessa Regione e dal Comune di Forlì, al quale si deve l’impulso
iniziale che ha portato alla richiesta di parere a questo Consiglio.
Ritiene cioè la Sezione che l’attribuzione agli stranieri
extracomunitari residenti del diritto di elettorato attivo e passivo ai fini
della costituzione dei consigli circoscrizionali di cui all’articolo 17 T.U.
267/00, così come disposto dall’articolo 50 dello statuto del Comune di Forlì,
sia de plano consentita dalle disposizioni di legge ordinaria di cui al citato
articolo 17, e non trovi ostacolo insormontabile nelle norme e nei principi
costituzionali che disciplinano la materia.
Quanto alle disposizioni di legge ordinaria, il comma 4
del citato articolo 17 recita testualmente: «Gli organi delle circoscrizioni
rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell’ambito
dell’unità del Comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo Statuto e dal
regolamento». Il termine "popolazione", raccordato con il principio
di "partecipazione popolare" in base al quale il precedente articolo
8 prevede che «i Comuni, anche su base di quartiere o di frazione promuovono
organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale», implica chiaramente,
nella sua onnicomprensività, che di essa fanno parte tutti i residenti,
cittadini e non, ivi compresi cioè gli stranieri che, per ragioni di lavoro,
vivono stabilmente nel territorio comunale e sono quindi pienamente
legittimati, al pari dei cittadini, a far valere di fronte alle istituzioni le
proprie particolari esigenze connesse con il loro radicamento nel territorio.
Inoltre, con una disposizione di natura procedurale
finalizzata a rendere effettiva la prevista partecipazione popolare, il citato
comma 4 demanda all’autonomia statutaria le forme e le modalità elettorali:
così definendosi compiutamente la fattispecie.
Conclusione questa che trova in sostanza concorde anche il
ministero dell’Interno nella nota 16 gennaio 2004 sopra ricordata, nota nella
quale, se pur pervenendosi a conclusioni negative sulla questione che qui
interessa sulla base di altre considerazioni sulle quali ci si dovrà presto
soffermare, si ammette che gli stranieri residenti nel territorio italiano,
oltre ad avere il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di
riunione, hanno altresì il diritto di far valere la propria voce presso gli
organi di governo delle collettività locali, secondo varie modalità già in
concreto realizzatesi di fatto, quali ad esempio le "consulte comunali di
stranieri", la previsione di "consiglieri comunali aggiunti",
l’accesso ai referendum di cui all’articolo 8, comma 3, Tu cit. ed è
particolarmente significativo, a tale ultimo proposito, il fatto che anche il
Ministero concordi nel ritenere onnicomprensivo nel senso sopra visto il
termine "popolazione", che anche il comma 3 cit. utilizza ai fini
referendari.
Non è del resto privo di significato il disposto
dell’articolo 9 del D.Lgs 286/98 (Tu delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), il cui
quarto comma, nell’ammettere esplicitamente che, «oltre a quanto previsto per
lo straniero regolarmente soggiornare nel territorio dello Stato, il titolare
della carta di soggiorno può: partecipare alla vita pubblica locale,
esercitando anche l’elettorato quando previsto dall’ordinamento e in armonia
con le previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli
stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio
1992», ha introdotto nell’ordinamento un principio del tutto conforme a quello
affermato dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comune di Forlì.
Più delicato discorso richiede la verifica di
compatibilità costituzionale della previsione contenuta nell’articolo 50 dello
Statuto del Comune di Forlì.
È indubbia la consistenza dell’obiezione di fondo mossa
dal Ministero sul punto, ove si ricorda che gli articoli 48 e 51 della
Costituzione riservano ai cittadini il diritto di elettorato attivo e passivo,
nonché l’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Ritiene peraltro la Sezione, diversamente opinando
rispetto alle conclusioni cui perviene il Ministero dell’Interno, che
l’obiezione mossa non sia insuperabile.
In primo luogo, si osserva che la norma statutaria in
esame riguarda (soltanto) l’elezione degli organi comunali circoscrizionali,
ovvero di organi ai quali il più volte ricordato articolo 17 del Tu attribuisce
compiti esclusivamente partecipativi e consultivi, oltre alla gestione dei
servizi di base (ad es. asili nido, giardini, campi sportivi, ed altre analoghe
opere di urbanizzazione primaria e secondaria), con esclusione quindi di
qualsiasi funzione politica e di governo, ovvero di funzioni che implichino
scelte di fondo sulla valutazione comparazione degli interessi delle varie
componenti della collettività di quartiere o di frazione che nella
circoscrizione si identifica.
Nemmeno si può ritenere che il ristretto e minimale ambito
di competenze che la legge riserva ai consigli circoscrizionali possa dar vita
all’espletamento di determinate pubbliche funzioni, di natura tale da doversi
ritenere precluse ai non cittadini.
Al riguardo non può non ricordarsi che il D.Lgs 165/01
(recante «norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche»), all’articolo 38 (accesso dei cittadini degli Stati
membri dell’Ue), secondo comma, nel prevedere che «con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 17 della legge 400/88, e successive
modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i
quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i
requisiti indispensabili all’accesso dei cittadini di cui al comma 1»,
attribuisce evidente carattere di specificità ed eccezionalità alla categoria
di posti e funzioni preclusi ai non cittadini, la cui consistenza non potrebbe
dunque stabilirsi esclusivamente in via interpretativa od addirittura
analogica, prescindendo dall’individuazione attraverso il Dpcm ivi indicato.
Vero è che secondo l’articolo 17 del Tu, anche le
circoscrizioni possono esercitare funzioni delegate dal Comune. Non sembra
peraltro che debba ricondursi ad esercizio di pubbliche funzioni in senso
pieno, l’eventuale adozione di delibere concernenti l’espletamento di pubbliche
gare per lavori, servizi o forniture ovvero la stipula di contratti, connesso
alla gestione dei servizi di base. Tali attività infatti, a quanto risulta
nella prassi sono in via di delega affidate alle circoscrizioni per gli ambiti
territoriali di loro competenza (in questo senso del resto si muove anche
l’articolo 51 dello Statuto forlivese, che prevede la delega per lavori
pubblici, aree veri circoscrizionali, servizi comunali, opere di urbanizzazione
primaria e secondaria, ecc.). Le relative delibere, al pari degli atti di
concreta attuazione delle medesime (indizione appalti, stipula contratti,
ecc.), in base all’articolo 107 del Tu 267/00, sono infatti rimesse ai
dirigenti, nell’esercizio della loro autonomia, per ciò che attiene ai poteri
di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, e
non possono prescindere dal rispetto dei criteri e delle norme dettati a monte
dallo Statuto e dagli indirizzo politici voluti dagli organi di governo, quali
il Sindaco, il Consiglio e la Giunta. Viceversa, i consigli circoscrizionali di
tali indirizzi politici si configurano quindi meri esecutori a livello di
quartiere, nell’immanenza, si ripete, del necessario filtro del controllo sulle
delibere adottate da parte dei medesimi organi di governo. In materia di parchi
e giardini, ad esempio, spetta pur sempre agli organi di governo la
determinazione istitutiva, nel quadro delle scelte politiche tese ad
assicurare, alla popolazione residente, il godimento di aree di gioco e di
riposo. Parimenti, sempre agli organi di governo del Comune spetta
l’individuazione delle aree da adibire a tale scopo, nell’ambito delle scelte
di pianificazione dell’assetto del territorio: mentre resta affidata alla
circoscrizione soltanto la gestione del singolo giardino o parco e delle
relative attività complementari e gestionali (arredi, pulizia, ecc.).
Non si vede, quindi, quale vulnus ai principi
costituzionali sanciti dai ricordati articoli 48 e 51, possa costituire la disposizione
statutaria in esame del Comune di Forlì, dato che lo straniero elettore a
livello circoscrizionale non è chiamato a determinare le scelte di fondo
dell’ente, né tanto meno a dare vita ad una maggioranza di governo, ma soltanto
a far valere le proprie esigenze in forma partecipativa e consultiva in materia
di servizi di base, ferma restando nella competenza del Consiglio comunale e
degli altri organi di governo la funzione di indirizzo e di controllo politico
e amministrativo (articolo 42 Tu).
A conferma delle conclusioni raggiunte soccorre poi il
fatto, in ciò condividendosi le argomentazioni svolte dal Comune di Forlì per
voce del suo segretario generale in apposita relazione recepita dalla Giunta
comunale il 7 ottobre 2003, che gli articoli 48 e 51 della Costituzione, sopra
ricordati devono necessariamente essere riletti, per ciò che qui interessa,
alla luce della previsione contenuta nel nuovo articolo 117 Costituzione, comma
2 lettera p), ove si prevede la competenza legislativa esclusiva dello......